20/09/2019 – Un contratto che riconosca prerogative dirigenziali alle posizioni organizzative sarebbe nullo – Incaricati senza libertà d’orario – Non possono regolarlo in base alle esigenze degli uffici

Un contratto che riconosca prerogative dirigenziali alle posizioni organizzative sarebbe nullo – Incaricati senza libertà d’orario – Non possono regolarlo in base alle esigenze degli uffici
di Luigi Oliveri
Gli incaricati di posizione organizzativa non possono regolare la propria attività con orario di lavoro organizzato sulla base delle esigenze degli uffici, come le qualifiche dirigenziali.
Sono ancora molto frequenti i casi nei quali negli enti locali, e specialmente nelle forme associative, si verifichino violazioni palesi alle disposizioni contrattuali, laddove si consenta ai «quadri» un orario di lavoro non predeterminato.
Il tutto, nasce da un’interpretazione totalmente erronea dell’articolo 109, comma 2, del dlgs 267/2000, ai sensi del quale «nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all’articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l’applicazione dell’articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione». Tale norma è posta a rimediare alla circostanza che nella gran parte degli enti locali mancano le qualifiche dirigenziali e, tuttavia, è comunque necessario applicare il principio di separazione delle funzioni politiche da quelle gestionali. L’articolo 109, comma 2, rimedia, consentendo di attribuire le funzioni dirigenziali ai funzionari apicali, abilitati, quindi ad esercitare dette funzioni dirigenziali. Ma, tale abilitazione non trasforma i funzionari incaricati nell’area delle posizioni organizzative in qualifiche dirigenziali.
Si continua ad applicare sempre soltanto e solo, dunque, il Ccnl del comparto. Sull’orario di lavoro, il Ccnl 21.5.2018 non ha cambiato nulla rispetto alla contrattazione collettiva previgente.
Resta attuale, allora, l’indicazione fornita nel 2011 dall’Aran con l’orientamento applicativo Ral 163, ove si spiega che «il personale incaricato delle posizioni organizzative è tenuto ad effettuare prestazioni lavorative settimanali non inferiori a 36 ore (mentre, ai sensi dell’art. 10, comma 1 del Ccnl del 31.3.1999 e salvo quanto previsto dall’art. 39, comma 2 del Ccnl del 14.9.2000 e dall’art. 16 del Ccnl del 5.10.2001, non sono retribuite le eventuali prestazioni ulteriori che gli interessati potrebbero aver effettuato, senza diritto ad eventuali recuperi, in relazione all’incarico affidato e agli obiettivi da conseguire)».
Conseguentemente l’orario di lavoro va assoggettato «alla vigente disciplina relativa a tutto il personale dell’ente e agli ordinari controlli sulla relativa quantificazione». In particolare, spiega l’Aran, «il vigente Ccnl non attribuisce, in particolare, né al datore di lavoro né al dipendente il potere o il diritto all’autogestione dell’orario settimanale, consentita, invece, al solo personale con qualifica dirigenziale».
È da aggiungere che laddove i funzionari incaricati di posizione organizzativa non rispettassero le previsioni del Ccnl del comparto, incorrono nella responsabilità disciplinare connessa alla violazione dell’articolo 57, comma 3, lettera a), che impone di «collaborare con diligenza, osservando le norme del contratto collettivo nazionale, le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro»; l’articolo 59, comma 3, lettera a), del Ccnl, ancora, considera esplicitamente violazione disciplinare l’inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché dell’orario di lavoro.
È opportuno ricordare che qualsiasi contratto collettivo decentrato o direttiva interna finalizzata a consentire alle posizioni organizzative di fruire dell’orario previsto solo per la dirigenza, sarebbe del tutto nulla e inapplicabile, per violazione di una disciplina riservata esclusivamente alla contrattazione nazionale collettiva. Non solo: la tolleranza nei confronti di orari difformi, che, come visto sopra, implicano responsabilità disciplinare, determinerebbe nei confronti dei dirigenti a loro volta responsabilità disciplinare ai sensi dell’articolo 55-sexies, comma 3, del dlgs 165/2001, il quale dispone: «Il mancato esercizio o la decadenza dall’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare, inclusa la segnalazione di cui all’articolo 55-bis, comma 4, ovvero a valutazioni manifestamente irragionevoli di insussistenza dell’illecito in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili, l’applicazione della sospensione dal servizio fino a un massimo di tre mesi, salva la maggiore sanzione del licenziamento prevista nei casi di cui all’articolo 55-quater, comma 1, lettera f-ter), e comma 3-quinquies».

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