19/11/2018 – Rinnovi e problemi per i contratti PA

Rinnovi e problemi per i contratti PA

 19/11/2018 Dirigenza degli Enti Locali

Il disegno di legge di bilancio ha stanziato 4,2 miliardi, per il triennio 2019-2021, con un incremento a regime di 1,755 miliardi, che comporta per l’incremento in busta paga (comprensivi anche degli oneri riflessi e dell’ Irap) un aumento da 33 a 53 euro mensili. Il finanziamento deve anche confermare l’elemento perequativo delle categorie più basse di dipendenti (a cui nel 2018 non è stato reso disponibile l’incremento medio di 85 euro mensili) e tenere conto della spesa necessaria all’indennità di vacanza contrattuale.

Quando la legge di bilancio sarà approvata si darà il via ai rinnovi dei contratti nazionali di lavoro nel pubblico impiego e soprattutto alla stipulazione dei nuovi contratti, riconosciuta come fase lunga e complicata. Bisogna anche ricordare che la legge di bilancio non stanzia risorse per il personale degli enti locali e della sanità (che stabiliranno all’interno dei propri bilanci come reperire le risorse) ma solo per i dipendenti delle amministrazioni statali. Quest’anno le preintese sono state siglate solo a fine febbraio, nonostante la fretta di giungere a un accordo contrattuale prima delle elezioni, con la sottoscrizione dei Ccnl arrivata solo a fine maggio. Tempi che difficilmente saranno migliorati per i rinnovi del prossimo triennio, anche perché come ulteriore complicazione, le singole amministrazioni si stanno ritrovando impegnate ad approvare i contratti decentrati attuativi dei Ccnl, sottoscritti appunto questo maggio.

Sono proprio i comparti funzioni locali e sanità a risentire più di questa pressione, a causa anche dell’imposizione di rientrare nel tetto spesa per il salario accessorio del 2016. L’imposizione deriva da una clausola presente nell’articolo 23, comma 2, del DLgs 75/2016, che il disegno di legge “concretezza” vuole utilizzare per rimuovere gli effetti negativi sulla contrattazione. La Sezione Autonomie della Corte dei conti ha già eliminato parte di questi effetti con la delibera 19/2018, arrivando ad escludere dal tetto del 2016 sia gli incrementi sulle posizioni di sviluppo acquisite con le progressioni orizzontali, sia l’indennità di 83,2 euro dovuta a partire dal 1° gennaio 2019.

Tardando nel chiarimento, la magistratura contabile ha creato altri ritardi nella costituzione dei fondi decentrati, rendendo di fatto impossibile avviare la contrattazione decentrata per le amministrazioni. La contrattazione decentrata è naturalmente complicata, accompagnandosi alle revisioni rilevanti dei sistemi di valutazione permanente, per definire i criteri utili a premiare il rendimento dei dipendenti e della varie posizioni organizzative, oltre a contemplare le nuove indennità e i nuovi istituti che nei pochi giorni a disposizione sono difficilmente regolabili.

Si sta quindi correndo il rischio che le amministrazioni siano costrette, forzate anche dai tempi stretti, a sottoscrivere il contratto completo solo nel 2019 o ad accettare la sottoscrizione di contratti-stralcio. L’Aran ha recentemente emesso un orientamento applicativo (il CFL37), stravolgendo un orientamento ormai ventennale, rilevando come la contrattazione decentrata non abbia reale voce in capitolo sulla produttività e dovrebbe quindi essere erogabile anche se il contratto decentrato non è stato sottoscritto, almeno nel caso che l’ente abbia per tempo costituito il fondo e fissato gli obiettivi e i risultati ad ogni inizio anno, in questo modo si potrebbe aiutare con i problemi derivanti soprattutto dall’erogazione dei risultati del 2018.

Articolo di Loris Pecchia

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