20/07/2019 – Anche l’illegittimità del recesso del dirigente a termine comporta il pagamento della retribuzione di posizione che avrebbe percepito

Anche l’illegittimità del recesso del dirigente a termine comporta il pagamento della retribuzione di posizione che avrebbe percepito

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
Un dirigente assunto a tempo determinato ai sensi dell’art. 110TUEL fino al mandato del Sindaco, si vedeva risolto il proprio contratto mediante comunicazione del Primo cittadino a seguito di una possibile ristrutturazione della macrostruttura del comune, facendo venire meno la necessità del dirigente a tempo determinato. A seguito del ricorso del dipendente estromesso, sia il Tribunale di primo grado che la Corte di appello accoglievano parzialmente le richieste del dirigente, riconoscendogli le differenze retributive non corrisposte ma respingendo la sua possibile reintegrazione. Nella motivazione della sentenza i giudici di appello, da un lato hanno riconosciuto un rapporto di lavoro a tempo determinato tra le parti, avente ad oggetto l’attività gestionale di direzione dei servizi urbanistici e di edilizia e non una prestazione d’opera, dall’altro lato hanno avuto modo di evidenziare che nel provvedimento di revoca dell’incarico venisse solamente ipotizzata una successiva riorganizzazione, senza esporne le ragioni asseritamente fondate sulla necessità di provvedere ad un diverso assetto organizzativo tale da non richiedere più la figura professionale del dirigente. In merito al risarcimento del danno ritenevano corretta la quantificazione con l’inclusione dell’indennità di posizione, emolumento quest’ultimo corrisposto in modo fisso ed in via continuativa.
Contro la sentenza della Corte di appello il Comune ha proposto ricorso in Cassazione precisando l’errore dei giudici di secondo grado nel non aver adeguatamente considerato le disposizioni di cui all’art. 110 del TUEL permettevano all’ente di recedere anzitempo con il contratto dirigenziale qualora lo stesso fosse stato adeguatamente motivato, come nel caso di specie a fronte della corretta indicazione delle motivazioni contenute nella nota del Sindaco circa la riorganizzazione dei servizi che rendeva la posizione organizzativa priva di utilità rispetto all’epoca della sua assunzione. La seconda doglianza riguardava l’inclusione della retribuzione di posizione tra le componenti delle differenze retributive, a fronte del mancato esercizio delle funzioni cui detta retribuzione di posizione è prevista dal contratto.
Le indicazioni della Cassazione
Il ricorso è stato, dai giudici di legittimità, considerato inammissibile, in quanto nel caso di specie è stata correttamente chiarita la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato (non dunque di una collaborazione autonoma) e cioè di un rapporto nel quale incarico dirigenziale e rapporto di impiego coesistono per scelta delle parti, che hanno dato luogo allo stesso con contratto individuale di lavoro, il cui fondamento normativo va individuato nell’art. 110D.Lgs. n. 267/2000, il quale consente, la possibilità di costituzione di un rapporto di lavoro dipendente a termine per lo svolgimento di incarichi dirigenziali. La questione si sposta quindi sulla possibilità da parte dell’ente di poter recedere dal rapporto prima della sua scadenza, dove la Corte di appello ne ha motivato la non possibilità.
I giudici di appello hanno, infatti, confermato al rapporto di lavoro le disposizioni di cui all’art. 2119 c.c. secondo cui il recesso ante scadenza del termine può essere disposto solo in presenza di una giusta causa. Tale indicazione della Corte territoriale andrebbero corrente, in quanto il giudice di legittimità ha da sempre riconosciuto ai dirigenti a temine la medesima disciplina dettata dal D.Lgs. n. 165/2001 e dalla contrattazione collettiva, tranne che negli aspetti espressamente disciplinati dalla norma speciale (esempio dissesto o condizione di ente strutturalmente deficitario) o per quelli incompatibili con la natura temporanea del rapporto. In altri termini, il dirigente a termine ha le stesse garanzie di quelle previste per i dirigenti a tempo indeterminato, ossia il contratto potrà essere risolto solo per giusta causa (responsabilità disciplinare) o per mancato raggiungimento degli obiettivi o direttive dell’ente (responsabilità dirigenziale) e negli altri casi espressamente previsti dalla normativa speciale dell’art. 110 del TUEL.
In merito al riconoscimento nelle differenze retributive dovute anche quelle relative alla retribuzione di posizione, il Comune ha inammissibilmente censurato la motivazioni in considerazione del mancato svolgimento delle funzioni in tale periodo da parte del dirigente estromesso. Precisa a tal riguardo la Cassazione che, se è vero che l’indennità di posizione spetta solo a fronte dell’espletamento delle funzioni dirigenziali, nel caso di specie la Corte ha riconosciuto il risarcimento del danno per quello che il dirigente a termine ha perso in conseguenza del recesso illegittimo e quindi anche per la mancata indennità di posizione (che se l’incarico fosse proseguito avrebbe pacificamente ricevuto). In altri termini, in materia di illegittimità del licenziamento del dirigente (ma il principio è applicabile anche nell’ipotesi di illegittimità del recesso anticipato da un contratto a termine del dirigente) le conseguenze risarcitorie vanno commisurate non al solo trattamento economico fondamentale ma anche alla retribuzione di posizione prevista per l’incarico ricoperto al momento dell’illegittimo recesso dal rapporto e che senza dubbio sarebbe stata percepita sino alla scadenza.
Il ricorso del Comune è stato, pertanto, rigettato con relativo addebito delle spese di giustizia a causa della soccombenza nel giudizio di legittimità.

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