22/11/2019 – Il trattamento tributario in caso di conferimento di aree e impianti da parte del Comune

Il trattamento tributario in caso di conferimento di aree e impianti da parte del Comune
di Girolamo Ielo – Dottore commercialista/revisore contabile Esperto finanza territoriale
Ai fini del trattamento IVA e delle altre imposte indirette applicabili alle operazioni afferenti il conferimento di alcuni immobili-aree e impianti- ad una società partecipata bisogna verificare la sussistenza dei presupposti impositivi -soggettivi, oggettivi e territoriali. In tal senso l’Agenzia delle entrate nella risposta n. 447 del 29 ottobre 2019 ad apposita istanza di interpello.
Un Comune ha chiesto all’Agenzia delle entrate quale trattamento tributario deve applicare a queste operazioni perfezionate con società dallo stesso Comune partecipata:
– al corrispettivo a conguaglio derivante dalla risoluzione anticipata consensuale del diritto di superficie: IVA nella misura ordinaria e con applicazione dell’imposta di registro nella misura dell’1%, in quanto il medesimo ente agisce nell’ambito di un’attività commerciale;
– al conferimento delle aree e di fabbricati strumentali all’attività di mercati all’ingrosso: tale operazione può costituire un’operazione avente per oggetto una cessione di beni rilevante agli effetti dell’IVA, con aliquota propria in considerazione della tipologia di bene immobile mentre, relativamente alle altre imposte indirette (registro, ipotecarie e catastali) si può applicare quanto previsto dall’art. 118D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267.
Il parere dell’Agenzia delle entrate
Ad avviso dell’Agenzia al fine di stabilire se una determinata operazione possa o meno rientrare nell’ambito applicativo dell’IVA è necessario che sussistano i presupposti impositivi (soggettivo e oggettivo dando per scontato nel caso di specie quello territoriale).
Profilo soggettivo
Sotto il profilo soggettivo, ai fini della rilevanza o meno agli effetti dell’IVA degli enti di diritto pubblico, ai sensi dell’art. 13, della Direttiva CE 28 novembre 2006, n. 112, al paragrafo 1, è necessario verificare se:
a) l’ente pubblico agisca in veste di pubblica autorità;
b) il mancato assoggettamento al tributo non comporti una distorsione della concorrenza di una certa importanza;
c) l’attività esercitata non rientri tra quelle indicate all’Allegato I della stessa Direttiva n. 112 del 2006.
Relativamente alla condizione che l’ente agisca o meno nella veste autoritativa, risulta dirimente a tali fini, sono “le modalità di esercizio delle attività” effettuate dagli enti medesimi e, più specificatamente, la circostanza che gli stessi agiscano in quanto “soggetti di diritto pubblico” o in quanto “soggetti di diritto privato”. In concreto, le modalità di svolgimento dell’attività concerne il rapporto fra l’ente pubblico e il soggetto con il quale lo stesso ente opera al fine di verificare se lo stesso sia caratterizzato “dall’esercizio di poteri di natura unilaterale e autoritativa o se si svolga su base sostanzialmente pattizia, attraverso una disciplina che individui, in via bilaterale, le reciproche posizioni soggettive”. Ai sensi dell’art. 1D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, rientrano nell’ambito applicativo dell’IVA le “cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate (…) nell’esercizio di imprese (…)” .
Profilo oggettivo
Sotto il profilo oggettivo, l’art. 2, comma 2, D.P.R. n. 633/1972 prevede che “costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere”. L’art. 4, comma 4, dello stesso D.P.R. dispone che per gli enti, pubblici e privati, che non hanno “per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, si considerano effettuate nell’esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell’esercizio di attività commerciali”.
Nell’eventualità che l’ente realizzi un’attività non riconducibile tra quelle in ogni caso commerciali di cui all’art. 2195 del codice civile, al fine di appurare la natura commerciale dell’attività intrapresa risulta necessario verificare, caso per caso, la sussistenza di un’eventuale organizzazione in forma d’impresa.
Nel caso di specie, l’attività posta in essere dal Comune rientra nella generale attività di gestione del proprio patrimonio immobiliare tra cui la gestione dei mercati pubblici, rilevante ai fini IVA poiché integra i criteri, relativamente al concetto di organizzazione d’impresa, propri di un’attività economica.
Nell’ambito della gestione dei mercati pubblici, i rapporti tra il Comune e la Società di gestione dei mercati sono regolati dalla Convenzione stipulata con la quale si è provveduto alla concessione del diritto di superficie delle aree e dei fabbricati su cui insistono i mercati all’ingrosso orto-frutticolo, avicunicolo, ittico, delle carni e del mercato bestiame e il pubblico macello. L’art. 13 della citata convenzione, in particolare prevede che i rapporti di credito e di debito, scaturenti dalla medesima, sarebbero stati oggetto di un successivo atto che avrebbe dovuto tener conto del “valore differenziale dei beni immobili conferiti in diritto di superficie e di quelli mobili ceduti” , alla Società nonché dei beni che la medesima Società avrebbe dovuto realizzare ai sensi dell’art. 4 della stessa convenzione.
I predetti rapporti, come evidenziato dall’istante, sono stati disciplinati e definiti con propria deliberazione che, più specificamente ha riconosciuto unicamente quanto dovuto dalla Società per il periodo di godimento del diritto di superficie, un determinato importo.
Il corrispettivo a conguaglio
Sulla base di tali circostanze, appare corretta la tesi del Comune di escludere che l’esercizio dell’attività in oggetto avvenga in qualità di pubblica autorità anche in considerazione che la regolazione dell’assetto delle posizioni giuridiche viene disciplinato su base pattizia secondo le regole proprie degli operatori economici privati. Posto che il Comune nell’effettuare le predette operazioni non esercita alcuna attività di tipo autoritativo nel senso sopra descritto, al fine di stabilire la rilevanza o meno ai fini dell’IVA delle stesse è necessario verificare la sussistenza dei presupposti impositivi, sia soggettivo sia oggettivo considerando sussistente quello territoriale, alla luce di quanto sopra precisato.
Al riguardo, si rileva che la somma, posta a carico della società, in sede di risoluzione anticipata consensuale della convenzione costitutiva del diritto di superficie, rappresenta un corrispettivo a conguaglio per il periodo di godimento del diritto, rilevante ai fini IVA.
Pertanto, sussistendo il presupposto soggettivo, tale compenso deve essere assoggettato ad IVA. Esso infatti è relativo a beni oggettivamente strumentali ad un’attività commerciale, che si prestano ad uno sfruttamento economico da parte del Comune che li utilizza, cedendoli, al fine di realizzare introiti di una certa stabilità e rilevanza.
La costituzione di un diritto di superficie costituisce una cessione di beni soggetta ad IVA. Di conseguenza, in virtù del principio di alternatività Iva-registro di cui all’art. 40 del TUR, si ritiene che tale operazione sia soggetta ad imposta di registro in misura fissa, e non nella misura dell’1%.
Conferimento aree
In merito alle operazioni di conferimento avente ad oggetto una pluralità di terreni e fabbricati strumentali, oltre che di eventuali impianti annessi, si precisa che dall’analisi delle perizie di stima si rinviene che oggetto degli atti di conferimento siano beni immobili strumentali all’esercizio dell’attività di gestione dei mercati generali. Nell’istanza del Comune è rappresentato che il compendio dei beni oggetto di conferimento non rappresenta un’azienda o un ramo di essa. Pertanto, l’operazione di conferimento descritta configura una cessione di beni, ai sensi dell’art. 2, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, da assoggettare ad IVA secondo il regime e l’aliquota propria del bene trasferito.
In merito al particolare regime da applicare, si precisa che lo stesso D.P.R. n. 633 del 1972 all’art. 10, n. 8 ter) prevede l’esenzione dall’IVA per “le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, escluse (…) quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione”.
Per quanto concerne l’eventuale applicazione di altri tributi indiretti, l’Agenzia delle entrate precisa che l’art. 118D.Lgs. n. 267/2000 prevede, tra l’altro, che “i trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi tra tali enti a favore di aziende speciali o di società di capitali di cui al comma 13 dell’art. 113 sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura (…)”. Il comma 13, dispone , tra l’altro, che “gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile (…)”.
Nella fattispecie prospettata dal Comune il capitale pubblico è quasi interamente posseduto dallo stesso Comune. Pertanto, in conclusione, ad avviso dell’Agenzia, il Comune potrà beneficiare dell’esenzione dall’imposta di registro, dall’imposta ipotecaria e catastale ai sensi del citato art. 118.

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