21/05/2020 – Per l’incarico di revisore serve l’indipendenza

Per l’incarico di revisore serve l’indipendenza
La Rivista del Sindaco  21/05/2020 
 
La verifica della conformità alle norme e ai principi in materia di etica e di indipendenza riferibili all’ordinamento italiano è un compito che spetta al revisore, prima di accettare l’incarico. Tale requisito di indipendenza va ad applicarsi per garantire gli appropriati controlli e conclusioni prive di condizionamenti e (ragionevolmente) oggettive.
Nella pratica, tra i rischi che possono influenzare la salvaguardia del requisito dell’indipendenza troviamo:

– il rischio di auto-riesame, ovvero che l’obiettività del revisore sia influenzata da un precedente giudizio da lui espresso come può accadere in caso di valutazione di un lavoro compiuto in precedenza dal revisore stesso o da qualcuno facente parte della sua rete professionale;

– il rischio di promozione degli interessi del cliente, quando il revisore si trova a rappresentare o promuove la posizione di un cliente in modo in cui risulti compromessa la sua obiettività;

– il rischio di familiarità, ove a causa di un rapporto durevole con un cliente, il revisore possa risultare troppo accondiscendente nei confronti delle richieste di questo;

– il rischio d’ intimidazione, quando il revisore viene dissuaso ad agire in modo equo a causa di pressioni percepite o reali;

– il rischio di interesse personale, causato da un qualsiasi interesse possa influenzare il comportamento o il giudizio professionale o del revisore stesso.

Riguardo l’ultimo caso, la Cassazione ha annullato la delibera di nomina di un revisore (sentenza 14/19 del 31 maggio 2019) in virtù della presenza di una relazione professionale riscontrata tra “il controllore” e il sindaco della stessa società, anche se solo per quanto concerne la ripartizione dei costi. Nel caso si verifichi una nullità della delibera di nomina, il diritto al compenso del revisore viene meno. Il caso in oggetto rivelava che l’indipendenza viene meno a causa dell’interesse patrimoniale (in senso lato) che diventa fonte di reciproci condizionamenti tra i due soggetti. Il collegio sindacale è tanto l’organo competente alla formulazione della proposta per la nomina di revisore per l’assemblea e allo stesso tempo anche in possesso di un ruolo significativo nell’iter di approvazione del bilancio, per questo è necessaria l’esclusione dei potenziali condizionamenti derivanti dall’esistenza di rapporti patrimoniali tra revisore e sindaco.
Nelle conclusioni della Cassazione riguardo il caso 3/2020 sono state rivelate criticità da Assonime, verso la nullità della nomina in presenza di situazione di compromissione dell’indipendenza. L’Associazione ha riportato all’attenzione che un effetto diretto sulla validità dell’atto in nomina in presenza di detta compromissioni non viene sancito dall’articolo 10, in cui solo lo svolgimento dell’incarico viene vietato. Un’importante differente perché mentre la nullità non è sanabile, la disposizione in parola obbliga il revisore alla sola scelta tra “conservare la relazione con la società controllata incompatibile con l’esercizio della revisione oppure effettuare la revisione ponendo però fine alla relazione incompatibile”.
Assinome ha richiamato anche il Dm 61 del 28 dicembre 2012, che disciplina i casi di dimissioni e revoca dall’incarico di revisore. L’insorgenza di sopravvenute situazioni in grado di compromettere l’indipendenza di un revisore è indicata proprio tra le cause che potrebbero portare all’una o all’altra. Se ne deduce che in caso di sopravvenuta mancanza d’indipendenza, la nullità non è un’opzione a disposizione degli istituti, mentre lo sono la revoca o le dimissioni.
Articolo di Loris Pecchia

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