22/10/2016 – Riforma dirigenza: inapplicabili le disposizioni degli incarichi a contratto per gli enti locali

Riforma dirigenza: inapplicabili le disposizioni degli incarichi a contratto per gli enti locali

V. Giannotti (La Gazzetta degli Enti Locali 21/10/2016)

Molto atteso il parere del Consiglio di Stato sullo schema del decreto legislativo della riforma sulla dirigenza pubblica, non solo da parte del Governo ma, in modo particolare, da parte di tutti i dirigenti pubblici. La Commissione Speciale, del massimo organo di giustizia Amministrativa, ha emesso il citato parere in data 14 ottobre 2016 n. 2113, parere considerato positivo ma con condizioni ed osservazioni molto critiche e tali che, se non modificate, potrebbero creare specifiche premesse per rilievi di incostituzionalità di alcune norme. Per quel che qui interessa, questo articolo si limita ad esaminare le criticità rilevate in merito alla parte della normativa avente ad oggetto gli incarichi dirigenziali da conferire al di fuori del ruolo unico ed, in modo particolare, sulla possibile sopravvivenza delle disposizioni attualmente disciplinate, per gli enti locali, dall’art.110 TUEL, ripreso nello schema del decreto governativo in modo non solo anomalo ma in contrasto con la legge delega, qui di seguito analizzato.

La possibilità di conferire incarichi al di fuori del ruolo unico

Il comma 4 dell’art. 4 dello schema del decreto legislativo, introduce l’art.19-bis al d.lgs. 165/01, prevedendo che «Gli incarichi dirigenziali non assegnati attraverso i concorsi o le procedure di cui all’art. 19-ter possono essere conferiti a soggetti non appartenenti ai suddetti Ruoli, mediante procedure selettive e comparative ed entro il limite, rispettivamente, del dieci per cento del numero degli incarichi generali conferibili e dell’otto per cento del numero degli incarichi dirigenziali non generali conferibili». Rileva l’Alto Consesso amministrativo come le disposizioni siano coerenti con la legge delega la quale all’art.11, comma 1, lettera g) usa l’espressione di “incarichi non assegnati”. Quello che invece non risulta accettabile è il contenuto della relazione illustrativa al decreto il quale parte da un presupposto errato precisando che “avendo la delega confermato la volontà di avvalersi di aliquote di dirigenti assunti all’esterno della pubblica amministrazione, viene meno la necessità di esperire una previa ricognizione tra i dirigenti iscritti al ruolo unico (in possesso delle competenze richieste per l’incarico) in quanto sarebbe difficoltoso effettuare la predetta ricognizione sull’ampio numero di dirigenti iscritti al ruolo stesso”. Rileva, infatti, il Collegio amministrativo, come la difficoltà per l’ampio numero di dirigenti iscritti al ruolo sia privo di rilevanza giuridica, rappresentando esclusivamente un inconveniente di fatto, mentre il conferimento degli incarichi esterni deve necessariamente essere preceduto dalla verifica, almeno nell’ambito delle domande pervenute, dell’assenza, per profili e competenze, di adeguate professionalità interne alla dirigenza della Repubblica. Al fine di rendere la citata normativa coerente con le disposizioni contenute dalla legge delega, il Consiglio di Stato suggerisce di modificare il periodo nel modo seguente:

Gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti a soggetti non appartenenti ai suddetti Ruoli, mediante procedure selettive e comparative ed entro il limite, rispettivamente, del dieci per cento del numero degli incarichi generali conferibili e dell’otto per cento del numero degli incarichi dirigenziali non generali conferibili. I predetti incarichi possono essere conferiti soltanto se, con adeguata motivazione, si dimostra che i profili e le competenze richieste non sono rinvenibili nei ruoli della dirigenza pubblica all’esito dell’esame delle domande di partecipazione alle procedure di scelta del dirigente”.

Supposta l’assenza di domande a seguito dell’interpello, è necessario modificare, inoltre, la formula normativa utilizzata per tutti gli incarichi, sostituendola con l’obbligo di “procedure comparative con avviso pubblico”.

Anche la differenza della durata degli incarichi tra dirigenti generali e gli altri non può essere difforme da quella prevista dalla legge delega che all’art. 11, comma 1, lettera h) la quale ha previsto una durata degli incarichi dirigenziali per tutti pari a quattro anni. 

Infine, non compatibile con la legge delega sono le disposizioni inserite al successivo comma 5 dell’art.4 dello schema di decreto il quale prevede che, per i soli incarichi da conferire ai dirigenti appartenenti alle sezioni speciali, «in caso di urgenza e di indisponibilità nelle suddette sezioni di dirigenti aventi i requisiti richiesti, le amministrazioni possono, con provvedimento motivato, conferire incarichi di durata non superiore a un anno ai soggetti di cui al comma 4 in deroga alle percentuali di cui al comma 3». In disparte l’errore delle percentuali previste al comma 4 e non al comma 3, per poter legittimamente inserire il citato periodo è necessario modificare la legge delega.

Gli incarichi a contratto per gli enti locali

L’importanza della premessa sul conferimento degli incarichi dirigenziali, da conferire al di fuori del ruolo unico dirigenziale, è importante anche per gli enti locali in forza del rinvio previsto al successivo comma 8 il quale dispone che “le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle amministrazioni locali”, anche se successivamente viene previsto che “rimane fermo quanto previsto dall’art. 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”. In riferimento alla sopravvivenza dell’art.110 TUEL il Collegio amministrativo ne rileva l’incompatibilità con la legge delega per le seguenti rilevanti motivazioni:

vengono definiti limiti percentuali eccessivamente elevati, riferiti alla dotazione organica del solo ente locale che ha stipulato il contratto e senza la previa verifica della non rinvenibilità nei ruoli di professionalità adeguate;

la possibilità di conferire incarichi oltre la dotazione organica risulta contraria al principio della legge delega della tendenziale riduzione del numero dei dirigenti pubblici;

la previsione di una durata ancorata a quella del mandato del Sindaco o del Presidente della Provincia contrasta con la regola generale posta dalla legge delega della durata di quattro anni imposta per tutte le funzioni dirigenziali.

In considerazione dei citati punti critici, per il Collegio amministrativo non è possibile lasciare ferma una norma che si inserisce in un contesto regolatorio completamente diverso fondato sui ruoli delle singole amministrazioni, con invito al Governo di eliminare l’inciso “rimane fermo quanto previsto dall’art. 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”, con la conseguente modifica del TUEL nelle parti non compatibili con la nuova disciplina.

Conclusioni

I rilievi formulati dal Consiglio di Stato sono essenzialmente indirizzati al pieno rispetto, da parte del Governo, delle disposizioni contenute nella legge delega, a nulla rilevando le pressioni sino ad oggi esercitate dall’ANCI sulla possibilità di lasciare mano libera ai Sindaci dei comuni di non attingere in via preliminare dal Ruolo Unico della dirigenza, ossia con una sorta di creazione di una riserva di posti previsti a loro discrezione, con il rischio concreto di non collocazione dei dirigenti di ruolo a vantaggio di quelli esterni. Va, da ultimo precisato come l’ANCI stia spingendo il Governo al fine di riservare ai Sindaci piena discrezionalità anche per le assunzioni dei dirigenti apicali, con il rischio di non collocazione dei Segretari comunali nel citato ruolo. Il Collegio amministrativo ha evidenziato come, solo a seguito dell’interpello negativo, si possa riespandere la possibilità da parte degli enti locali di conferire incarichi dirigenziali esterni, ma non in assenza dello stesso. Resterà da verificare come e in che modo il Governo recepisca le indicazioni qualificate, anche se non vincolanti, dell’Alto Consesso amministrativo.

 

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