20/07/2019 – Boom di interdittive antimafia – Erano 122 nel 2014. Hanno toccato quota 573 nel 2018

Boom di interdittive antimafia – Erano 122 nel 2014. Hanno toccato quota 573 nel 2018

di ANDREA MASCOLIN – Italia Oggi – 19 Luglio 2019
Sono ben 2.044 le aziende destinatarie di interdittive antimafia fra il 2014 e il 2018; il 22,6% delle segnalazioni di whistleblowing (comunicazioni su attività illecite) riguardano il settore degli appalti. Sono questi i dati resi pubblici dall’ Autorità nazionale anticorruzione in questi ultimi giorni, a partire dal rapporto elaborato sulla base delle informazioni contenute nel casellario informatico delle imprese.
Va ricordato che fra le notizie per le quali è prevista l’ annotazione nel casellario rientrano anche fatti che possono comportare il divieto di partecipare a gare pubbliche: gravi negligenze nell’ esecuzione di lavori, risoluzioni contrattuali per gravi inadempienze contrattuali, false dichiarazioni sul possesso dei requisiti di partecipazione o sulle irregolarità contributive, omissioni su condanne penali, violazioni delle norme in materia salute e sicurezza sul lavoro, sentenze di condanna o di patteggiamento per reati contro la pubblica amministrazione.
Le interdittive antimafia emesse dai prefetti, sebbene limitatamente ai soggetti qualificati per partecipare a procedure di gara indette dalla pubblica amministrazione, si aggiungono alle annotazioni frutto delle segnalazioni inviate dalle stazioni appaltanti Nel periodo considerato (il quinquennio 2014-2019) si è registrata una crescita costante e generalizzata delle interdittive antimafia in ogni zona del Paese, che sono passate dalle 122 del 2014 alle 573 del 2018, con un incremento di 3,7 volte.
Nel rapporto si evidenzia come non sia affatto da escludere che questo aumento possa essere in parte dovuto a un miglioramento del flusso informativo in entrata, cioè a comunicazioni più puntuali effettuate dalle prefetture all’ Anac. Allo stesso modo, il trend di crescita sembra essere anche la prova di una sempre più penetrante attività investigativa dell’ Autorità giudiziaria, che spesso trasmette agli Uffici territoriali del governo le risultanze che man mano emergono dalle indagini in funzione preventiva. Per l’ Autorità presieduta da Raffaele Cantone una simile tendenza è anche «una conferma ulteriore che non esistono zone immuni dalle infiltrazioni mafiose e che il comparto degli appalti pubblici è uno dei più a rischio in assoluto. Se del resto si considera che il settore nel 2018 ha sfiorato i 140 mld, è comprensibile per quale ragione esso rappresenti uno dei terreni di caccia preferiti del crimine organizzato».
Dal punto di vista territoriale colpisce in particolare l’ incremento delle interdittive registrato in contesti geografici diversi da quelli autoctoni delle mafie: ad esempio in Emilia Romagna si è passati dalle 8 aziende interdette del 2014 alle 51 del 2017, così come il numero di interdittive emesse ogni 100 mila abitanti nella provincia di Reggio Emilia (8,3) e di Ravenna (7,9) risulta poi essere più del doppio rispetto alla media nazionale (pari a 3,3). Così come in provincia di Como o Mantova si hanno 24 e 21 aziende interdette nel quadriennio, entrambe hanno un tasso superiore al dato nazionale (rispettivamente 4 e 5,1 interdittive ogni 100 mila abitanti).
A questi dati si devono collegare, poi, anche quelli desunti dal Report 2018 sul whistleblowing, illustrati in settimana dal presidente Anac e dai quali emerge che tra le tipologie di illeciti segnalati i più frequenti si confermano gli appalti illegittimi (il 22,6% delle 783 segnalazioni giunte all’ Anac) si ha la conferma di un settore, quello degli appalti, denso di criticità sotto diversi profili e da più punti di vista (operatori privati e funzionari pubblici).

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