23/08/2021 -Privacy batte Trasparenza. Chi vince è l’ipocrisia

Un tempo c’era la trasparenza amministrativa che, grazie all’avvento delle nuove tecnologie, permetteva ai cittadini di essere informati sulle decisioni adottate, sugli atti emanati, sulla destinazione delle risorse pubbliche, sulle retribuzioni e sull’andamento della gestione amministrativa. Ma nel 2016, con l’emanazione del Regolamento europeo sulla cosiddetta “privacy” ogni conquista verso l’apertura e la conoscenza delle decisioni pubbliche è stata compromessa, fino ad arrivare, nei casi estremi, all’oscuramento dei provvedimenti adottati.

Ne è un fulgido esempio la deliberazione 338 dell’11 agosto, (link)  adottata dalla Regione siciliana che si compone di 150 righe di cui 131 oscurate, lasciando in chiaro solo la premessa. La deliberazione è pubblicata sul sito istituzionale della regione, quindi l’obbligo di trasparenza è completamente assolto, ma è nascosto l’oggetto della deliberazione, così come la motivazione e la decisione. Il cittadino che vuole essere informato potrà apprendere che in un giorno di agosto la regione, con riferimento a una serie di norme, ha adottato una deliberazione dall’oggetto sconosciuto, per motivazioni ignote e dalla decisione adottata completamente oscurata. 

È un classico esempio di funzionamento della burocrazia italiana. Il tema della trasparenza dovrebbe essere vigilato dall’Autorità nazionale anticorruzione, ma le prescrizioni in materia di privacy sono presidiate da un’altra Autorità, il Garante per il trattamento dei dati. La prima autorità si accontenta della pubblicazione dell’atto così come si trova e in caso di violazione invita alla pubblicazione o intima l’applicazione di sanzioni disciplinari non gravi. La seconda, il Garante, invece, in caso di violazione della privacy, applica sanzioni che si aggirano intorno alle ventimila euro, non a carico dell’ente, ma della persona responsabile della pubblicazione.

Da qui si comprende che, nell’incertezza normativa e nel dubbio, si preferisce pubblicare un atto completamente oscurato. Così la forma è salva e non si corre alcun rischio di violazione della privacy. Poco importa se tale scelta compromette la “conoscenza pubblica” che giustificava la trasparenza amministrativa: la forma è salva.

E che la forma fosse lo scopo prioritario è stato evidente da subito. Basti pensare che dal 2014 è stato attivato un sistema “costoso” denominato “bussola della trasparenza” che attribuisce un punteggio positivo ai siti istituzionali che presentino i collegamenti ipertestuali richiesti, anche se non portano da alcuna parte, purché siano presenti.

Se questo è l’esito di un adempimento presidiato da ben due Autorità indipendenti, dai costi esorbitanti, forse vale la pena di avviare profonde riflessioni sulla organizzazione complessiva della macchina amministrativa.

Certamente la Regione siciliana, con quella deliberazione ha espresso in modo più chiaro e diretto la questione trovando la soluzione più comoda per la burocrazia e per la politica. Per i cittadini e per la trasparenza, pazienza!

 

 

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