19/01/2019 – Reddito di cittadinanza e Quota 100: una prima analisi del decreto legge approvato ieri

Reddito di cittadinanza e Quota 100: una prima analisi del decreto legge approvato ieri

venerdì 18 gennaio 2019

di Bossotto Livio – Counsel Studio Legale Allen & Overy 

Chiarella Claudio – Associate Studio Legale Allen & Overy 

 

Nel tardo pomeriggio della giornata di ieri, il Consiglio dei Ministri ha infine licenziato il decreto legge in materia di disposizioni urgenti in materia di c.d. “reddito di cittadinanza” e pensioni. Tale provvedimento, a lungo discusso e dibattuto, prevede un complesso sistema normativo volto ad introdurre nell’ordinamento italiano, da un lato, il c.d. “reddito di cittadinanza”, e, dall’altro, previsioni volte a riformare il sistema di accesso alla pensione introducendo la c.d. “quota 100”, nonché talune ulteriori previsioni in materia di sistema di governance di INPS ed INAIL, della c.d. “opzione donna”, di APE sociale, riscatto di periodi di assenza contributiva (“pace contributiva”), età anagrafica di accesso alla pensione dei “lavoratori precoci”, ecc.

In allegato il testo del decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri.

Decreto legge recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”

Quanto alla prima delle due principali misure disciplinate dal decreto legge in commento, viene introdotto un complesso sistema di regole per la concessione di un sussidio statale, denominato – appunto – “reddito di cittadinanza”, il cui importo annuale massimo viene fissato nella misura di Euro 9.360, erogabile per un periodo massimo di 18 mesi. La determinazione dell’importo massimo annuale da erogarsi in favore di ciascun beneficiario (o nucleo familiare), è rimessa ad un complesso sistema di limitazioni, che tiene conto del reddito familiare, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare. In particolare, per accedere al reddito di cittadinanza bisogna essere cittadini italiani (o europei) o stranieri residenti nel Paese da almeno 10 anni di cui gli ultimi due in modo continuativo. I beneficiari devono avere un Isee inferiore a Euro 9.360 annui oppure, se non si possiedono immobili e liquidità, un reddito familiare inferiore ai 6.000 euro, pari a 500 euro al mese. Oltre ad altri requisiti su immobili di proprietà e patrimonio mobiliare, nessun membro del nucleo familiare deve possedere un’auto immatricolata nei sei mesi precedenti di oltre 1600cc di cilindrata (250cc per le moto), né una barca.

Ad ogni modo, l’erogazione del beneficio è subordinata alla sottoscrizione, da parte di ciascun membro maggiorenne del nucleo familiare richiedente, non già occupato e non frequentante alcun corso di studi, della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro nonché all’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che può prevedere attività al servizio della comunità (che ricorda il vecchio istituto del lavoro socialmente utile), di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale.

In via di estrema sintesi, il beneficiario del reddito di cittadinanza è vincolato al rispetto dei programmi di formazione e riqualificazione previsti dal suddetto piano, nonché allo svolgimento un numero minimo di otto ore settimanali di lavoro in favore di progetti utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, istituiti dal e presso il Comune di residenza.

Viene poi sancita – inter alia – la perdita di ogni beneficio in caso di mancata accettazione di tre proposte di lavoro (o, anche solo di una, se ricevuta dopo 12 mesi di fruizione del beneficio) ritenute “congrue” in base ai criteri determinati ai sensi dell’articolo 25 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, nonché dall’art. 4, comma 9 del medesimo decreto legge in commento, ovvero in basi a criteri di vicinanza del luogo di lavoro rispetto all’abitazione del beneficiario ed alla composizione del nucleo familiare. Proprio sul significato da attribuire al termine “congruo”, ancor prima che fosse approvato il decreto, si è scatenata la critica dei primi detrattori della norma visto che il termine stesso presta il fianco a una sconfinata discrezionalità interpretativa.

Da ultimo, occorre segnalare la presenza di un sistema di incentivazione alle assunzioni dei percettori dei beneficiari del reddito di cittadinanza da parte di datori di lavoro privati, che potranno ricevere – sotto forma di sgravio contributivo – un importo pari sino alla differenza tra 18 mensilità di reddito di cittadinanza e quello già goduto dal beneficiario stesso sino al momento dell’assunzione, nel caso in cui il beneficiario non viene licenziato, nei primi 24 mesi, senza giusta causa o giustificato motivo. Tale importo, viene aumentato di una mensilità nel caso di assunzione di donne o di lavoratori svantaggiati e dimezzato nel caso in cui l’assunzione avvenga per il tramite dei soggetti privati accreditati presso l’ANPAL ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo n. 150 del 2015 (principalmente, agenzie per il lavoro), soggetti che usufruiranno dell’altra metà dell’incentivo, sempre sotto forma di sgravio contributivo.

Per quanto concerne, invece, il secondo provvedimento principale, ovvero la riforma del sistema di accesso alle pensioni (la c.d. “quota 100”), viene sancita la possibilità, per i dipendenti privati e pubblici con un’età anagrafica di almeno 62 anni ed un’anzianità contributiva di almeno 38 anni, di accedere ad un pensionamento anticipato, senza dunque attendere la maturazione dei requisiti pensionistici, calcolati secondo il regime “ordinario”, introdotto dalla c.d. “Riforma Fornero” del 2011 (D.L. 201/2011 convertito, con modificazioni, in legge 22 dicembre 2011, n. 214). Tale possibilità viene concessa per un periodo sperimentale di tre anni, dal 2019 al 2021. I dipendenti privati che hanno maturato i summenzionati requisiti per accedere alla c.d. “quota 100” prima del 31 dicembre 2018, vi potranno accedere a partire dal 1° aprile 2019, mentre coloro che sono entrati o entreranno in possesso di tali requisiti dopo 1° gennaio 2019, potranno accedervi dopo 3 mesi da tale maturazione. Specifiche regole sono previste per i dipendenti pubblici che, a differenza dei privati, potranno accedere alla “quota 100” dal 1° luglio 2019 se hanno maturato i requisiti prima del 31 dicembre 2018, nonché 6 mesi dopo la maturazione dei requisiti posteriore al 1° gennaio 2019.

Occorre non dimenticare che la norma prevede specifica clausole di salvaguardia volte ad un continuo monitoraggio della spesa pubblica per l’erogazione di questi nuovi (e costosi) istituti con la conseguenza che, in caso di «scostamento, anche prospettico» dalle previsioni di spesa, non si esclude la sospensione immediata dell’erogazione ed entro un mese la «rimodulazione dell’ammontare del beneficio».

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