19/08/2019 – Presupposti indispensabili per l’utilizzo economicamente efficiente di immobili abusivi acquisiti al patrimonio comunale.

Presupposti indispensabili per l’utilizzo economicamente efficiente di immobili abusivi acquisiti al patrimonio comunale.

a cura di Agostino Galeone
La sentenza n. 212/2019 del 23 gennaio 2019 emessa dalla Corte dei Conti Sez. Giurisdizionale per la Regione Siciliana risulta interessante perché, contestando e rigettando nel merito la generica e lacunosa domanda formulata dalla Procura che prospettava una possibile responsabilità dei Sindaci e dei Responsabili della gestione del Patrimonio comunale per danno erariale conseguente al mancato conseguimento di corrispettivi dovuti dai privati occupanti immobili abusivi entrati a far parte del patrimonio comunale,  dopo avere richiamato le Amministrazioni pubbliche a una tempestiva, seria e costante repressione del fenomeno dell’abusivismo edilizio che reca grave pregiudizio agli interessi pubblici urbanistici, ambientali e di rispetto dell’assetto idrogeologico, dapprima, evidenzia lo specifico e complesso procedimento necessario per l’acquisizione degli immobili abusivi nel patrimonio comunale e, poi, indica quali sono i presupposti la cui presenza contemporanea è necessaria, nella fattispecie esaminata sottoposta alla specifica disciplina dell’art. 4 della legge n. 17/1994 della Regione Sicilia, per individuare la su indicata possibile responsabilità erariale.
 
La Corte, dopo avere rammentato il procedimento per l’acquisizione al patrimonio comunale degli immobili abusivi non demoliti dai responsabili nonostante l’ordinanza di demolizione regolarmente notificata, come disciplinato dai commi 3 e 4 dell’art. 31 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 il cui testo è riportato nella sentenza, pure ammettendo che l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale degli immobili abusivi e della relativa area di sedime costituisce effetto automatico della mancata ottemperanza all’ordinanza di demolizione e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, afferma, nel solco della costante giurisprudenza amministrativa, come resti comunque ferma la necessità del provvedimento amministrativo di acquisizione “che definisca l’oggetto dell’acquisizione al patrimonio comunale attraverso la quantificazione e la perimetrazione dell’area sottratta al privato”.
Infatti, l’eventuale omissione delle fasi del procedimento sanzionatorio, come definito dal comma 3 del citato art. 31, determinerebbe “l’assoluta ambiguità della relativa attività amministrativa, in violazione dei principi del contraddittorio procedimentale, del buon andamento e della tutela dell’affidamento della parte privata. In tal senso deve rilevarsi che la notifica dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla demolizione costituisce indispensabile titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, integrando così un passaggio indefettibile ai fini del perfezionamento dell’acquisto in favore dell’Amministrazione”.
Tale provvedimento di acquisizione, distinto e successivo all’ordinanza di demolizione della costruzione abusiva e di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, è ritenuto necessario, dall’orientamento maggioritario della giurisprudenza amministrativa, in quanto il privato raggiunto dall’ordine di demolizione può richiedere la sanatoria delle opere eseguite, ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001, anche oltre il termine di 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza. Ciò può affermarsi sulla base del tenore letterale del comma 1 dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001, che ammette la possibilità di ottenere il permesso in sanatoria “fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative”. Già dalla lettera della norma si desume, perciò, la possibilità di proporre la domanda di accertamento di conformità in un momento successivo alla scadenza del termine ex art. 31, comma 3, DPR 380/2001, ove a tal momento non siano state ancora in concreto irrogate le sanzioni amministrative (T.A.R. Latina, sentenza n. 946/2012). Il termine di novanta giorni ex art. 31, comma 3, DPR 380/2001, infatti, è fissato unicamente per la demolizione volontaria del manufatto abusivo (con il corollario che dopo il decorso di detto termine la P.A. può procedere agli ulteriori adempimenti). Se il privato, decorsi i novanta giorni, è ancora legittimato a richiedere la sanatoria delle opere, deve concludersi che la regola dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale non è insensibile al successivo svolgimento procedimentale, incontrando delle eccezioni laddove l’eventuale inottemperanza alla demolizione nel termine citato, anziché essere seguita da un rituale accertamento e dall’atto di acquisizione, sia di contro sfociata nel rilascio di un ulteriore ed autonomo titolo abilitativo.”
Peraltro, la necessità di detto provvedimento di acquisizione si deduce dall’affermazione della giurisprudenza amministrativa secondo cui “l’omessa indicazione, nell’ordinanza di demolizione, dell’area che viene acquisita di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune ai sensi del comma 3 dell’art. 31 per il caso di inottemperanza all’ordine di demolizione non costituisce ragione di illegittimità dell’ordinanza stessa, giacché la posizione del destinatario dell’ingiunzione è tutelata dalla previsione di un successivo e distinto procedimento di acquisizione dell’area, rispetto al quale, tra l’altro, assume un ruolo imprescindibile l’atto di accertamento dell’inottemperanza nel quale va indicata con precisione l’area da acquisire al patrimonio comunale (cfr. Consiglio di Stato, 05/01/2015, n. 13).”
All’atto di accertamento dell’eventuale inottemperanza e, quindi, di acquisizione al patrimonio comunale “deve seguire l’iscrizione dell’immobile nell’inventario del Comune con le conseguenti incombenze a carico dei responsabili della gestione del patrimonio.”
Dopo i citati adempimenti il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale deve provvedere, a norma dell’art. 31, comma 5, del DPR 380/2001 a demolire l‘opera acquisita a spese dei responsabili dell’abuso. Tuttavia l’eventuale demolizione non può non essere preceduta da una apposita deliberazione con cui il Consiglio Comunale può stabilire per ciascun immobile abusivo che non sia demolito sulla base di una dichiarazione circa l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.
 
Per quanto concerne, poi, la concessione a titolo oneroso del diritto di abitazione di immobili abusivi, la Corte aggiunge che “è logico che l’immobile deve essere idoneo all’utilizzo come civile abitazione, dovendo sussistere in concreto gli indispensabili requisiti di idoneità statica e sismica nonché quelli igienici e sanitari. E’ chiaro, infatti, che non può concedersi l’uso oneroso relativamente ad immobili ubicati in aree soggette a rischio per l’incolumità fisica o per la salute degli occupanti o ad immobili privi delle caratteristiche strutturali necessarie per ospitare esseri umani.”
 
Riguardo la concessione a titolo oneroso del diritto di abitazione di immobili abusivi, la Corte ritiene di non potere accogliere la tesi della Procura, la quale sostiene “in maniera generalizzata la possibilità di utilizzazione economica” di detti immobili. La Corte ribadisce che la concessione onerosa del diritto di abitazione ha carattere eccezionale, in quanto “L’immobile abusivo deve essere prioritariamente demolito, salve le ipotesi eccezionali tassativamente previste” eventualmente dall’ordinamento giuridico regionale.
A conferma di tale assunto nella sentenza in esame viene riportato quanto ribadito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 140 del 2018, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2, della legge della Regione Campania n. 19 del 22 giugno 2017, che prevedeva una generalizzata estensione della possibilità di assegnazione o di alienazione a privati degli immobili abusivi. La Consulta ha affermato che: “… il principio fondamentale espresso dai commi da 3 a 6 dell’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 implica che l’opera abusiva acquisita al patrimonio comunale debba, di regola, essere demolita e che possa essere conservata, in via eccezionale, soltanto se, con autonoma deliberazione del consiglio comunale relativa alla singola opera, si ritenga, sulla base di tutte le circostanze del caso, l’esistenza di uno specifico interesse pubblico alla conservazione della stessa e la prevalenza di questo sull’interesse pubblico al ripristino della conformità del territorio alla normativa urbanistico-edilizia, nonché l’assenza di un contrasto della conservazione dell’opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico. Si noti che la facoltà riconosciuta ai Comuni, di non demolire le opere abusive di cui qui si discute deve implicare un’analisi puntuale delle caratteristiche di ognuna di esse, rispettosa dei canoni individuati dalla legge statale, che sola può garantire uniformità sull’intero territorio nazionale.
Il disallineamento della disciplina regionale rispetto al principio fondamentale della legislazione statale – quello che individua nella demolizione l’esito “normale” della edificazione di immobili abusivi acquisiti al patrimonio dei comuni – finisce con intaccare e al tempo stesso sminuire l’efficacia anche deterrente del regime sanzionatorio dettato dallo Stato all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, incentrato, come si è visto, sulla demolizione dell’opera abusiva, la cui funzione essenzialmente ripristinatoria non ne esclude l’incidenza negativa nella sfera del responsabile.
L’effettività delle sanzioni risulterebbe ancora più sminuita nel caso di specie, in cui l’interesse pubblico alla conservazione dell’immobile abusivo potrebbe consistere nella locazione o nell’alienazione dello stesso all’occupante per necessità responsabile dell’abuso”.
 
Da quanto sopra ne consegue, secondo la Corte adita, che nella fattispecie  interessata dalla sentenza n. 212/2019 la procedura per concedere agli occupanti il diritto di abitare gli immobili abusivi prevede che siano osservati i seguenti presupposti:
  1. il completamento della procedura prevista dall’art. 31, commi 3 e 4 , del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, contraddistinta dall’emanazione dei provvedimenti di acquisizione dei beni al patrimonio comunale;
  2. il completamento della procedura prevista dettagliatamente dall’art. 4 della legge regionale n. 17 del 1994, che implica una deliberazione consiliare, a seguito della quale -su istanza dei privati aventi diritto- può aversi la concessione del diritto di abitazione con contestuale quantificazione dell’indennità di occupazione;
  3. la puntuale dimostrazione dell’idoneità tecnico-strutturale dell’immobile ad essere destinato a civile abitazione, la prova della sua effettiva occupazione (durata e caratteristiche della stessa) e la precisa quantificazione del valore dell’indennità.
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