20/09/2019 – Ricorsi, accesso illimitato – Niente paletti all’istanza del consigliere

La giurisprudenza esclude lesioni alla riservatezza del ricorrente
Ricorsi, accesso illimitato – Niente paletti all’istanza del consigliere
Può l’amministrazione rifiutare l’accesso del consigliere comunale alla documentazione relativa a un ricorso, di cui sia venuto a conoscenza dalla consultazione del protocollo informatico, adducendo la necessità di acquisire l’autorizzazione da parte dell’interessato ricorrente?
L’esercizio del diritto di accesso, esercitabile dai consiglieri comunali ai sensi dell’art. 43, comma 2, del decreto legislativo n. 267/00, è definito dal Consiglio di stato (sentenza n.4471/2005) «diritto soggettivo pubblico funzionalizzato», finalizzato al controllo politico-amministrativo sull’ente, nell’interesse della collettività (cfr. Cds V, 5/09/2014, n. 4525, cit. da Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi del 29 novembre 2018); si tratta, all’evidenza, di un diritto dai confini più ampi del diritto di accesso riconosciuto al cittadino nei confronti del comune di residenza (art. 10 Tuel) o, più in generale, nei confronti della p.a., disciplinato dalla legge n. 241 del 1990 (cfr. parere della commissione per l’accesso ai documenti amministrativi del 28 ottobre 2014 e il richiamato del 29 novembre 2018).
Il diritto a ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento del mandato non incontra alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere, a cui è ostensibile anche documentazione che per ragioni di riservatezza non sarebbe ordinariamente ostensibile ad altri richiedenti, è vincolato al segreto d’ufficio (Tar Lombardia, Milano, sent. n. 2363 del 23.09.2014 e citato Cds, sez. V, 5 settembre 2014, n. 4525). Peraltro, in fattispecie simili alla presente, il Consiglio di stato, sez. V, con decisione 4/5/2004, n. 2716, riguardo alla normativa prevista dal dpcm n. 200 del 26.1.1996, recante il regolamento per la categoria di documenti dell’avvocatura dello stato sottratti al diritto di accesso, ha rilevato che le limitazioni ivi previste «non possono applicarsi, in via analogica, ai consiglieri comunali, i quali, nella loro veste di componenti del massimo organo di governo del comune, hanno titolo ad accedere anche agli atti concernenti le vertenze nelle quali il comune è coinvolto nonché ai pareri legali richiesti dall’amministrazione comunale, onde prenderne conoscenza e poter intervenire al riguardo».
Il predetto dpcm pone un limite solo agli atti defensionali, (art. 2, comma 2, lett. b) a cui comunque i consiglieri comunali potrebbero accedere essendo tenuti al segreto; nel caso in oggetto, trattandosi, invece, del testo di un ricorso già presentato all’organo competente, non pare peraltro sussistere alcuna lesione dell’interessato (che in relazione alla richiesta del consigliere comunale assume la veste di «controinteressato»). Infatti, anche in virtù della definizione di cui all’art. 22, comma 1, lett. c) della legge n. 241/1990, dall’esercizio dell’accesso il ricorrente non vedrebbe compromesso il proprio diritto alla riservatezza dato che l’atto è già noto alla controparte (il comune) che può diffonderlo all’interno dei propri uffici anche al fine della preparazione delle memorie di parte. In merito ai tempi di rilascio degli atti, ferma restando la necessità di una regolamentazione della materia dell’accesso, si ritiene che la stessa deve tendere a garantire l’esercizio del diritto, con la previsione di termini ragionevoli compatibili con le esigenze tecniche degli uffici addetti alla loro consegna.

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