21/03/2018 – L’interpello rispetto alla fiscalità locale

L’interpello rispetto alla fiscalità locale

 
 

Il Titolo I del Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 156 ha revisionato la disciplina degli interpelli in materia tributaria. Si tratta di un intervento che incide anche sull’attività precontenziosa degli enti locali. Il Ministero delle Finanze (con risoluzione n. 1/DPF del 29 gennaio 2002) aveva già avuto modo di precisare che la competenza a pronunciarsi riguardo alle istanze d’interpello concernenti l’applicazione di fiscalità locale spetta esclusivamente a Regioni, Province e Comuni. La legittimazione, i presupposti ed il contenuto previsti per l’istanza d’interpello. L’attività istruttoria dei Comuni ed il coordinamento con l’attività di accertamento e contenzioso. L’obbligo per gli Enti locali di adeguare statuti e regolamenti.

 

 

Con la legge 11 marzo 2014 n. 23 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 59 del 12 marzo 2014), il Parlamento aveva delegato il Governo ad approvare, entro dodici mesi, decreti legislativi recanti la revisione del sistema fiscale. La delega prevedeva azioni di normazione in materia di revisione del catasto, di lotta all’evasione, di abuso del diritto ed elusione fiscale, di semplificazioni, di sanzioni, di controlli, di tassazione ed internazionalizzazione dei redditi d’impresa, di giochi, di fiscalità ambientale, di Iva ed altre imposte indirette, di riscossione e di contenzioso.

Il Governo era investito anche dell’introduzione di misure di miglioramento del rapporto tra fisco e contribuenti nonché di misure per deflazionare il contenzioso, con particolare riguardo ai contribuenti nei confronti dei quali sono configurate violazioni di minore entità. Interventi che incidono anche sull’attività processuale tributaria degli enti locali, tra gli enti impositori che maggiormente gestiscono provvedimenti fiscali di entità non elevata.

Nell’attuazione della delega con il D.Lgs. n. 156/2015, vi sono diversi altri cambiamenti normativi, d’interesse degli enti locali, che riguardano, direttamente o indirettamente, il processo tributario (la più importante è, probabilmente, quella della mediazione tributaria). Una delle innovazioni legislative di maggiore interesse per gli Enti locali, riguardanti la gestione delle entrate tributarie e la fase del precontenzioso, è la riforma dell’istituto dell’interpello, quale misura indirettamente deflattiva delle controversie tributarie e, soprattutto, finalizzata ad una corretta collaborazione tra contribuente e soggetto impositore.

Grazie all’interpello, infatti, i cittadini-contribuenti sono posti nelle condizioni di conoscere preventivamente gli orientamenti degli Uffici. Gli Enti locali hanno avuto tempo fino al giugno 2016 per adeguare i propri statuti e gli atti normativi da essi emanati ai principi dettati dalla riforma dell’istituto dell’interpello. Qualora non lo avessero ancora fatto, devono provvedervi con urgenza.  

L’art. 11 dello Statuto del contribuente (L. 212/2000) già prevedeva che ciascun contribuente potesse inoltrare, per iscritto, all’amministrazione finanziaria, che doveva rispondere entro centoventi giorni, circostanziate e specifiche istanze concernenti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi fossero obiettive condizioni d’incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse.

La presentazione dell’istanza non ha effetto sulle scadenze previste dalla disciplina tributaria e, quindi, non sospende i termini per la presentazione del ricorso. La risposta dell’amministrazione finanziaria, scritta e motivata, è, però, vincolante anche se con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’interpello, e limitatamente al richiedente. Qualora essa non pervenga al contribuente entro il termine previsto, s’intende che l’amministrazione concordi con l’interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente. Qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta, anche se desunta, è nullo. Limitatamente alla questione oggetto della domanda d’interpello, non possono essere irrogate sanzioni nei confronti del contribuente che non abbia ricevuto risposta dall’amministrazione finanziaria entro il termine previsto.

Lo “Statuto del contribuente” è stato, forse, la disciplina più enfatizzata dell’ordinamento tributario italiano. Quando fu introdotta, si parlò di norma sovraordinata alla legge ordinaria che sottostava solo alla Costituzione. La storia, poi, ha insegnato che si tratta di una normale legge ordinaria che può essere derogata da qualsiasi legge ordinaria successiva. La legge 212/2000 ebbe, però, il merito di provare ad equilibrare il rapporto tra il cittadino-contribuente ed il fisco.

Il Ministero delle Finanze (risoluzione n. 1/DPF del 29 gennaio 2002), per il comparto dei tributi locali, ha già avuto modo di precisare che la competenza a pronunciarsi riguardo alle istanze d’interpello concernenti l’applicazione di fiscalità locale spetta esclusivamente a Regioni, Province e Comuni. Il Mef fu destinatario di un’istanza d’interpello in materia di imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) presentata da un contribuente alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate della Sicilia. La trasmissione dell’atto d’interpello veniva giustificata dalla circostanza che la circolare n. 50/E del 31 maggio 2001, emanata da Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, stabiliva che rientravano nella competenza della stessa Agenzia esclusivamente le domande concernenti i tributi gestiti dalla medesima, tra i quali non sono compresi i tributi locali e regionali, che s’ipotizzava potessero rientrare, invece, tra le competenze del Dipartimento per le Politiche Fiscali- Ufficio Federalismo Fiscale. Il Dipartimento rispose formulando alcune opportune precisazioni che assumono un particolare interesse soprattutto al fine di garantire ai contribuenti la chiarezza, la trasparenza e l’informazione cui fanno esplicito riferimento le norme dello statuto dei diritti del contribuente.

Quando l’istanza d’interpello concerne l’applicazione di disposizioni normative dettate in materia di tributi locali, la competenza a decidere riguardo a tale tipologia di domanda è attribuita esclusivamente all’Ente locale, poiché titolare della potestà d’imposizione, nella quale è compreso l’esercizio dei poteri di accertamento del tributo. Se la questione verte sui tributi locali, è solamente la Regione, o la Provincia o il Comune, che deve comunicare al contribuente la linea interpretativa che seguirà nella fase di accertamento del tributo, quando, cioè, si troverà ad esaminare la particolare posizione. L’Ente locale, quindi, è l’unico soggetto che è giuridicamente vincolato ad eseguire quanto ha espressamente affermato in una risposta scritta o quanto implicitamente ha accettato attraverso il silenzio protrattosi oltre il termine di legge, dalla presentazione dell’istanza. L’Ente locale non potrà emettere, se non a pena di nullità, atti a contenuto impositivo o sanzionatorio in difformità della risposta fornita, ovvero dell’interpretazione sulla quale si è formato il silenzio assenso.

Il Dipartimento ha escluso ogni suo possibile intervento nel procedimento d’interpello, poiché è carente dei presupposti normativi per assumere la titolarità della potestà impositiva e, quindi, un’eventuale risposta ad un’istanza d’interpello non potrebbe avere l’effetto di vincolare l’Ente locale ad adeguarsi alle determinazioni assunte in merito alla questione prospettata. La vincolatività dei contenuti della risposta fornita dall’Ente locale presenta, inoltre, indubbiamente dei riflessi anche sul bilancio, per cui, la competenza a definire la procedura dell’interpello non può in alcun modo essere trasferita ad un organo esterno, del tutto estraneo alla sfera organizzativa dell’ente territoriale.

Il Dipartimento evidenzia come attribuire a soggetti esterni il potere di imporre agli Enti locali le proprie determinazioni sui loro tributi e vincolarne anche l’attività di accertamento sarebbe in aperto contrasto con l’autonomia impositiva riconosciuta dall’ordinamento.

L’unica eccezione alla competenza dell’Ente locale viene riscontrata all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), sulla quale la citata circolare n. 50/E, partendo dalla constatazione che la competenza a gestire l’interpello compete necessariamente alla stessa amministrazione che esercita in materia i poteri di accertamento, ha precisato che ” Ai sensi degli articoli 24 e 25 del D.lgs. n. 446 del 1997, la potestà di accertamento in materia di IRAP è attribuita all’Agenzia delle Entrate salvo che non sia diversamente previsto dalle leggi regionali e dalle convenzioni intervenute in materia”.

Il Titolo I del D.Lgs. 156/2015 riformula l’art. 11 dello Statuto del contribuente e, quindi, l’interpello. Resta il riferimento alle fattispecie concrete e personali. L’interpello non può essere attivato per motivi di mero studio o conoscenza e, quindi, per situazioni astratte o ipotetiche. Non si tratta di uno strumento attraverso il quale si possa ottenere una specie di consulenza giuridica da parte del soggetto impositore. Si può ricorrere all’interpello qualora sussistano condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di disposizioni di natura tributaria. Le altre fattispecie per le quali può essere attivato l’interpello riguardano la sussistenza delle condizioni e la valutazione dell’idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti (cosiddetto interpello probatorio), nonché l’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie.

Il contribuente può interpellare l’amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi. Nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole resta, comunque, ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di non avere attuato comportamenti elusivi, in sede amministrativa e contenziosa.

Il Comune deve offrire al contribuente una risposta, scritta e motivata, in cui esterna la propria interpretazione della norma ed alla quale rimane vincolato, con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente. Il fatto che il vincolo all’interpretazione valga limitatamente al richiedente non esonera l’Ente dai suoi doveri di imparzialità e trasparenza. Non è, quindi, ammissibile che, rispetto a fattispecie analoghe, il Comune dia risposte differenti, senza che siano subentrati fatti nuovi.

Se la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, della soluzione prospettata dal contribuente. Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli.

Tal efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante.

L’istanza d’interpello deve contenere:

  • i dati identificativi dell’istante ed eventualmente del suo legale rappresentante, compreso il codice fiscale;
  • l’indicazione della fattispecie di interpello
  • la circostanziata e specifica descrizione della fattispecie;
  • le specifiche disposizioni di cui si richiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione;
  • l’esposizione, in modo chiaro ed univoco, della soluzione proposta;
  • l’indicazione del domicilio e dei recapiti anche telematici dell’istante o dell’eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell’amministrazione e deve essere comunicata la risposta;
  • la sottoscrizione dell’istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato.

All’istanza di interpello dev’essere allegata copia della documentazione, non in possesso dell’amministrazione procedente o di altre amministrazioni pubbliche indicate dall’istante, rilevante ai fini della risposta. Nei casi in cui le istanze siano carenti di alcuni requisiti (ad esclusione dei dati identificativi dell’istante o di una circostanziata e specifica descrizione della fattispecie, essendo questi requisiti necessari a pena d’inammissibilità dell’interpello), l’Amministrazione invita il contribuente alla loro regolarizzazione entro il termine di trenta giorni. I termini per la risposta iniziano a decorrere dal giorno in cui tale regolarizzazione è stata effettuata.

Diverso è il caso della carenza non dei requisiti ma della documentazione necessaria per esperire l’istruttoria. In questo caso l’amministrazione chiede, una sola volta, all’istante di integrare la documentazione presentata. La risposta dev’essere fornita entro sessanta giorni dalla ricezione della documentazione integrativa. La mancata presentazione di detta documentazione integrativa comporta la rinuncia all’istanza, ferma restando la facoltà di presentazione di una nuova domanda, ove ricorrano i presupposti previsti dalla legge.

Mentre nel caso del reclamo, la proposta di mediazione da parte del contribuente costituisce una mera facoltà, nel caso dell’interpello la prospettazione da parte del contribuente di una soluzione alla fattispecie descritta è un elemento essenziale. Nel caso di silenzio dell’Amministrazione interpellata, infatti, la soluzione ipotizzata nell’istanza viene considerata condivisa.

Il D.Lgs. n. 156/2015 ha fissato termini di risposta differenti secondo la tipologia d’interpello. Per l’interpello ordinario (attivato per una corretta applicazione delle disposizioni tributarie quando sussistono condizioni d’incertezza) è previsto il termine di novanta giorni; per gli interpelli sulla qualificazione della fattispecie, per quelli probatori e quelli tesi a limitare l’abuso di diritto, il termine per la risposta è di centoventi giorni. Quando un elevato numero di contribuenti presenta richieste aventi contenuto analogo, l’Ente locale provvede a pubblicare la risposta sul proprio sito istituzionale, mediante la forma di una circolare o di una risoluzione.

Il ricorso alla pubblicazione di un provvedimento a valenza generale può essere attuato ogni volta il parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati forniti chiarimenti ufficiali, oppure siano stati segnalati comportamenti non uniformi da parte degli Uffici.

La pubblicazione di una circolare esplicativa è sempre opportuna quando il chiarimento fornito è d’interesse generale. La pubblicazione della circolare non esonera l’Ente dal dovere rispondere alle singole domande, ma può evitare la presentazione di ulteriori interpelli sulla materia interpretata.

Possono inoltrare istanza anche non residenti ed i soggetti che in base alla legge sono obbligati a porre in essere gli adempimenti tributari per conto dei contribuenti o sono tenuti insieme con questi o in loro luogo all’adempimento di obbligazioni tributarie.

L’istanza d’interpello dev’essere presentata prima della scadenza dei termini previsti dalla legge per la presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento di altri obblighi tributari. I Direttori delle Agenzie fiscali devono emanare, entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto, le modalità di presentazione delle istanze ed indicare gli uffici ai quali le medesime istanze devono essere trasmesse e quelli da cui perverranno le risposte, le modalità di comunicazione delle medesime, nonché ogni altra regola concernente la procedura.  

Adempimenti analoghi incombono anche sulle Regioni e sugli Enti locali. Gli Enti locali devono provvedere, entro il mese di giugno 2016, ad adeguare i rispettivi statuti ed i propri regolamenti ai principi dettati dal Titolo I del D.Lgs. 156/2015.  Per i tributi di propria competenza, le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate in attuazione delle disposizioni in essa contenute, mentre quelle a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, entro un anno dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 156/2015, ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle norme fondamentali contenute nel Titolo I del D.Lgs. n. 156/2015. Il termine di un anno dalla data di entrata in vigore del decreto vale solo per Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige e non è applicabile ai Comuni ricadenti in una di queste Regione a statuto speciale. Infatti, mentre le Regioni hanno il potere di introdurre nuove imposte, i Comuni e le Province ne sono privi e la loro autonomia si svolge sotto riserva di legge, in ottemperanza all’art. 23 della Costituzione.

Gli Enti locali non potranno mai introdurre nuovi tributi, poiché dotati solo del potere regolamentare e non anche normativo. La riserva di legge in materia tributaria giustifica l’applicazione di uno stesso termine per adeguare gli statuti, per i Comuni ricadenti in Regioni sia a statuto ordinario sia a statuto speciale.  Alle domande d’interpello presentate prima dell’adeguamento degli statuti, restano applicabili le disposizioni procedurali in vigore al momento della presentazione dell’istanza.

Luciano Catania

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