21/09/2018 -illegittimo il Regolamento comunale che vieta di consumare pasti portati da casa

Nella Sentenza n. 5156 del 3 settembre 2018 del Consiglio di Stato, la questione controversa in esame riguarda il divieto per gli studenti di consumare pasti diversi da quelli forniti dall’Impresa appaltatrice del Servizio di “Refezione scolastica”.

I Giudici rilevano che il Regolamento comunale che introduce il divieto di consumare pasti diversi da quelli forniti dall’Impresa appaltatrice del Servizio di “Refezione scolastica” è illegittimo. Il Comune non ha alcuna competenza ad imporre prescrizioni ai Dirigenti scolastici, limitando la loro autonomia con vincoli in ordine all’uso della struttura scolastica e alla gestione del Servizio “Mensa”. Tuttavia, i Giudici chiariscono che il Regolamento interferisce con la Circolare del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 348/17, rivolta ai Direttori degli Uffici scolastici regionali, che (muovendo dal “riconoscimento giurisprudenziale” del diritto degli alunni di consumare il cibo portato da casa, e in attesa della pronuncia della Corte di Cassazione innanzi alla quale sono pendenti alcuni ricorsi proposti dallo stesso Miur avverso le Pronunce dei Giudici di merito) ha, nelle more, confermato la possibilità di consumare cibi portati da casa, dettando alcune regole igieniche ed invitando i Dirigenti scolastici ad adottare una serie di consequenziali cautele e precauzioni. In questo contesto, la scelta restrittiva radicale del Comune in questione di interdire senz’altro il consumo di cibi portati da casa (attraverso il divieto di permanenza nei locali scolastici degli alunni che intendono pranzare con alimenti diversi da quelli somministrati dalla “Refezione scolastica”) limita una naturale facoltà dell’individuo -afferente alla sua libertà personale – e, se minore, della famiglia mediante i genitori, vale a dire la scelta alimentare: scelta che, salvo non ricorrano dimostrate e proporzionali ragioni particolari di varia sicurezza o decoro, è per sua natura e in principio libera, e si esplica, vuoi all’interno delle mura domestiche, vuoi al loro esterno, in luoghi altrui, in luoghi aperti al pubblico, in luoghi pubblici. Dunque, per poter legittimamente restringere da parte della Pubblica Autorità una tale naturale facoltà dell’individuo o per esso della famiglia, occorre che sussistano dimostrate e proporzionali ragioni inerenti quegli opposti interessi pubblici o generali.

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