20/12/2021 – Smart working nella PA: le nuove regole non sono intaccate dalla proroga dello stato di emergenza

 

La proroga dello stato di emergenza non ripristina lo smart working emergenziale nella pubblica amministrazione.

Mentre il lavoro privato potrà fino a marzo 2022 attivare il lavoro agile su iniziativa del datore di lavoro e senza l’accordo col dipendente, nell’ambito del lavoro pubblico il prolungamento dell’emergenza non comporta mutamenti alla situazione determinata col Dpcm 23.9.2021 e col DM della Funzione Pubblica 8.10.2021. Dunque, nel lavoro pubblico lo smart working resta soggetto alle condizioni operative disposte dalle norme citate e alla sottoscrizione dell’accordo individuale, come previsto dall’articolo 18 della legge 81/2017.

 

La disconnessione, nell’ambito pubblico, tra stato di emergenza e lavoro agile emergenziale è da sempre stata contemplata proprio dalla norma che introdusse lo smart working d’emergenza quasi due anni fa, l’articolo 87 del d.l. 18/2020, convertito in legge 27/2020. Il comma 1 di tale norma dispone, infatti: “Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile e’ una delle modalità ordinarie di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni”. Dunque, sin dall’origine la configurazione del lavoro agile alla stregua di modalità ordinaria di esecuzione della prestazione era connessa: a) alla durata dello stato di emergenza; b) oppure, ad una scadenza anche precedente alla cessazione dello stato d’emergenza, prevista da un apposito Dpcm.

Esattamente col Dpcm 23.9.2021 si è posto fine, nella PA, al lavoro agile emergenziale. Uno stop definitivo, che non viene in alcun modo inciso o modificato dall’estensione temporale dello stato di emergenza.

Le PA, quindi, non sono legittimate a tornare a gestire il lavoro agile in modo generalizzato ed unilaterale, senza accordo individuale e, soprattutto, in assenza delle condizioni normative.

Non si deve dimenticare che l’accordo individuale non basta. L’attivazione del lavoro agile è permessa solo se le amministrazioni dimostrino che non si pregiudichi la fruizione dei servizi a favore degli utenti, si assicuri un’adeguata rotazione dei dipendenti con la prevalenza della prestazione in presenza, si utilizzino piattaforme digitali o cloud o reti virtuali protette per garantire la riservatezza e sicurezza dei dati, si recuperi l’arretrato – se vi sia – con un piano di smaltimento, si fornisca al personale la necessaria dotazione di strumenti operativi.

Le amministrazioni che hanno adottato a suo tempo il Pola (pia o organizzativo del lavoro agile) possono più agevolmente dare prova dell’esistenza delle condizioni per concordare lo smart working; le altre dovrebbero al più presto adottare provvedimenti volti a dimostrare il rispetto delle condizioni, anche prima della scadenza dell’adozione del Piao (piano integrato di attività e organizzazione), nel quale confluirà la programmazione del lavoro agile.

La dimostrazione della presenza delle condizioni potrebbe permettere alle singole PA anche di attivare il lavoro agile comunque come strumento di cautela e prevenzione, nell’ipotesi di focolai o di un numero da tenere sotto controllo di contatti stretti con positivi negli uffici. Potrebbero ancora risultare opportuno collocare un certo numero di dipendenti in lavoro agile contemporaneamente, in attesa di riscontri diagnostici e sanificazioni.

L’ostacolo della sottoscrizione di plurimi accordi individuali potrebbe essere superato, in questi casi, dalla redazione di un accordo contenente condizioni generali di contratto sottoscritto (meglio se con firma digitale) dal dirigente competente, nel quale specificare che si è verificata una situazione di emergenza, tale da imporre la collocazione massiva dei dipendenti in smart working, individuando specificatamente l’ufficio oggetto della misura; ciascun dipendente potrebbe sottoscrivere tale accordo secondo lo schema dell’adesione appunto a condizioni generali di contratto previsto dall’articolo 1341 del codice civile, anche semplicemente trasmettendola via mail da parte del singolo dipendente della struttura interessata alla misura prudenziale.

Le misure organizzative interne possono prevedere strumenti di questo genere per consentire comunque di utilizzare lo smart working per ragioni connesse a rischi di contagio, per altro utilizzabili certamente come motivazione della straordinarietà del lavoro agile, derivante dalla perdita di efficacia delle norme che fino al 14 ottobre 2021 lo avevano configurato, nella PA, come una tra le possibili forme ordinarie di prestazione lavorativa. 

 

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