20/07/2018 – Salario accessorio, si faccia chiarezza

Salario accessorio, si faccia chiarezza

 

(pag. 30) Un intervento di Anci in tutte le sedi istituzionali affinché sia fornita agli enti locali la chiarezza necessaria a consentire una serena applicazione del nuovo contratto collettivo di lavoro che i dipendenti attendevano da molti anni. È quanto stanno chiedendo molti sindaci a fronte delle, per certi versi sorprendenti, difficoltà applicative legate alla questione dell’inclusione o meno nel «tetto» del salario accessorio di cui all’art. 23 del dlgs 75/2017, degli aumenti previsti dal nuovo Ccnl alle voci di cui alle lettere a) e b) dell’art. 67. In effetti, tutto sembrava chiaro: la dichiarazione congiunta n. 5 prevede espressamente che «In relazione agli incrementi del Fondo risorse decentrate previsti dall’art. 67, comma 2 lett a) e b), le parti ritengono concordemente che gli stessi, in quanto derivanti da risorse finanziarie definite a livello nazionale e previste nei quadri di finanza pubblica, non siano assoggettati ai limiti di crescita dei Fondi previsti dalle norme vigenti». Dal canto suo, la Corte dei conti – sezioni riunite di controllo, con la deliberazione n. 6/2018 di certificazione sull’ipotesi di contratto funzioni locali ha statuito che «in merito agli incrementi al Fondo risorse decentrate previsti dalla lettera a) dell’art. 67, comma 2, si dà atto della dichiarazione congiunta, oggetto di specifico errata corrige all’ipotesi in esame, tendente a precisare che tali nuovi oneri «in quanto derivanti da risorse definite a livello nazionale e previste nei quadri di finanza pubblica, non siano assoggettabili ai limiti di crescita dei Fondi previsti dalle norme vigenti». Ma, come spesso accade, il bizantinismo interpretativo non conosce confini e puntualmente una Sezione regionale di controllo (quella della Puglia nella fattispecie) ha sposato una tesi diametralmente opposta: nella deliberazione n. 99/2018/Par (si veda ItaliaOggi del 10/7/2018), si legge, infatti, che «l’art.23, comma 2, del dlgs 75/2017 è tuttora vigente e si applica anche in rapporto agli aumenti previsti dall’art.67, comma 2, del Ccnl del personale non dirigente degli enti locali del 21 maggio 2018. Nessuna rilevanza, in senso contrario, può essere attribuita alla dichiarazione congiunta n.5, allegata al Ccnl in parola, non avendo la stessa alcun valore normativo e non risultando, quindi, né vincolante, né, tantomeno, idonea a derogare a norme di contenimento della spesa pubblica». «È evidente, scrivono i sindaci, che un insieme di disposizioni normative e contrattuali che si prestano a letture così contraddittorie non consente agli enti di lavorare serenamente alla definizione del nuovo contratto decentrato; alla luce di quanto sopra, si richiede pertanto all’Anci di azionare tutti i canali istituzionali affinché venga fatta chiarezza sul punto e gli enti locali possano agire in un quadro normativo certo e chiaro, dando applicazione al nuovo contratto di lavoro, lungamente atteso dai dipendenti e dalle amministrazioni». La nota si sofferma anche su una questione più generale derivante dalla formulazione dell’art. 67, comma 7, che rende stabile il tetto previsto dall’art. 23 generando un incredibile corto-circuito la norma di legge blocca fino ai nuovi contratti – per tutti i comparti – e la successiva norma contrattuale reitera il blocco per un solo comparto nonostante che il contratto sia intervenuto. In tal modo, il meccanismo diventa surrettiziamente perpetuo, per effetto non della legge ma del Ccnl. Una sorta di mostruoso Saturno che divora i suoi figli.

Matteo Barbero

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