21/05/2020 – Negli appalti figli e figliastri 

Negli appalti figli e figliastri 
di GIOVANNI GALLI
Italia Oggi – 20 Maggio 2020
 
Niente par condicio tra appaltatori: chi lavora per un privato ha diritto al pagamento delle opere eseguite fino alla data di sospensione dei lavori, mentre chi lavora per un ente pubblico non gode di questo beneficio. Vista dal punto di vista del committente, quello privato è tenuto a pagare mentre il pubblico no. Questo l’effetto determinato dalla legge n. 27/20 di conversione del Cura Italia, la quale ha introdotto una disposizione in tema di appalti privati di favore per gli appaltatori. Un nuovo comma 2-ter è stato aggiunto all’ art. 103 e definisce, in particolare, che l’ appaltatore ha diritto al saldo delle opere già eseguite: nei contratti tra privati, in corso di validità dal 31 gennaio 2020 e fino al 31 luglio 2020, per l’ esecuzione di lavori edili di qualsiasi natura, i termini di inizio e fine lavori si intendono prorogati per un periodo pari alla durata della proroga di cui al comma 2.
Il committente è dunque tenuto al pagamento dei lavori eseguiti sino alla data di sospensione dei lavori, in deroga ad ogni diversa previsione contrattuale. La disposizione si applica ai soli contratti «tra privati», con l’ esclusione dei pubblici che allo stesso modo sono soggetti a sospensione dell’ attività edilizia in quanto non rientranti tra i codici Ateco consentiti. Per gli appalti pubblici in corso di esecuzione, invece, l’ art. 91, comma 2, del Cura Italia convertito è intervenuto sul codice degli appalti (art. 35, co. 18), estendendo l’ erogazione dell’ anticipazione del 20% del prezzo dell’ appalto, da corrispondere entro 15 giorni dall’ effettivo inizio della prestazione, «anche nel caso di consegna in via d’ urgenza, ai sensi dell’ articolo 32, comma 8, del presente codice». Evidente il trattamento differenziato riservato alle due categorie di appaltatori, i cui lavori siano stati sospesi in via cautelativa: ai privati, fino alla data di sospensione dei lavori, il committente è tenuto a versare il corrispettivo maturato, mentre gli appaltatori di opere pubbliche sono esclusi dal beneficio.
La norma dunque riconosce il diritto dell’ appaltatore privato «al pagamento dei lavori eseguiti sino alla data di sospensione». «In pratica», commenta l’ avvocato Martina Tognolo, senior manager Nexum Legal, «sembrerebbe gravare sul committente l’ obbligo di adempiere anticipatamente alla propria prestazione del pagamento del prezzo. Tale disposizione si pone quale deroga legale ad ogni diversa previsione contrattuale e codicistica, implicando quindi una decadenza automatica del committente dal beneficio del termine di pagamento, con una chiara incidenza sul sinallagma contrattuale. Se da un lato la disposizione tutela la categoria degli appaltatori quali soggetti ‘deboli’ dell’ attuale crisi, dall’ altro il legislatore non sembrerebbe aver considerato le difficoltà del committente, parte del medesimo sistema economico dell’ appaltatore». Riguardo la proroga di 90 giorni, si pongono difficoltà interpretative relativamente ai termini di inizio e fine dei lavori, dalla cui differenza deriva la durata del tempo concesso all’ appaltatore per l’ esecuzione.
La norma individua un termine di proroga fisso, a fronte di una durata variabile, alla data di sua promulgazione, del periodo emergenziale (la cui scadenza è, ad oggi, fissata al 31 luglio 2020) e della sospensione coatta dei lavori appaltati. Inoltre, il periodo di 90 giorni potrebbe, in concreto, risultare perfino più breve di quello dell’ effettiva sospensione dei lavori per effetto del rispetto delle misure igienico-sanitarie. Il problema vero e proprio si pone per i contratti d’ appalto privati in cui non sia stata prevista dalle parti la data di inizio/fine lavori. Quanto all’ inizio lavori troverebbe applicazione l’ art. 1183, co. 1, c.c., per cui l’ appaltatore è tenuto ad iniziare immediatamente l’ esecuzione e il committente ha diritto di esigerne subito l’ inizio, ma ciò allo scadere della proroga di cui all’ art. 103, co. 2-ter. Rispetto alla fine lavori, la determinazione di un termine, da intendersi riferito alla verifica e non alla consegna dell’ opera, in assenza di accordo, dovrebbe essere rimessa ad un giudice che tenga conto anche del periodo di proroga legale.

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