21/01/2016 – Legge di stabilità, comma 510: qual è l’organo di vertice che autorizza ?

Legge di stabilità, comma 510: qual è l’organo di vertice che autorizza ? Questa la domanda che riecheggia in questi giorni.

Sul comma 510 della legge di stabilità si è, infatti, acceso nei gruppi FB della categoria un vivace dibattito, soprattutto a proposito della individuazione dell’organo di vertice  che dovrebbe rilasciare l’autorizzazione agli acquisti in deroga. Quest’oggi sono scesi in campo due autorevolissimi commentatori: L. Oliveri https://rilievoaiaceblogliveri.wordpress.com/2016/01/12/niente-autorizzazioni-per-gli-acquisti-di-beni-e-servizi-non-oggetto-di-convenzioni-consip/ , e A. Barbiero http://www.segretaricomunalivighenzi.it/20-01-2016-centralizzazione-degli-acquisti-per-le-deroghe-serve-il-via-libera-del-vertice-amministrativo-nei-comuni-e-il-segretario , che giungono a conclusioni – neanche a dirlo – divergenti. Il primo ritiene che, trattandosi  – quello previsto dalla norma – di un atto di programmazione, sarebbe da escludersi la competenza del segretario/direttore generale, e che “l’organo chiamato ad esprimere l’autorizzazione dovrebbe essere la giunta, disponendo essa di una competenza generale e residuale”. Il secondo, senza pronunciarsi esplicitamente sulla natura dell’atto, opina nel senso che la competenza sia, invece, proprio del segretario. Provo a riflettere velocemente e pubblicamente sulle alcune delle questioni sollevate, giungendo a conclusioni diverse da entrambi i citati autori.

Alcune osservazioni, preliminari, che consentono anche un veloce ripasso. Quello di separazione – intorno al quale ruota in parte la vicenda – resta un principio in cerca d’autore. Secondo parte della dottrina, che si è occupata ex professo (e non per sentito dire) della materia, esso risulterebbe in “serio” contrasto con l’art. 95 della Costituzione (S. Galeotti). Secondo altri “separare la politica dall’amministrazione… è utopistico ed improbabile; è come voler separare il cervello dal braccio”  e quindi si tratterebbe di un “mito empiricamente irrealizzabile” (R. Leonardi). Per altri si dovrebbe parlare di “principio di distinzione” (e non di separazione) perché “se la separazione è difficile da realizzare a livello nazionale, questa difficoltà assume sfumature quasi patologiche nei sistemi ad elezione diretta del vertice dell’esecutivo” (S. Parisi). In termini analoghi si esprimono D. Dalfino e L.A. Mazzarolli, il quale formula l’osservazione, a mio avviso, più ragionevole: “quanto più si cala di livello… tanto più l’attività politica e quella di amministrazione tendono a coincidere”.

La Corte costituzionale? Beh!  Scomodare Salomone è troppo, forse basta Lapalisse, se sono vere queste affermazioni (sia pur temperate dal richiamo al – per altro vago – principio di ragionevolezza cui resterebbe vincolato il legislatore): “La separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo e funzioni di gestione amministrativa, quindi, costituisce un principio di carattere generale, che trova il suo fondamento nell’art. 97 Cost. L’individuazione dell’esatta linea di demarcazione tra gli atti da ricondurre alle funzioni dell’organo politico e quelli di competenza della dirigenza amministrativa, però, spetta al legislatore.”…  Nell’esemplare caso di specie – trattavasi di “competenza a deliberare in materia di valutazione di impatto ambientale” (VIA), materia molto problematicamente riconducibile alla “politica” – la Corte ha deciso che fosse legittima la scelta del legislatore regionale che ne attribuiva la competenza alla Giunta!

Fatta questa necessaria premessa, per dire di come siamo combinati e come incerto sia il quadro di riferimento, veniamo alla questione specifica.

Il legislatore ha dato prova, proprio in questi ultimi tempi, di fare uso abbastanza approssimativo della nomenclatura giuridica. Non si spiega altrimenti perché, nella celeberrima L 124/15, egli possa ex abrupto aver attribuito al dirigente apicale “compiti di attuazione dell’indirizzo politico”!

Quindi quando parla (scrive) di “vertice amministrativo” va preso con la dovuta cautela. Occorre tenere presente, tra le altre cose, che il comma 510 è scritto per tutta la PA e non specificamente per i comuni.

La contorta procedura di cui al comma 510 (replicata, in parte, dal comma 516), a mio sommesso avviso, non postula alcuna funzione “programmatoria”, come invece ipotizza Oliveri. Lo conferma, credo senza necessità di particolari argomentazioni, il fatto che la stessa procedura si concluda con la trasmissione degli atti alla Corte dei conti che, notoriamente, non svolge (anzi ricusa fermamente) alcuna forma di compartecipazione alle attività di amministrazione degli enti. Si tratta quindi di una funzione di “controllo” (inteso in senso ampio), volta a prevenire l’elusione di obblighi di legge. Del resto, il nomen iuris  (autorizzazione) usato dal legislatore non lascia spazi a dubbi, essendo notorio che l’autorizzazione (insieme con il “visto”, “l’assenso”, “l’approvazione”…..) è un tipico atto della funzione di controllo. In questo quadro non dobbiamo dimenticare che in tantissime realtà (che forse sono la maggioranza se non la stragrande maggioranza) il segretario cumula funzioni gestionali. Ed anche laddove ciò non accade in concreto non si può escludere in astratto. Ossia quel che conta, nel diritto dovrebbe essere così, è il principio. In pratica, se fosse il segretario l’organo di “vertice”,  si creerebbe un evidente ed inammissibile corto circuito, anche solo potenziale, tra l’esercizio delle funzioni gestionali e quella di controllo prevista dal ridetto comma 510 (il segretario finirebbe per autorizzare se stesso!)….. Come ci ricorda l’ottimo Oliveri, gli organi politici non svolgono solo funzioni di “programmazione generale” ma anche funzioni “di controllo”…  Ed allora, anche alla luce dell’art. 50 del TUEL e delle funzioni di sovrintendenza “al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti” che competono al Sindaco, è ragionevole (In attesa di essere smentiti dalla Corte dei Conti, che fatalmente sarà chiamata a pronunciarsi) ritenere questi quel “vertice amministrativo” previsto dalla norma, e che sia proprio il Sindaco – in considerazione della particolare conformazione organizzativa e funzionale degli enti locali – ad esercitare la funzione prevista dal comma 510 della L. di stabilità.

Tot capita tot sententiae? Capita!

 

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto