17/10/2019 – Sindaco, convenzione di segreteria, recesso, allontanamento del segretario comunale, abuso d’ufficio

Sindaco, convenzione di segreteria, recesso, allontanamento del segretario comunale, abuso d’ufficio
Cassazione n.38455 del 17.09.2019
1.3. Il terzo motivo, concernente l’abuso d’ufficio contestato al capo Q, per l’allontanamento della segretaria comunale ********, è inammissibile, nella parte in cui sollecita una non consentita rivalutazione del merito, proponendo una lettura alternativa del compendio indiziario, sulla base dell’adozione collegiale della delibera di recesso, che non poteva dunque essere ascritta al solo Sindaco.
Il provvedimento impugnato ha, al riguardo, evidenziato che il Sindaco ****, dietro l’apparente necessità di dotarsi di un Segretario comunale a tempo pieno, ha proposto il recesso della convenzione della dott.ssa ****; il carattere pretestuoso della richiesta è stato evidente allorquando, nonostante quest’ultima avesse comunicato la propria disponibilità a svolgere l’incarico per il Comune di **** a tempo pieno, il **** (sindaco ndr) ha ribadito la decisione di “non mantenere la dottoressa **** quale segretario del Comune di ***”, sancendo il recesso dalla convenzione, poi ratificata dal Consiglio Comunale.
Dal compendio probatorio acquisito è emerso che l’allontanamento del segretario comunale era legato all’atteggiamento ostruzionistico frapposto dalla dott.ssa **** (segretario comunale ndr) rispetto alla gestione illegale dell’amministrazione comunale, e che aveva condotto anche ad una segnalazione all’ANAC delle numerose irregolarità, sì da assumere una evidente natura ‘punitiva’.
Le doglianze proposte sono manifestamente infondate, innanzitutto perché, sotto il profilo fattuale, il Sindaco **** risulta avere deciso il recesso dalla convenzione, e soltanto successivamente il Consiglio Comunale ha ratificato la decisione; a prescindere dalla regolarità formale o dalla adozione collegiale della delibera, peraltro, è emerso che il **** (sindaco ndr) è stato l’unico fautore dell’iniziativa, come emerso anche dall’intercettazione tra il Sindaco e la dirigente **** del 27.6.2018, nel corso della quale, alludendo alla **** (segretario comunale ndr) come alla “talpa” (che aveva fornito informazioni alla polizia), il primo affermava che “dobbiamo mandare a questa”.
Del resto, è pacifico che il reato di abuso d’ufficio può essere integrato sia da atti e provvedimenti amministrativi, sia da attività materiali e comportamenti, posti in essere per compiere deliberati favoritismi e procurare ingiusti vantaggi ovvero per realizzare intenzionali vessazioni o discriminazioni e procurare ingiusti danni (Sez. 2, n. 46096 del 27/10/2015, Giorgino, Rv. 265464: “In tema di abuso di ufficio, il requisito della violazione di legge può consistere anche nella inosservanza dell’art. 97 della Costituzione, nella parte immediatamente precettiva che impone ad ogni pubblico funzionario, nell’esercizio delle sue funzioni, di non usare il potere che la legge gli conferisce per compiere deliberati favoritismi e procurare ingiusti vantaggi ovvero per realizzare intenzionali vessazioni o discriminazioni e procurare ingiusti danni”): il reato di abuso in atti di ufficio può essere integrato sia nel porre in essere atti e provvedimenti amministrativi, cioè attraverso atti volitivi tipici della funzione, sia attraverso attività materiali o comportamenti che comunque costituiscano manifestazioni dell’attività amministrativa e quindi dell’ufficio e, in ipotesi di concorso di più persone nel reato, non ha nessuna influenza che uno dei concorrenti ponga in essere l’atto amministrativo tipico e l’altro solo le attività materiali e i comportamenti collegati poiché la diversificazione delle condotte, una concretizzatasi in atti amministrativi formali e l’altra in attività materiale di pressione sui componenti di un organo collegiale, non incide sulla configurazione del reato. Ai fini della prova dell’abuso, anche sotto il profilo soggettivo, inoltre assumono rilievo sia l’atto ed il comportamento singolarmente valutato sia quei comportamenti antecedenti, contestuali o anche successivi all’atto o al comportamento che designa l’abuso e, ove la condotta si manifesti attraverso provvedimenti, è irrilevante la loro legittimità o illegittimità (Sez. 6, n. 2797 del 01/02/1995, Gadani, Rv. 201358, che ha ritenuto che fossero stati giustamente condannati per il reato di abuso in atti di ufficio il sindaco ed un consigliere comunale che si erano adoperati per favorire l’approvazione di una variante al piano regolatore generale da cui derivava un ingiusto vantaggio patrimoniale per terzi, il primo attraverso l’adozione di delibere di giunta e l’emanazione di decreti sindacali

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