18/10/2019 – Segretario comunale/Responsabile dell’Area contabile – risarcimento in favore del Comune – illecito affidamento di n. 5 incarichi di assistenza all’Ufficio di Ragioneria all’ex-Ragioniere e Responsabile dei servizi finanziari e tributi

Segretario comunale/Responsabile dell’Area contabile – risarcimento in favore del Comune – illecito affidamento di n. 5 incarichi di assistenza all’Ufficio di Ragioneria all’ex-Ragioniere e Responsabile dei servizi finanziari e tributi dello stesso Ente
 
216/2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dai magistrati:
Agostino CHIAPPINIELLO Presidente
Pina Maria Adriana LA CAVA Consigliere
Enrico TORRI Consigliere
Rossella CASSANETI Consigliere relatore
Giuseppina MIGNEMI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio in appello in materia di responsabilità, iscritto al n. 52621 del Registro di Segreteria, proposto dal Procuratore Regionale per il Molise contro:
1- Fausto TOSTO, nato il 17/2/1962 a Colletorto (CB) ed ivi residente alla Via Mastrofilippo n. 10;
2- Clementina TOLO, nata il 14/7/1953 a San Giuliano di Puglia (CB) ed ivi residente al Corso Vittorio Emanuele III;
3- Carlo DE SIMONE, nato il 17/2/1962 a Larino (CB) e residente in Colletorto (CB) alla Contrada Vicenne s.n.c.;
tutti rappresentati e difesi dagli Avvocati Margherita Zezza e Giuseppe Ruta (PEC: rutaeassociati@pec.it) e tutti elettivamente domiciliati presso il loro studio in Campobasso al Corso Vittorio Emanuele n. 23;
AVVERSO la sentenza la decisione della Sezione giurisdizionale per la Regione Molise n. 46/2016 depositata il 10/11/2016, non notificata;
VISTO l’atto d’appello;
VISTI tutti gli altri atti e documenti di causa;
UDITI, all’udienza del 11 luglio 2019, con l’assistenza del segretario dott.ssa Maria Rita Dina Cerroni, il relatore cons. Rossella Cassaneti, l’Avvocato Giuseppe Ruta, nonché per la Procura Generale il V.P.G. Sabrina D’Alesio;
FATTO
Il Procuratore Regionale per il Molise ha proposto appello avverso la decisione della Sezione giurisdizionale per la Regione Molise n. 46/2016, depositata il 10/11/2016, con cui è stata rigettata la domanda del ridetto requirente, depositata il 28/8/2014, intesa ad ottenere pronuncia di condanna dei signori Clementina TOLO (Segretario comunale e Responsabile dell’Area contabile), Fausto TOSTO e Carlo DE SIMONE (Sindaci, succedutisi nell’arco temporale che ha registrato gli accadimenti narrati nell’atto di citazione), del Comune di Colletorto (CB), al risarcimento in favore del medesimo Comune delle somme di € 18.450,00 Clementina TOLO, di € 1.550,00 Fausto TOSTO ed € 500,00 Carlo DE SIMONE (oltre oneri accessori e spese del giudizio); ciò, relazione ad una ipotesi di danno patrimoniale dagli stessi cagionato alle finanze del Comune di Colletorto (CB) per effetto dell’illecito affidamento di n. 5 incarichi di assistenza all’Ufficio di Ragioneria all’ex-Ragioniere e Responsabile dei servizi finanziari e tributi dello stesso Ente, Rag. Teodorino Di Rosa, collocato a riposo, a domanda, il 1/1/2011. Gli incarichi de quibus venivano conferiti a decorrere dal 1/3/2011 e poi reiterati negli anni 2011-2014, in esecuzione di specifiche deliberazioni giuntali, le prime quattro adottate su proposta dell’ex-Sindaco Fausto TOSTO e l’ultima approvata su proposta del successore di questi Carlo DE SIMONE, tutte con pareri favorevoli di regolarità tecnica e contabile rilasciati dal Segretario comunale Clementina TOLO ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 267/2000 e tutte portate a esecuzione con determinazioni della medesima TOLO quale responsabile del Servizio Economico-Finanziario-Contabile.
La Procura attrice desumeva l’illiceità dei ridetti incarichi, conferiti reiteratamente per cinque volte con attribuzione ed erogazione dei relativi compensi complessivamente pari all’importo di € 20.500,00, dall’assenza dei presupposti legittimanti, ovvero dalla violazione: dell’art. 7 d.lgs. n. 165/2001, ed in particolare del comma 6-bis della norma richiamata (per essere stato l’incarico in rassegna reiterato per quattro annualità senza che mai vi sia stato alcun previo espletamento di “procedura comparativa”) e del comma 6-ter (che impone agli enti locali l’adeguamento dei propri regolamenti ai principi secondo cui il ricorso a “collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità” è consentito esclusivamente “per obiettivi determinati e con convenzioni a termine” e non certo quando comporti trasformazione in collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie); dell’art. 25, comma 1, L. 724/1994, disciplinante il divieto di conferimento di incarichi a favore di personale collocato a riposo, divieto ribadito dall’art. 5, comma 9, D.L. n. 95/2012 (convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, L. n. 135/2012). Nell’atto introduttivo del giudizio si provvedeva, altresì, a delineare i profili del nesso eziologico e dell’elemento soggettivo della colpa grave, ritenuti configurabili a carico dei soggetti ritenuti di quanto sopra responsabili, odierni appellati.
Con la gravata decisione la domanda risarcitoria dianzi descritta è stata respinta a motivo del fatto di aver desunto dalla circostanza che “comunque il Comune ha beneficiato delle prestazioni rese dal Rag. Teodorino Di Rosa in esecuzione degli incarichi di prestazione occasionale di assistenza all’Ufficio di Ragioneria conferiti con le delibere adottate” dagli odierni appellati, la constatazione della “mancanza dell’elemento oggettivo di un danno patrimoniale certo, concreto, ed economicamente valutabile per le finanze del Comune di Colletorto (CB)”, reputando altresì tale insussistenza come “assorbente di ogni ulteriore considerazione in ordine all’accertamento degli altri elementi -nesso di causalità ed elemento soggettivo- richiesti dalla legge ai fini della sussistenza della responsabilità amministrativa” degli odierni appellati.
La P.R. molisana ha impugnato la sentenza n. 46/2016 indicando quale unico motivo di gravame l’“Erroneità della sentenza impugnata per difetto e/o insufficiente motivazione, contraddittorietà, illogicità, travisamento e/o sviamento dei fatti, errori del giudice di fatto e di diritto”, facendo confluire in tale unico motivo le doglianze ad essa indirizzate, sintetizzabili come segue: 1- i cinque suddetti incarichi continuativamente reiterati a favore dell’ex Ragioniere comunale Teodorino Di Rosa si pongono in palese contrasto -nonostante il riferimento all’istituto delle “prestazioni occasionali” di cui all’art. 61, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003, peraltro contenuto soltanto in tre delle cinque delibere di conferimento- con la disciplina degli incarichi esterni contenuta nel d.lgs. n. 165/2001, ed in particolare con i principi, di generale applicabilità alle amministrazioni pubbliche, contenuti nei commi 6, 6-bis e 6-ter dell’art. 7; 2- gli incarichi in rassegna si presentano, altresì, violativi del divieto di conferimento di incarichi a favore di personale collocato a riposo, contenuto nell’art. 25, comma 1, L. 724/1994, e ribadito dall’art. 5, comma 9, D.L. n. 95/2012 (convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, L. n. 135/2012); 3- posta la sussistenza del nesso di causalità tra l’illecito esborso che dai ridetti incarichi è derivato a carico del Comune di Colletorto e le condotte degli odierni appellati nonché la connotazione delle medesime condotte in termini di grave colposità in ragione delle considerazioni già svolte in proposito nell’atto di citazione -che vengono reiterate nell’interposto gravame- la decisione impugnata si pone in sorprendente contrasto con la giurisprudenza contabile -alla quale del resto, la stessa Sezione Giurisdizionale molisana si era precedentemente allineata- e costituzionale, laddove non ha fatto applicazione del principio secondo cui il giudicato sulla responsabilità amministrativa dei dipendenti pubblici deve avere come parametro di riferimento la corrispondenza dell’agire amministrativo ai dettami stabiliti dal legislatore, in questo caso desumibili da ben due, chiari ed inquivocabili, agganci normativi (attribuibilità di incarichi a soggetti esterni all’Ente soltanto in presenza di una serie di presupposti e requisiti chiaramente individuati e divieto di conferimento degli incarichi medesimi a personale in quiescenza del medesimo Ente conferente).
L’atto di appello così conclude:
“Tanto posto, appare evidente come la sentenza in rassegna debba essere riformata poiché postasi in assoluta dissonanza, senza alcuna valida motivazione ed in difetto di elementi di contrario segno che avrebbero potuto indurre ad una diversa decisione, rispetto all’orientamento ormai pacifico del giudice contabile.
Superato quindi l’ostacolo frapposto alla ritenuta assenza di danno, l’atto di citazione, da intendersi quivi interamente richiamato e confermato, deve essere integralmente accolto, avendo esso esplicitamente e minuziosamente dato conto di tutti gli elementi richiesti per l’integrazione della responsabilità amministrativa in capo a ciascuno degli odierni appellati.
Alla stregua delle considerazioni sopraesposte, la sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata, con conseguente pieno accoglimento dell’atto di citazione”, con condanna degli odierni appellati al pagamento, in favore del Comune di Colletorto (CB), della somma complessiva di € 20.500,00 oltre a rivalutazione, interessi legali e spese del giudizio, da ripartirsi tra gli appellati come indicato nell’atto di citazione.
Clementina TOLO, Fausto TOSTO e Carlo DE SIMONE -che si sono costituiti in giudizio con il patrocinio degli avvocati Margherita Zezza e Giuseppe Ruta- hanno chiesto il rigetto dell’atto d’appello, “accertando l’assenza di qualsivoglia responsabilità amministrativa e/o comunque di qualsivoglia colpa grave in capo alla dott.ssa Tolo ed ai sindaci De Simone e Tosto, relativamente ai fatti contestatigli e/o provvedere, in subordine, ad una riduzione equitativa delle somme addebitate, con ogni conseguenza di legge”. A tal fine, hanno sostenuto che non vi è stato, nel caso di specie, alcun danno patrimoniale per le finanze del Comune di Colletorto (CB), dovendosi tenere conto del fatto che le prestazioni sono state comunque rese, sulla base di attribuzioni di incarichi esponenti sia i richiami normativi che i presupposti giustificativi del conferimento (dettagliatamente descritti nella memoria di costituzione), e dovendosi, conseguentemente, considerare il vantaggio comunque conseguito dall’Ente per effetto delle prestazioni rese dal Rag. Teodorino Di Rosa in esecuzione degli incarichi di prestazione occasionale di assistenza all’Ufficio di Ragioneria attribuiti con le delibere di conferimento. Sostengono altresì gli appellati, la non ricorrenza dell’elemento soggettivo della colpa grave, in quanto gli atti da cui sarebbe derivato il danno di cui alla richiesta risarcitoria attorea sono stati adottati in una situazione oggettivamente emergenziale e di effettivo bisogno per l’ente locale. In via pregiudiziale, hanno eccepito l’inammissibilità dell’azione per mancata vocatio in ius dei litisconsorti, ovvero degli altri componenti della compagine giuntale che ha approvato le delibere di conferimento.
Alla pubblica udienza odierna il V.P.G. Sabrina D’Alesio ha chiesto l’accoglimento dell’appello, evidenziando l’erroneità delle conclusioni raggiunte dalla sentenza impugnata laddove certifica l’elisione del pregiudizio derivante dall’attribuzione degli incarichi al Reg. Di Rosa, ad opera dell’effettivo svolgimento degli incarichi stessi, poiché tale effetto non è in alcun modo da riconoscere come rilevante; riguardo la mancata vocatio in ius di altri soggetti compartecipi alla determinazione del danno, ha sottolineato che da ciò non deriva certamente l’inammissibilità dell’atto di citazione, ma può rappresentare motivo di considerazione di tali apporti in sede di esatta definizione del nesso eziologico.
L’Avvocato Giuseppe Ruta, richiamate brevemente le argomentazioni e le conclusioni versate nella memoria di costituzione, ha chiesto la conferma della decisione impugnata.
DIRITTO
A. In via pregiudiziale, il Collegio deve esaminare l’eccezione d’inammissibilità dell’azione per mancata vocatio in ius dei litisconsorti, ovvero degli altri componenti della compagine giuntale che ha approvato le delibere di conferimento; eccezione che gli appellati hanno qui riproposto, versandola in memoria di costituzione anziché in appello incidentale.
Su tale eccezione la Sezione territoriale ha ritenuto di non pronunciarsi affatto, presumibilmente -poiché nella parte motiva dell’impugnata decisione non viene spesa sul punto alcuna considerazione- aderendo all’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui, in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida”, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., deve ritenersi consentito al giudice di esaminare un motivo suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione antecedente secondo l’ordine logico-giuridico (cfr. ex plurimis: C. Cass., SS.UU., sent. n. 9936/2014, n. 23542/2015 e n. 5804/2017); ovvero, considerando l’esame dell’eccezione de qua assorbito, per ragioni di economia processuale, nell’esame della dirimente questione di merito. Il principio della “ragione più liquida”, infatti, consente al Giudice di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione -anche se logicamente subordinata- senza che sia necessario esaminare previamente le altre. Ciò in quanto, l’esame di tutte le questioni rischierebbe di andare a discapito dell’interesse sia del “danneggiato” che dell’asserito “responsabile”. Tale finalità, direttamente desumibile dall’art. 111 Cost., va tuttavia auspicabilmente contemperata con gli specifici tratti distintivi del giudizio amministrativo-contabile, da un lato caratterizzato da intrinseca celerità per il fatto di essere -per sua stessa natura- eminentemente documentale e, dall’altro lato, finalizzato alla riparazione di un nocumento patrimoniale pubblico che -ove ritenuto non risarcibile per mancanza di alcuno degli elementi caratterizzanti l’illecito amministrativo/contabile- potrebbe finanche rappresentare l’effetto indiretto -in relazione alla rifusione ex art. 31, 2° comma, C.G.C. delle spese sostenute dall’incolpato per onorari e diritti- di un proscioglimento nel merito che la soluzione -in senso favorevole al medesimo incolpato- di una questione di rito avrebbe potuto precludere.
Ciò posto, e riguardo all’eccezione pregiudiziale di rito sollevata dagli appellati ai fini del giudizio di primo grado, il Collegio ritiene che la sua riproposizione richieda, nel caso di specie, che essa venga riversata in atto d’appello incidentale, non restando a tal fine sufficiente richiamarla in memoria di costituzione e difensiva, come fatto dagli odierni appellati. Ciò in quanto, è accaduto che il giudice di primo grado, nel pronunciare nel merito e così rigettando la domanda della P.R. laziale, ha omesso di decidere sull’eccezione di rito proposta dagli allora convenuti (oggi appellati), nel senso che se ne è disinteressato completamente. “In tal caso il giudice non solo ha violato l’art. 276 cod. proc. civ., ma il suo disinteresse, a differenza di quello su un’eccezione di merito, non si presta affatto solo ad una valutazione astratta di infondatezza dell’eccezione ma senza alcuna possibilità di considerarla come effettiva, potendo, come s’è detto, il giudice solo avere scelto la soluzione più liquida. In questo caso, poiché l’eccezione di rito doveva esaminarsi prima del merito e ne condizionava l’esame, il silenzio del giudice si risolve però -ancorché la sua opinione sull’eccezione di rito non sia stata manifestata e possa in ipotesi essere espressione di scelta della soluzione più liquida – in un error in procedendo, cioè nell’inosservanza della regola per cui il merito si sarebbe potuto esaminare solo per il caso di infondatezza dell’eccezione di rito.
La violazione di tale regola, in quanto ha inciso sulla decisione, esige allora una reazione con l’appello incidentale e non la riproposizione dell’eccezione di rito, perché è necessario che essa venga espressa con un’attività di critica del modus procedendi del giudice di primo grado, che necessariamente avrebbe dovuto esaminare l’eccezione di rito […]” (SS.UU. Civ., C. Cass., sent. n. 1799/2017).
Per tal motivo, l’eccezione in rassegna, in quanto oggetto di mera riproposizione e non di doglianza versata in atto d’appello incidentale, risulta inammissibile.
B. La fattispecie dedotta in giudizio riguarda un’ipotesi di danno patrimoniale -che la P.R. molisana assume cagionato dagli odierni appellati- alle finanze del Comune di Colletorto (CB), per effetto dell’illecito affidamento di n. 5 incarichi di assistenza all’Ufficio di Ragioneria all’ex-Ragioniere e Responsabile dei servizi finanziari e tributi dello stesso Ente, Rag. Teodorino Di Rosa, collocato a riposo, a domanda, il 1/1/2011; incarichi conferiti a decorrere dal 1/3/2011 e poi reiterati negli anni 2011-2014, in esecuzione di specifiche deliberazioni giuntali, le prime quattro adottate su proposta dell’ex-Sindaco Fausto TOSTO e l’ultima approvata su proposta del successore di questi Carlo DE SIMONE, tutte con pareri favorevoli di regolarità tecnica e contabile rilasciati dal Segretario comunale Clementina TOLO ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 267/2000. L’attribuzione dei ridetti incarichi è stata reputata dalla Sezione territoriale -come anticipato nella premessa in fatto- non integrativa di illecito amministrativo-contabile, in quanto si è ritenuto mancante l’elemento oggettivo di un danno patrimoniale certo, concreto, ed economicamente valutabile per le finanze del Comune di Colletorto (CB), con conseguente non configurabilità della ipotizzata responsabilità amministrativa nei confronti degli odierni convenuti in relazione ai fatti ad essi contestati dalla Procura attrice con l’atto di citazione.
C. La P.R. molisana ha indicato quale unico motivo di gravame l’“Erroneità della sentenza impugnata per difetto e/o insufficiente motivazione, contraddittorietà, illogicità, travisamento e/o sviamento dei fatti, errori del giudice di fatto e di diritto”, facendo confluire in tale unico motivo le doglianze ad essa indirizzate, sintetizzabili come segue.
1- I cinque suddetti incarichi continuativamente reiterati a favore dell’ex Ragioniere comunale Teodorino Di Rosa si pongono in palese contrasto -nonostante il riferimento all’istituto delle “prestazioni occasionali” di cui all’art. 61, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003, peraltro contenuto soltanto in tre delle cinque delibere di conferimento- con la disciplina degli incarichi esterni contenuta nel d.lgs. n. 165/2001, ed in particolare con i principi, di generale applicabilità alle amministrazioni pubbliche, contenuti nei commi 6, 6-bis e 6-ter dell’art. 7 del medesimo TUPI, per essere stati reiterati per cinque volte e per quattro annualità senza che mai vi sia stato alcun previo espletamento di procedura comparativa, nonché per aver travalicato i limiti della predeterminazione degli obiettivi, della rispondenza ad esigenze non fronteggiabili con personale di servizio e della destinazione allo svolgimento di attività non ordinarie.
2- Gli incarichi in rassegna si presentano, altresì, violativi del divieto di conferimento di incarichi a favore di personale collocato a riposo, contenuto nell’art. 25, comma 1, L. 724/1994, e ribadito dall’art. 5, comma 9, D.L. n. 95/2012 (convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, L. n. 135/2012), con la finalità di garantire la piena ed effettiva trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa.
3- Posta la sussistenza del nesso di causalità tra l’illecito esborso che dai ridetti incarichi è derivato a carico del Comune di Colletorto e le condotte degli odierni appellati nonché la connotazione delle medesime condotte in termini di grave colposità in ragione delle considerazioni già dettagliatamente svolte in proposito nell’atto di citazione -che vengono reiterate nell’interposto gravame- la decisione impugnata si pone in sorprendente contrasto con la giurisprudenza contabile -alla quale del resto, la stessa Sezione Giurisdizionale molisana si era precedentemente allineata con le sentenze n. 77/2012 e 53/2016, entrambe oggetto di ampio richiamo testuale nell’atto d’appello- e costituzionale, laddove non ha fatto applicazione del principio secondo cui il giudicato sulla responsabilità amministrativa dei dipendenti pubblici deve avere come parametro di riferimento la corrispondenza dell’agire amministrativo ai dettami stabiliti dal legislatore, in questo caso desumibili da ben due, chiari ed inequivocabili, agganci normativi (attribuibilità di incarichi a soggetti esterni all’Ente soltanto in presenza di una serie di presupposti e requisiti chiaramente individuati e divieto di conferimento degli incarichi medesimi a personale in quiescenza del medesimo Ente conferente).
Richiamata altresì -a sostegno- la delibera n. 148/2017/PAR della Sezione regionale di controllo per la Lombardia, la Procura appellante ha concluso chiedendo, in integrale riforma della gravata decisione, il pieno accoglimento dell’atto di citazione, in cui si era chiesta la condanna degli odierni appellati al risarcimento, in favore del Comune di Colletorto (CB), della somma complessiva di € 20.500,00 oltre a rivalutazione, interessi legali e spese del giudizio, da ripartirsi come segue: quanto all’importo di € 15.500,00, per il 10% (€ 1.550,00) a Fausto TOSTO e per il 90% (€ 13.950,50) a Clementina TOLO, in relazione alle delibere giuntali n. 18/2011, n. 101/2011, n. 48/2012 e n. 11/2013, rispetto alle quali il primo è stato proponente e la seconda autrice del parere di regolarità contabile (nonché segretario comunale); quanto all’importo di € 5.000,00, per il 10% (€ 500,00) a Carlo DE SIMONE e per il 90% (€ 4.500,00) a Clementina TOLO, in relazione alla delibera giuntale n. 8/2014, rispetto alla quale la TOLO ha avuto il medesimo ruolo suindicato e DE SIMONE quello di proponente.
D. L’appello è fondato e meritevole di accoglimento, nei termini e nei limiti di cui oltre si dirà, analizzando gli elementi costitutivi dell’illecito amministrativo-contabile rilevato nell’atto di citazione e riproposto, con censura delle statuizioni contenute nella gravata decisione, nell’atto d’appello.
D.1. Riguardo l’elemento oggettivo del pregiudizio erariale, vanno svolte le considerazioni che seguono.
In atti risulta che all’ex-Ragioniere e Responsabile del Servizio Finanziario e Tributi del Comune di Colletorto, Rag. Teodorino Di Rosa, collocato a riposo il 1/1/2011, sin dal 1/3/2011, sono stati conferiti, reiteratamente negli anni 2011-2014, n. 5 incarichi di assistenza all’Ufficio di Ragioneria, in esecuzione delle seguenti deliberazioni giuntali (le prime quattro adottate su proposta dell’ex sindaco Fausto TOSTO e l’ultima adottata su proposta del suo successore Carlo DE SIMONE), tutte con pareri favorevoli di regolarità tecnica e contabile rilasciati dal segretario comunale Clementina TOLO ai sensi dell’art. 49 d.lgs. n. 267/2000 e tutte portate a esecuzione con determinazioni del medesimo Segretario comunale quale Responsabile del Servizio Economico-Finanziario-Contabile:
· deliberazioni n. 18 del 1/3/2011 e n. 101 del 17/10/2011, di affidamento del servizio di assistenza all’Ufficio di Ragioneria per l’anno 2011, per un compenso annuo lordo onnicomprensivo di € 5.500,00, liquidato con determinazioni del Responsabile Area Contabile dott.ssa Clementina TOLO n. 18/2011 e n. 36/2011, dietro presentazione di apposite fatture da parte del titolare dell’incarico;
· deliberazione n. 48 del 30/5/2012 di affidamento del servizio di assistenza all’Ufficio di Ragioneria per l’anno 2012; per un compenso annuo lordo omnicomprensivo di € 5.000,00, ai sensi dell’art. 61, comma 2, d.lgs. 276/2003, importo liquidato con determinazione del Responsabile Area Contabile dott.ssa Clementina TOLO n. 34 del 6/12/2012 per l’anno 2012, su apposita notula del titolare dell’incarico;
· deliberazione n. 11 del 22/1/2013 di dell’incarico di prestazione occasionale di assistenza all’Ufficio di Ragioneria per l’anno 2013, per un compenso annuo lordo omnicomprensivo di € 5.000,00, ai sensi dell’art. 61, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, importo liquidato con determinazioni del Responsabile Area Contabile dott.ssa Clementina TOLO n. 23/2013 e n. 41/2013, su apposite notule del titolare dell’incarico;
· deliberazione n. 8 del 29/1/2014 di affidamento dell’incarico di prestazione occasionale di assistenza all’Ufficio di Ragioneria per l’anno 2014, per un compenso annuo lordo omnicomprensivo di € 5.000,00 ai sensi dell’art. 61, comma 2, d.lgs. n. 276/2003.
Quali ragioni del conferimento dei ridetti incarichi all’ex-Ragioniere comunale, la dott.ssa Clementina TOLO indicava la riduzione negli anni dell’organico dell’Ente di circa il 50% e la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili, tali da non consentire di procedere ad assunzioni di personale nemmeno a tempo determinato e/o part time e, nonché l’affidamento a lei stessa, che svolgeva la sua attività in convenzione con altro Comune, della responsabilità del Servizio Economico-Finanziario comunale (deliberazione G.C. n. 5 del 18/1/2011). In proposito nella deliberazione giuntale. n. 18 del 1/3/2011 si legge: “[…] il segretario comunale, pur con esperienza ultra ventennale, e le due unità di personale, operanti da diverso tempo nell’ufficio di Ragioneria, hanno, comunque bisogno di avere un affiancamento, per almeno sei mesi, da parte di un professionista che abbia esperienze di responsabilità del Servizio finanziario dell’Ente locale per l’espletamento di alcune attività istituzionali, quali la redazione del bilancio di previsione annuale e pluriennale, del conto consuntivo e relativi certificati, registrazione fatture, gestione IVA, modello 770 e relative trasmissioni, consulenza in materia pensionistico-previdenziale comprensivo della elaborazione dei diversi modelli previsti dalla normativa o richiesti dagli enti previdenziali e assistenziali; […] quanto sopra esposto si rende necessario ed indispensabile al fine di […] garantire la correttezza degli adempimenti fiscali e contabili in presenza di normativa complessa ed in continua evoluzione”. Rappresentava altresì la Giunta, dando anche atto che era stata esperita senza successo ogni utile iniziativa atta a reperire personale anche di altra Amministrazione, “l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane dell’Ente, in quanto il personale in servizio non è in grado di procedere all’espletamento delle predette attività e l’assistenza deve necessariamente essere fornita da soggetti abilitati alla professione di ragioniere e che tale professionalità non è oggi presente nell’Ente. E’ richiesto, inoltre, ai fini della coerenza con le esigenze di funzionalità dell’Amministrazione, che l’incarico sia attribuito a professionista che ha ricoperto o ricopre presso Enti locali l’incarico di Responsabile del Settore Finanziario e che abbia buona conoscenza e notevole padronanza dei programmi di contabilità, gestione del personale, IVA mod. 770 della HALLEY”. Deliberava quindi di affidare al sig. Teodorino Di Rosa -per un periodo di mesi sei (1° marzo/31 agosto 2011) per un giorno a settimana o più se necessario, per una somma complessiva di € 4.000,00 omnicomprensivi, da erogarsi mensilmente a seguito di presentazione di regolare fattura- il servizio di assistenza all’Ufficio Ragioneria del Comune, essendo egli “in possesso dei requisiti professionali e delle competenze e conoscenze specialistiche per essere di ausilio nello svolgimento delle seguenti attività: attività complementari alla redazione del bilancio preventivo; registrazione fatture, gestione IVA, modello 770; adempimenti contributivi e previdenziali in materia di personale; adempimenti riguardanti la trasmissione dati e notizie in materia di personale ad altre amministrazioni pubbliche; altre attività correlate”.
Identiche motivazioni venivano reiterate nella deliberazione n. 101 del 17/10/2011, nella quale, richiamando l’incarico conferito al rag. Teodorino Di Rosa con la deliberazione n. 18/2011 di cui sopra si è detto, si affermava che vi erano “ancora numerosi adempimenti e scadenze per il periodo novembre/dicembre 2011, di natura contabile, complessi, per i quali si rende ancora necessario ed urgente dare un supporto all’ufficio ragioneria e segreteria”, di modo che si reiterava l’affidamento per il periodo novembre/dicembre 2011 del servizio di assistenza all’Ufficio Ragioneria al suindicato soggetto in relazione alle medesime attività già affidategli con la precedente delibera di G.C. n. 18/2011. Ciò per un “compenso lordo di € 1.500,00 omnicomprensivi, con l’obbligo di accesso alla sede per almeno un giorno a settimana o più se all’occorrenza”.
Reiterando le motivazioni rese a sostegno della delibera n. 101/2011 nonché richiamando il regolamento comunale per l’affidamento di incarichi esterni di collaborazione, di studio, di ricerca e di consulenza che era stato approvato con delibera giuntale n. 15 del 20/2/2012, la Giunta comunale, con deliberazione n. 48 del 30/5/2012, rinnovava per il 2012 l’incarico al rag. Teodorino Di Rosa ad assistere l’Ente nei medesimi adempimenti già affidatigli con le precedenti deliberazioni, con l’obbligo di accesso alla sede per almeno (nonché per un numero massimo, stante l’espressa previsione in tal senso contenuta nell’art. 61, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, di 30 giorni nell’arco dell’anno 2012), per una somma complessiva di € 5.000,00, onnicomprensivi. Reputava la Giunta “opportuno e necessario avvalersi della consulenza specialistica atta a garantire il menzionato supporto al Segretario comunale e all’Ufficio Ragioneria, tenendo conto tra l’altro che l’applicazione della normativa inerente la materia giuscontabile richiede sempre più puntuale verifica e controllo al fine del buon andamento e funzionamento della pubblica amministrazione. Inoltre, i procedimenti burocratici sono resi sempre più complessi da una normativa in continua evoluzione e non sempre di facile applicazione”. Inquadrava la Giunta la consulenza specialistica nuovamente affidata al rag. Teodorino Di Rosa nell’art. 61, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 e, segnatamente, nell’istituto delle “prestazioni occasionali”, di durata complessivamente non superiore ai 30 giorni nel corso dell’anno solare e per compensi non superiori a € 5.000,00 (dunque esulanti dall’ambito di applicazione dell’ IVA ai sensi dell’art. 5 DPR n. 633/1972), nonché nell’istituto del “contratto d’opera” previsto dall’art. 2222 c.c. (ovvero quello per cui “una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”). Con ulteriore deliberazione giuntale n. 11/2013 la Giunta comunale reiterava le motivazioni e i contenuti della precitata delibera n. 15/2012, rinnovando ancora una volta l’affidamento dell’incarico di assistenza dell’Ufficio Ragioneria al rag. Teodorino Di Rosa anche per l’anno 2013, per i medesimi compiti e compensi stabiliti per l’anno precedente. Infine, anche la nuova Giunta comunale, con delibera n. 8/2014, reiterava l’affidamento per l’anno 2014, con motivazioni e contenuti identici rispetto alle precedenti delibere, sopra richiamate e descritte.
Così ricostruito il contenuto degli atti che hanno caratterizzato lo svolgimento della vicenda oggetto di giudizio -ricostruzione non eseguita con la sentenza di primo grado- la questione che viene in rilievo, in primo luogo, è quella dell’attitudine del conferimento di un incarico a professionisti esterni (art. 7, commi 6 e segg., d.lgs. 165/2001), che si assume essere stato eseguito in violazione degli stringenti vincoli imposti dalla disciplina di settore, a generare un danno erariale per l’Amministrazione conferente.
Non è revocabile in dubbio, nel solco di un orientamento giurisprudenziale pressoché pacifico (cfr., ex multis, Sez. Giur. Calabria n. 480/2015, Sez. Giur. Lombardia n. 88/2017, Sez. Giur. Piemonte n. 44/2018), che si conferma, che i profili di illegittimità degli atti costituiscono un sintomo della dannosità per l’erario delle condotte che all’adozione di quegli atti abbiano concorso.
“In altri termini, la non conformità dell’azione amministrativa alle prescrizioni che ne regolano lo svolgimento non genera, di per sé, una responsabilità amministrativa in capo all’agente, ma certamente può assurgere a elemento rilevante a tale scopo solo allorché quegli atti si risolvano in una manifestazione di una condotta almeno gravemente colposa, foriera di un nocumento economico per l’Amministrazione.
Tali principi, espressione di una condivisibile metodologia di indagine, tuttavia, non possono essere invocati prescindendo dalle peculiari connotazioni della disciplina dell’agire pubblico che, di volta in volta, viene in rilievo.
Si osserva infatti che qualora lo specifico contesto normativo di riferimento imponga stringenti vincoli, inequivocabilmente preordinati a preservare il pubblico erario dall’abuso di strumenti operativi (altrimenti impiegabili secondo le comuni regole), eventuali violazioni di prescrizioni procedurali vertenti su profili nevralgici della disciplina, finiscono per integrare, per ciò solo, un nocumento per il patrimonio dell’Amministrazione.
Il rispetto delle limitazioni di carattere modale al conferimento di incarichi a soggetti esterni è presupposto di legittimità della spesa sostenuta per la remunerazione dei medesimi: le lacune procedurali, rilevabili per il tramite della motivazione del provvedimento, quindi, non sono meri vizi inficianti l’azione amministrativa con rilevanza circoscritta alla sfera di legittimità del provvedimento, ma si riverberano anche sugli effetti economici prodotti da questo, rendendo, automaticamente, dannosa per l’erario la conseguente spesa.
Tale ricostruzione, certamente condivisibile è in linea con un orientamento giurisprudenziale consolidato sia in primo grado (tra le tante, Sez. Giur. Sicilia Sent. 7.1.2008, n. 185; Sez. Giur. Molise Sent. 28.2.2007, n. 50; Sez. Giur. Sicilia Sent. 21.9.2007, n. 2492), che in grado di appello (ex pluribus: Sez. I App Sent. 28.5.2008, n. 237; Sez. App. III Sent. 5.4.2006, n. 173; Sez. App. II Sent. 20.3.2006, n. 122; Sez. App. II Sent. 16.2. 2006, n. 107; Sez. App. III Sent. 6.2.2006, n. 74).
In particolare, poi, tale indirizzo ha ricevuto anche l’avallo della locale Sezione d’Appello (cfr. Sent. 1.10.2008, n. 284; Sent. 29.5.2008, n. 206 e Sent. 2.4.2008, n. 122), la quale, dopo aver evidenziato che le speciali condizioni (rispondenza dell’incarico agli obiettivi dell’ente; assenza di una apposita struttura organizzativa della P.A. ovvero carenza organica che impedisca o renda oggettivamente difficoltoso l’esercizio di una determinata funzione pubblica, da accertare per mezzo di una reale ricognizione; complessità dei problemi da risolvere che richiedono conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze del personale della P.A. o dell’ente pubblico; indicazione specifica dei contenuti e dei criteri per lo svolgimento dell’incarico; indicazione della durata dell’incarico, svolgimento da parte del consulente privato di un’attività non continuativa; proporzione fra il compenso corrisposto all’incaricato e l’utilità conseguita dall’amministrazione) che legittimano il conferimento degli incarichi di consulenza a professionisti esterni alla P.A. «devono coesistere e, soprattutto, devono essere oggettivamente sussistenti», ha affermato che «nei rapporti pubblicistici (…) si deve tenere conto dei limiti posti dal legislatore all’azione degli amministratori, soprattutto quando, come nella specie, detti limiti mirano a tutelare preminenti interessi pubblici, quali quelli che si ricollegano alle esigenze di equilibrio della finanza pubblica in un momento di grave crisi economico – finanziaria del Paese.
Pertanto, quando, come nel caso in esame, il legislatore pone agli amministratori pubblici determinati vincoli di spesa, ritenendo implicitamente non utili tutte quelle spese che non rispettino i limiti da esso posti, è sufficiente che la spesa si effettui contra legem perché si realizzi il danno»” (Sez. App. Corte conti Sicilia, n. 38/2018).
Orbene, l’art. 7, commi 6, 6-bis e 6-ter, TUPI (correttamente richiamato nell’atto di citazione e dedicato alla “Gestione delle risorse umane”), contengono le seguenti disposizioni, statuenti i principi puntualmente compendiati dalla sentenza n. 38/2018 della Sez. App. Sicilia sopra riportata:
“6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;
b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi […] ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.
Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. […]
6-bis. Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.
6-ter. I regolamenti di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si adeguano ai principi di cui al comma 6″.
Ebbene, nel caso descritto dalla P.R. Molise è dato rilevare la difformità degli atti deliberativi con cui sono stati attribuiti al rag. Teodorino Di Rosa gli incarichi di assistenza all’Ufficio Ragioneria del Comune di Colletorto (CB) nel periodo 2011/2014, rispetto a più di uno dei requisiti/presupposti stabiliti dalle prefate disposizioni. Invero, la carenza organica impeditiva o comunque ostacolante in modo rilevante, lo svolgimento dei compiti indicati dai predetti atti deliberativi, è smentita dalla circostanza che l’Ufficio di Ragioneria destinato ai ridetti compiti, aveva quale Responsabile, il segretario comunale “con esperienza ultra ventennale” e quali impiegati addetti, “due unità di personale, operanti da diverso tempo” nel medesimo Ufficio, preposto a svolgere i compiti elencati nelle delibere di affidamento in un Comune avente una popolazione che si aggira intorno ai 2.000 abitanti. La complessità dei problemi da risolvere, richiedenti conoscenze ed esperienze esorbitanti le normali competenze dell’ente pubblico interessato, pur a volerla ritenere sussistente ai fini di un primo affidamento, sarebbe poi venuta a cadere quale presupposto giustificante il secondo -ed i successivi- conferimenti dell’incarico, poiché l’assistenza fornita dal professionista esterno per un intero semestre avrebbe certo consentito agli impiegati già dipendenti del Comune di acquisire la competenza e l’esperienza a tal uopo necessarie. Ancora: lo svolgimento da parte del consulente privato di un’attività non continuativa, è rimasto violato dalla reiterazione dell’incarico per circa un quadriennio. Infine, alcuna procedura comparativa è stata attivata per il conferimento dell’incarico di collaborazione.
E non v’è dubbio, ad avviso del Collegio, che l’incarico (reiteratamente) conferito al Di Rosa dalla G.C. del Comune di Colletorto con le delibere precedentemente elencate, vada ricondotto nell’alveo dell’art. 7, commi 6, 6-bis e 6-ter, TUPI, sin qui richiamato, nonostante il fatto che, con le prime due delle ridette delibere, non si sia ritenuto di operare riferimento ad alcuna disposizione legislativa (se non genericamente al d.lgs. 267/2000, cd. TUEL), mentre con le altre tre si siano indicati quali parametri normativi di riferimento, l’art. 61, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, riguardante le “prestazioni occasionali”, e l’art. 2222 c.c. dedicato al “contratto d’opera”. Infatti, Il richiamo a queste ultime disposizioni normative rappresenta a tutta evidenza, un mero escamotage, finalizzato al raggiungimento del risultato vietato dalla legge, anche sotto l’ulteriore profilo -parimenti posto in evidenza dal requirente procedente, odierno appellante- del contrasto della collaborazione esterna in fattispecie, rispetto al divieto di attribuire siffatto incarico a soggetto già dipendente dell’Ente conferente e collocato in quiescenza meno di un anno prima dell’attribuzione de qua. Invero, il soggetto prescelto era cessato volontariamente, con decorrenza 1/1/2011, dal servizio prestato presso l’amministrazione, dove poi dal 1/3/2011 ha operato quale collaboratore esterno, dal che consegue che la nomina contestata incappa pure nel divieto sancito dall’art. 25, comma 1, della legge 724/1994 -e ribadito dall’art. 5, comma 9, D.L. n. 95/2012 (convertito in legge con modificazioni dall’art. 1, comma 1, L. n. 135/2012)- il quale dispone che “al fine di garantire la piena e effettiva trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa, al personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, che cessa volontariamente dal servizio pur non avendo il requisito previsto per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti previdenziali ma che ha tuttavia il requisito contributivo per l’ottenimento della pensione anticipata di anzianità previsto dai rispettivi ordinamenti, non possono essere conferiti incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca da parte dell’amministrazione di provenienza o di amministrazioni con le quali ha avuto rapporti di lavoro o impiego nei cinque anni precedenti a quello della cessazione dal servizio”. Dalla documentazione presente al fascicolo di causa risulta, infatti, che il dipendente prescelto per l’incarico, era stato posto in congedo, dopo aver maturato il requisito contributivo, su sua richiesta; inoltre, l’ampio tenore della norma non consente di tener fuori dal novero degli incarichi non dispensabili quello oggetto degli atti deliberativi qui esaminati.
La legge n. 724 ha la necessità di evitare che soggetti collocati anticipatamente in pensione possano essere sostanzialmente riassunti dal medesimo datore di lavoro pubblico (cfr. Sez. I Centr. d’App. n. 233/2016 e Sez. Giur. Sicilia n. 825/2018). In proposito, l’argomento utilizzato dagli appellati -secondo cui l’ex dipendente era il solo in possesso delle conoscenze e dell’esperienza necessarie per far fronte agli impegni istituzionali elencati negli atti deliberativi di attribuzione dell’incarico- non sortisce effetto, poiché non sminuisce nessuna delle superiori considerazioni; deve, anzi, osservarsi che se, all’epoca dell’adozione del provvedimento contestato, erano in servizio anche altri dipendenti addetti al medesimo servizio, non si comprende perché l’incaricato non abbia potuto trasmettere il proprio sapere a costoro prima di andare in congedo, come di regola accade nel fisiologico ricambio generazionale degli uffici.
Neppure coglie nel segno la memoria difensiva, laddove evidenzia che “con circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in risposta all’interpello n. 44 dell’11 novembre 2011 avanzato da parte di ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), è stato chiarito che gli ex dipendenti, collocati a riposo con pensione di anzianità da meno di 5 anni, possono essere adibiti a svolgere lavoro occasionale accessorio. In particolare, è stato precisato che il lavoro accessorio –in quanto caratterizzato da occasionalità e limiti di compenso– non sembra rientrare nelle limitazioni previste dall’art. 25, comma1, Legge n. 724/1994”.
Va invero osservato, sul punto, che per prestazioni di lavoro di tipo accessorio s’intendono quelle attività non riconducibili a tipologie contrattuali tipiche di lavoro subordinato o autonomo, che sono rese nell’ambito delle attività tassativamente indicate dall’art. 70 del d.Lgs. n. 276/2003 o da soggetti che sono in possesso di determinati requisiti soggettivi. Più in particolare per prestazioni di lavoro accessorio s’intendono attività lavorative svolte in maniera discontinua e saltuaria ed aventi natura meramente occasionale. Infatti, il menzionato art. 70 -inserito nel Capo II (“Prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti”) del d.Lgs. n. 276/2003 ed intitolato “Definizione e campo di applicazione”- è così formulato:
“Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, nell’ambito:
– dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa la assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap;
– dell’insegnamento privato supplementare;
– dei piccoli lavori di giardinaggio, nonché di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti;
– della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli;
– della collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di solidarietà.
Le attività lavorative di cui al comma 1, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attività che coinvolgono il lavoratore per una durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare e che, in ogni caso, non danno complessivamente luogo a compensi superiori a 3 mila euro sempre nel corso di un anno solare”.
Ebbene, è di assoluta evidenza, e non risulta abbisognevole di ulteriori considerazioni, la non riconducibilità dell’incarico descritto nell’atto di citazione (e in gravame, che a quest’ultimo fa rinvio), rispetto alle tipologie indicate dall’art. 70 sopra riportato.
Ugualmente inconferente, l’argomentazione degli appellati riguardante il mancato superamento dei limiti di spesa, del tutto cedente a fronte di un esborso la cui legittimità è così sonoramente smentita dai canoni normativi di riferimento.
Per quanto sin qui osservato, risulta del tutto erronea la motivazione dell’impugnata sentenza, laddove statuisce il rigetto della domanda attrice in relazione alla constatazione della “mancanza dell’elemento oggettivo di un danno patrimoniale certo, concreto, ed economicamente valutabile per le finanze del Comune di Colletorto (CB)” per avere comunque il Comune “beneficiato delle prestazioni rese dal Rag. Teodorino Di Rosa in esecuzione degli incarichi di prestazione occasionale di assistenza all’Ufficio di Ragioneria conferiti con le delibere adottate” dagli odierni appellati, sostenendo altresì -con affermazione la cui censurabilità risulta evidente- che l’art. 7, comma 6, d.lgs. 267/2000 integrerebbe “apodittica, pleonastica ed astratta previsione del legislatore, avente più che altro una generica finalità di deterrenza”.
Per quanto sin qui osservato, il Collegio riconosce come sussistente il pregiudizio economico subito dall’Ente de quo in relazione al reiterato conferimento degli incarichi precedentemente descritti in dettaglio, correttamente quantificato in complessivi € 20.500,00. Con essi, infatti, “l’Amministrazione comunale ha trasformato, nei fatti, quello che doveva essere un ausilio iniziale e transitorio da parte dell’ex-Ragioniere comunale, volto a supportare il periodo di primo insediamento della Segretario comunale Dr.ssa Clementina TOLO nelle funzioni di Responsabile del Servizio Economico-Finanziario, in una collaborazione stabile e permanente, che si è protratta in modo ininterrotto a partire dal 2011 ad oggi, con conseguente ingiustificato e illecito aggravio dei costi a carico dell’Amministrazione comunale, in palese violazione degli ulteriori requisiti prescritti dal comma 6 citato, nonché dall’art. 110 comma 6 TUEL (che prescrive che le convenzioni di conferimento delle collaborazioni esterne siano ), della della prestazione (lettera c) e della previa determinazione, tra l’altro della (lettera d). E’, invero, evidente che la sistematica reiterazione dell’incarico, perpetrata per ben cinque volte e per ben quattro anni, ha, nei fatti, fatto venire meno e così violato la prescritta della prestazione del rag. Teodorino Di Rosa, vanificando e svuotando di contenuto ed effettività anche la precondizione della predeterminazione della , dal momento che i termini, pur formalmente previsti nei singoli atti di incarico, sono stati, nei fatti e nella sostanza, reiteratamente superati dal rinnovo sistematico e continuativo dell’affidamento” (cfr. atto di citazione, pag. 20).
D.2. Sotto il profilo del nesso eziologico, la prospettazione del requirente (odierno appellante) si rivela per lo più condivisibile, poiché il nocumento sopra descritto e quantificato è da addebitare, pur se in una percentuale non elevata e cioè pari al 20% dell’importo complessivo, ai componenti della giunta comunale che hanno contribuito all’approvazione degli atti deliberativi precedentemente elencati, dovendosi il restante 80% ripartire tra il segretario comunale Clementina TOLO, nella misura del 70%, ed i sindaci proponenti l’adozione delle delibere, nella misura del 30%. Ciò, per quanto di seguito si osserva.
Clementina TOLO, con riferimento a tutte le ricordate delibere ha rilasciato i pareri favorevoli di regolarità tecnica e contabile ai sensi dell’art. 49 TUEL, ha svolto le funzioni consultive, referenti e di assistenza alla Giunta nelle sedute in cui le delibere sono state adottate e ne ha curato l’esecuzione a mezzo delle determinazioni di liquidazione dei compensi erogati, adottate nella qualità di Responsabile dell’Area contabile; inoltre, ella ha ricoperto, in proposito, anche il ruolo di Segretario comunale, come tale preposto ad assicurare la conformità a legge dell’azione amministrativa e la sovrintendenza del suo corretto svolgimento (art. 97 TUEL). Ciò, in particolare, imponeva alla TOLO “obblighi specifici di presidio e garanzia della corretta applicazione delle disposizioni normative da parte dell’Amministrazione, particolarmente a fronte di principi fondamentali quali quelli inerenti alla delicata materia degli incarichi esterni e ai relativi presupposti e divieti, la cui conoscenza e corretta applicazione si impongono alla diligenza professionale dei pubblici funzionari e, a fortiori, dei segretari comunali proprio in relazione alla loro veste di custodi e garanti del rispetto delle regole e del corretto funzionamento della macchina amministrativa locale (art. 97 TUEL).
Più circoscritto, ma comunque dotato di apprezzabile incidenza causale, di tipo propulsivo, è stato l’apporto dei Sindaci proponenti Fausto TOSTO e Carlo DE SIMONE, che hanno entrambi assunto il ruolo di proponente in relazione all’adozione delle ridette delibere di incarico, il primo delle prime quattro (n. 18/2011, n. 101/2011, n. 48/2012 e n. 11/2013), il secondo della quinta (n. 8/2014).
Quindi, posto l’innegabile apporto causale attribuibile ai sindaci proponenti ed al segretario comunale avallante, va peraltro posto adeguatamente in risalto che gli altri componenti della giunta avrebbero dovuto effettuare un approfondimento del tema per avere contezza dell’illegittimità del conferimento, con conseguente individuazione delle rispettive quote di partecipazione alla determinazione del complessivo illecito esborso, nelle misure precedentemente indicate.
D.3. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la condotta degli appellati appare senz’altro connotata da colpa grave.
Quanto al segretario comunale Clementina TOLO, nell’atto di citazione è stato condivisibilmente osservato che “la sua condotta si è concretata nella noncurante e reiterata violazione di principi fondamentali inerenti alla delicata materia degli incarichi esterni e ai relativi presupposti, limiti e divieti nel cui rispetto soltanto essi possono essere legittimamente conferiti, quali stretta eccezione rispetto alla fondamentale regola generale, di rango costituzionale (art. 97 Cost.), che impone alla PA di fare fronte ai propri compiti istituzionali a mezzo del personale in organico. La conoscenza e osservanza della richiamata disciplina degli affidamenti esterni si impone alla diligenza professionale minima dei pubblici funzionari e, a fortiori, del Segretario comunale, proprio in relazione alla sua veste istituzionale di custode e garante del rispetto delle regole e del corretto funzionamento della macchina amministrativa locale (art. 97 TUEL). Assume dunque connotazione di particolare gravità che la disciplina degli incarichi esterni sia stata violata in primo luogo proprio dalla Segretario comunale, per di più su sua richiesta reiterata per ben cinque volte e a suo vantaggio, cioè quello di farsi supportare dal collaboratore esterno nell’espletamento dei propri compiti, illecitamente e indebitamente, per ben quattro anni. La propulsione, l’avallo e l’apporto esecutivo reiterato per anni dalla Segretario comunale con riferimento alle cinque illecite delibere in questione sono avvenuti nel totale spregio delle fondamentali regole in materia di Organizzazione amministrativa e conferimento di incarichi esterni e valgono dunque a connotare in termini di colpa grave la violazione di quelle regole che era invece suo specifico dovere di servizio, quale Segretario comunale, osservare e presidiare” (cfr. atto di citazione, pag. 38). Sempre con riferimento alla posizione di Clementina TOLO, il requirente ha altresì posto in risalto, con osservazioni correttamente supportate sul piano tecnico-giuridico, la specifica professionalità al riguardo posseduta dal Segretario comunale, in possesso di adeguata preparazione tecnica per poter monitorare l’evoluzione normativa e curare gli adempimenti di pertinenza del Servizio Economico-Finanziario di cui era Responsabile. “Invero, il monitoraggio e il presidio dell’applicazione della normativa inerente alle attività istituzionali dell’ente, comprese quelle riguardanti il settore economico-finanziario, rientrano nella professionalità e nelle tipiche funzioni del Segretario comunale, come delineate dal Testo unico degli enti locali adottato con d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267. Il Segretario comunale è, infatti, chiamato a (art. 97, comma 2), a e a (art. 97, comma 4), a ove gli vengano conferite le funzioni di direttore generale (art. 108, comma 4, 97, comma 4, lett. e), a esercitare (97 comma 4 lett. a), a esprimere i pareri di regolarità tecnica e di regolarità contabile ove l’ente non abbia i responsabili dei servizi (art. 49, comma 2, 97 comma 4 lett. b), a esercitare le funzioni di ufficiale rogante (art. 97 comma 4 lett. c) nonché ogni altra funzione attribuitagli in via statutaria o regolamentare ovvero dal Sindaco (art. 97 comma-4 lett. d). Il segretario comunale è il naturale custode e garante dell’applicazione e del presidio della legge e del buon funzionamento della macchina amministrativa nell’ambito dell’ente locale, essendo il naturale destinatario delle funzioni amministrative apicali (salvo il caso di nomina del direttore generale), oltre che il potenziale destinatario di ogni altra funzione che io statuto, i regolamenti o il vertice politico decidano di assegnargli. Non vi è dunque dubbio alcuno che egli sia in possesso di una professionalità adeguata a ricoprire, nonché a esercitare con piena competenza e autonomia, la funzione di Responsabile del Servizio Economico-Finanziario, senza necessità di supporto esterno. Né può giustificare il ricorso a collaborazioni esterne per l’ausilio allo svolgimento delle funzioni attribuite al segretario comunale la circostanza che si tratti di segretario in convenzione con un altro comune: invero lo svolgimento delle funzioni in convenzione tra più comuni costituisce modalità legislativamente prevista di ordinaria prestazione dell’attività (art. 98, comma 3, TUEL), oggetto di accettazione da parte del segretario comunale, volta a consentire ai comuni, particolarmente quelli di minori dimensioni (come il comune di Colletorto, che ha 2.063 abitanti, come da dato ISTAT sulla popolazione residente al 31.12.2012), di poter conseguire risparmi attraverso la condivisione con altri comuni del segretario comunale, con corrispondente riduzione delle relative spese a carico dei singoli comuni in convenzione. […] è evidente che, a fronte di una modalità legislativamente prevista di ordinario esercizio delle funzioni del segretario comunale, per di più oggetto di sua specifica accettazione quale elemento perfezionatore del. procedimento di nomina, l’operatività in convenzione tra più comuni non può giustificare il ricorso a collaborazioni esterne ad ausilio del segretario comunale nello svolgimento delle funzioni attribuitegli” (cfr. atto di citazione, pagg. da 24 a 27).
Riguardo gli altri due appellati, ex sindaci Fausto TOSTO e Carlo DE SIMONE, il loro atteggiamento psicologico appare ugualmente connotato da colpa grave, che si è resa evidente nella forma di rilevante ed imperdonabile trascuratezza e noncuranza dei fondamentali canoni legislativi che l’evidenza della situazione imponeva di rispettare, stante l’evidente difformità delle delibere di affidamento esterno dagli stessi proposte alla compagine giuntale, rispetto ai fondamentali canoni in materia di organizzazione amministrativa, di matrice costituzionale (art. 97 Cost.), la cui conoscenza e osservanza si impongono alla minima diligenza professionale degli amministratori pubblici e che prescrivono alle amministrazioni di far fronte ai propri compiti istituzionali a mezzo del personale in organico regolarmente assunto mediante concorso pubblico, fatti salvi i casi di comprovata impossibilità oggettiva di utilizzare risorse interne, presupposto che nel caso manifestamente ricorreva per quanto sopra osservato, e comunque con il limite della eccezionalità e temporaneità dell’incarico, limite anch’esso pesantemente disatteso.
E. Quindi, per le osservazioni sopra esposte, il Collegio ritiene di dover accogliere, pur se nei termini sopra specificati -comportanti, in buona sostanza, sia la considerazione di ulteriori apporti causativi del pregiudizio erariale de quo che una più equilibrata graduazione delle responsabilità degli appellati- e, dunque, secondo la ripartizione di seguito individuata, pronunciando, in riforma dell’impugnata sentenza, la condanna di Clementina TOLO, Fausto TOSTO e Carlo DE SIMONE al pagamento, in favore del Comune di Colletorto, dell’80% della somma di € 20.500,00 (= € 16.400,00), tenuto conto dell’incidenza degli altri componenti della Giunta comunale che hanno partecipato all’approvazione degli atti deliberativi da cui è derivato il ridetto illecito esborso). Tale importo va così suddiviso fra loro: quanto all’80% dell’importo di € 15.500,00 (= € 12.400,00 [relativo alle delibere giuntali n. 18/2011, n. 101/2011, n. 48/2012 e n. 11/2013]) per il 30% (= € 3.720,00) a Fausto TOSTO e per il 70% (= € 8.680,00) a Clementina TOLO; quanto all’80% dell’importo di € 5.000,00 (= € 4.000,00 [relativo alla delibera giuntale n. 8/2014]) per il 30% (= € 1.200,00) a Carlo DE SIMONE e per il 70% (= € 2.800,00) a Clementina TOLO (a carico della quale, quindi, viene posto il complessivo importo di € 11.480,00).
I medesimi importi vanno maggiorati della rivalutazione monetaria, da calcolare dalle singole date di emissione dei mandati di pagamento in favore del Rag. Di Rosa, nonché degli intessi legali dalla data della presente sentenza e fino al soddisfo.
Le spese di giustizia, del doppio grado di giudizio, seguono la soccombenza e sono poste a carico della parte appellata nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei Conti – Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d’Appello, definitivamente pronunciando:
1. DICHIARA inammissibile l’eccezione d’inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado per mancata vocatio in ius di altri soggetti;
2. ACCOGLIE PARZIALMENTE l’appello del P.R. Molise e, per l’effetto, in riforma della gravata sentenza della Sezione Giurisdizionale per la Regione Molise n. 46/2016, condanna gli appellati al pagamento del complessivo importo di € 16.400,00 (= 80% di € 20.500,00), da suddividere fra loro come segue: € 11.480,00 a carico di Clementina TOLO, € 3.720,00 a carico di Fausto TOSTO ed € 1.200,00 a carico di Carlo DE SIMONE. Tali importi sono da maggiorare con rivalutazione monetaria ed interessi nei termini di cui in motivazione;
3. CONDANNA altresì i medesimi appellati al pagamento, delle spese di giustizia del doppio grado di giudizio, quantificate in € 2091,12 ( duemilanovantuno/12).
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11 luglio 2019.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Rossella Cassaneti F.to Agostino Chiappiniello
 
Depositata il 9 ottobre 2019
Il Dirigente
F.to Dott. Sebastiano Rota

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