18/03/2019 – Provvedimento di rigetto relativamente ad istanza di interpello in ordine ad ” Esenzione in materia di imposta comunale sugli immobili (IMU e Tasi)”

Provvedimento di rigetto relativamente ad istanza di interpello in ordine ad ” Esenzione in materia di imposta comunale sugli immobili (IMU e Tasi)”

 

 

FATTO
Con rituale ricorso, la parte contribuente in epigrafe nominata (Consorzio eretto in forma di S. C.a.r.l. ) agiva avverso provvedimento di rigetto relativamente ad istanza di interpello rivolta al Comune di Venezia in ordine ad ” Esenzione in materia di imposta comunale sugli immobili (IMU e Tasi)”, istanza nella quale veniva chiesto di poter beneficiare di una particolare modalità di calcolo della base imponibile ai fini Imu e Tasi in ragione della propria natura di espressione in larga parte di enti territoriali.
Il rigetto veniva fondato su due profili:
1. la società istante risultava priva dei requisiti soggettivi per i benefici previsti per i benefici richiesti
2. l’ esenzione richiesta non rientrava comunque nella potestà regolamentare attribuita per legge al Comune.
Parte ricorrente fondava le proprie doglianze sui seguenti motivi:
? oggettiva sussistenza dei requisiti soggettivi, quanto meno in proporzione alle quote in mano pubblica, tenuto conto della destinazione ad interesse pubblico delle aree interessate
? il potere regolamentare viene attribuito al Comune, relativamente alla quantificazione dell’ imposta, dall’ art. 52 D. Lgs. 446/ 97.
Si costituiva, formalmente e analiticamente controdeducendo, l’Amministrazione Comunale la quale sosteneva in via preliminare la non impugnabilità delle risposte in sede di interpello.
Con la sentenza di cui è qui causa la Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, rigettata la eccezione preliminare, respingeva il ricorso nel merito ritenendolo non fondato.
Presenta tempestivo appello la parte soccombente la quale, dopo aver sostenuto e ribadito la impugnabilità del diniego in sede di interpello, fonda il gravame sulla riproposizione delle doglianze già sollevate in primo grado e non accolte dalla Commissione Provinciale.
Si costituisce in giudizio il Comune, affermando che la sentenza di primo grado appare equa e ben motivata e va dunque confermata.
All’ udienza odierna, udita la relazione e la succinta esposizione delle posizioni delle parti, la causa viene trattenuta per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ad avviso di questo Collegio l’ appello è infondato e va pertanto respinto.
In ordine alla impugnabilità del diniego de quo, bene ha argomentato il Giudice di primo grado, nel senso che nel caso di specie trattasi di atto avente natura provvedimentale che non si limita a dare riscontro ad un quesito ma che si concreta in un vero e proprio diniego di agevolazione e che pertanto ben può essere oggetto di cognizione in questa sede.
Nel merito, la ricorrente non è né un consorzio tra enti pubblici territoriali né un consorzio atipico con partecipazione mista pubblico (enti territoriali ) privato: non possiede pertanto i requisiti soggettivi per beneficiare dell’ esenzione invocata, neppure in misura proporzionale alla partecipazione in mano pubblica.
Le società di diritto privato, quale la ricorrente, sono strumenti messi a disposizione degli enti pubblici da parte dell’ ordinamento per meglio operare utilizzando le norme del diritto comune e proprio per questo assoggettate al regime del diritto privato senza per questo poter disporre di aree di indebito beneficio.
In generale, le società di diritto privato sono destinate a sviluppare attività di natura commerciale, aperte quindi alla concorrenza: consentire ad alcune di esse, quelle partecipate da Enti Pubblici, di avere delle aree di beneficio fiscale altererebbe i corretti rapporti sul mercato e porterebbe benefici anche ai soggetti privati di minoranza.
Del resto, anche ammessa in capo al Comune una potestà regolamentare in subiecta materia ( il che non può essere stante la riserva di legge in materia ), non è in alcun modo consentito ad un Giudice imporre ad un Ente Locale come deliberare norme in materia tributaria.
L’ impugnata sentenza va dunque confermata.
Le spese seguono la soccombenza e vengono quantificate in complessivi euro 1.500, oltre a diritti ed accessori.
P.Q.M.
Letti gli artt. 1535 e 36 D. Lgs. 546/ 1992, respinge il proposto appello e, per l’ effetto, conferma l’impugnata sentenza, condannando la parte soccombente al pagamento delle spese di lite, quantificate in complessivi euro 1.500, oltre a diritti ed accessori.
Venezia lì,

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