23/07/2017 – Nuove progressioni verticali: un intricato rebus procedurale

Nuove progressioni verticali: un intricato rebus procedurale

 
 
L’articolo 22, comma 15, del d.lgs 75/2017 introduce, al di là di qualsiasi delega legislativa contenuta nella legge 124/2015 (e con norma, quindi, a forte sospetto di incostituzionalità), una particolare ipotesi di progressioni verticali, per un tempo delimitato: il triennio 2018-2010.

Il nuovo istituto, è bene precisare subito, convive con la previsione contenuta nell’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001. Tale ultima norma, infatti, regola “a regime” (cioè a tempo indeterminato) le progressioni “di carriera”, sostitutive delle progressioni verticali vecchio stile, mentre, come già rilevato, la particolare procedura prevista dal d.lgs 75/2017 varrà solo per un triennio.
Facciamo un passo indietro per comprendere l’esatta portata della norma. La combinazione degli articoli 24 del d.lgs 150/2009 e 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001 (come novellato sempre a a suo tempo dalla riforma Brunetta) ha avuto l’effetto di abolire la disciplina contrattuale delle progressioni verticali. Infatti, prima della riforma del 2009, erano i contratti collettivi a regolare l’ipotesi dell’ascesa da una categoria (o area) all’altra.
L’intervento della riforma Brunetta fu utile a due fini:
1) evidenziare, come gli arresti giurisprudenziali maggioritari avevano acclarato, che si trattava di veri e propri concorsi riservati e non di atti privatistici di gestione del rapporto di lavoro;
2) correggere l’abuso delle progressioni verticali registratosi nel decennio precedente, imponendo precisi limiti percentuali alla possibilità di attivare dette progressioni economiche.
La riforma Brunetta, a seguito dell’abuso evidente delle progressioni verticali, trasformate in maniera diffusa in un sistema di promozioni sul campo poco selettivo, impone di consentire la progressione di carriera esclusivamente mediante la partecipazione a concorsi pubblici, con riserva di posti non superiore al 50%. Pertanto, perché un dipendente pubblico possa aspirare ad una progressione verticale, occorre che l’ente di appartenenza bandisca un concorso per almeno due posti e uno lo riservi al personale interno.
Il decreto Madia per gli anni 2018-2020 apre nuovi spazi alla progressione verticale, prevedendo presupposti e vincoli differenti rispetto alla norma a regime contenuta nell’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001.
L’articolo 22, comma 15, del d.lgs 75/2017, dispone quanto segue: “Per il triennio 2018-2020, le pubbliche amministrazioni, al fine di valorizzare le professionalità interne, possono attivare, nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno. Il numero di posti per tali procedure selettive riservate non può superare il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria. In ogni caso, l’attivazione di dette procedure selettive riservate determina, in relazione al numero di posti individuati, la corrispondente riduzione della percentuale di riserva di posti destinata al personale interno, utilizzabile da ogni amministrazione ai fini delle progressioni tra le aree di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tali procedure selettive prevedono prove volte ad accertare la capacità dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l’attività svolta e i risultati conseguiti, nonché l’eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell’attribuzione dei posti riservati per l’accesso all’area superiore”.
Gli elementi contenuti nella norma citata sopra sono molteplici; di conseguenza la sua applicazione appare di non irrilevante difficoltà. Analizziamoli partitamente.
Facoltà. Intanto, si tratta di una facoltà e non di un obbligo. Le amministrazioni, dunque, non sono tenute ad attivare queste particolari progressioni verticali.
Spazi assunzionali. Le progressioni verticali consentite dal d.lgs 75/2017 consumano gli spazi assunzionali. Dunque, laddove si eserciti la facoltà consentita dalla norma, occorre essere consapevoli che l’assunzione del dipendente interno erode il budget assunzionale di quel particolare anno.
Si pone il problema di comprendere di quanto tale spazio assunzionale risulti consumato. E’ opportuno non confondere il tetto della spesa del personale, con lo spazio assunzionale. Il primo viene inciso da una progressione verticale solo per l’eventuale differenziale della spesa tra la collocazione del dipendente nella categoria superiore rispetto a quella inferiore (lo stesso vale per la quantificazione delle risorse del fondo per la contrattazione decentrata).
Ma, ai fini degli spazi assunzionali, la progressione verticale vale come un’assunzione vera e propria; dunque, essa consuma integralmente per il valore iniziale della categoria detto spazio e non solo per il delta tra categoria di appartenenza e categoria di destinazione. Pertanto, occorre una certa oculatezza nell’utilizzo dell’istituto.
Procedure selettive riservate. A differenza delle progressioni di carriera “ordinarie”, di cui all’articolo 52, comma 1-bis, l’articolo 22, comma 15, del d.lgs 75/2017 non prevede la riserva di posti in concorsi pubblici, ma procedure selettive interamente riservate ai dipendenti interni, come nel vecchio regime normativo.
Titolo di studio. Per accedere alla categoria superiore mediante la progressione verticale, i dipendenti interni dovranno disporre del titolo di studio utile per l’accesso dall’esterno. Per esempio, quindi, un dipendente di categoria C non potrà ascendere alla categoria D se privo di laurea.
Personale di ruolo. la riserva sia rivolta solo a personale “di ruolo”, che, quindi, conduce con l’ente interessato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Tetto alle progressioni. La disposizione in esame chiarisce che che il numero di posti per le procedure selettive riservate “non può superare il 20 per cento di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area o categoria”.
Dunque, il limite del 20% non riguarda i singoli concorsi. Il che è coerente con la qualificazione delle procedure come integralmente riservate al personale interno. Tale limite, quindi, è riferito al piano dei fabbisogni, che deve indicare in quale area o categoria potranno concentrarsi le progressioni verticali, per non più di un quinto del totale delle assunzioni.
Si può affermare che il 20% sia da commisurare alle “teste” da assumere e non alla spesa per le assunzioni, visto che questo secondo possibile parametro non è esplicitato dalla norma.
Connessione con le progressioni verticali “ordinarie”. Anche se le procedure previste dall’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001 e dall’articolo 22, comma 15, del d.lgs 75/2017 sono autonome ed indipendenti, vi è però tra esse una connessione finanziaria.
Infatti, il d.lgs 75/2017 costituisce il vincolo secondo il quale l’attivazione delle selezioni riservate impone di ridurre la percentuale di riserva di posti a personale interno, nel caso in cui l’amministrazione indica concorsi pubblici e si avvalga della previsione dell’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001.
Capire come, sulla base di quale formula matematica, si possa calcolare questo tipo di riduzione, tuttavia, risulta francamente molto complicato.
Contenuti della selezione. Con una norma molto simile ai contenuti di un bando, più che di una legge, le norme transitorie descrivono anche i contenuti della selezione. Si specifica che essa debba contemplare prove per “accertare la capacità dei candidati di utilizzare e applicare nozioni teoriche per la soluzione di problemi specifici e casi concreti”.
Effetti della valutazione. La selezione avverrà anche per titoli e a questo scopo “la valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni, l’attività svolta e i risultati conseguiti, nonché l’eventuale superamento di precedenti procedure selettive, costituiscono titoli rilevanti ai fini dell’attribuzione dei posti riservati per l’accesso all’area superiore”.

 

Oggettivamente, non risulta chiaro in cosa consista il superamento di eventuali precedenti procedure selettive: quella per l’assunzione presso l’ente procedente? Quelle risultanti dal curriculum? Quelle di precedenti progressioni verticali? Saranno i singoli avvisi a dover risolvere queste questioni.
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