17/05/2021 – In materia di responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione non può prescindersi dall’elemento soggettivo del dolo o della colpa

Tar Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 11/ 05/ 2021, n. 458

La ricorrente è stata invitata dalla Centrale di Committenza a procedura negoziata indetta ai sensi art. 36, comma 2, lett c) D.Lgs. 50/16 per l’affidamento di lavori. Presenta offerta e consegue l’aggiudicazione provvisoria.

La stazione appaltante annulla ex art 21-nonies L.241/90 la procedura avvedutasi dell’erroneo invito della ricorrente, non iscritta nell’elenco degli operatori economici di cui all’art. 36 c. 2 lett. c) d.lgs. 50/2016, confusa con altra impresa avente la stessa denominazione sociale e simile indirizzo pec.

Nel 2018 il Tar respinge il ricorso della società volto all’annullamento del provvedimento di autotutela, evidenziando – tra l’altro – l’impossibilità di partecipazione per le imprese quali la ricorrente non iscritte nell’elenco, il carattere sostanzialmente doveroso dell’autotutela e l’insussistenza di un affidamento qualificato derivante dall’aggiudicazione provvisoria.

La ex aggiudicataria, preso atto del giudicato sulla legittimità del potere di riesame esercitato, chiede il risarcimento dei danni subiti per la lesione del proprio legittimo affidamento a partecipare alla procedura negoziata ovvero alla libertà di autodeterminazione negoziale.

Segnatamente chiede la condanna al risarcimento del danno relativo, oltre alle spese di partecipazione alla gara, dell’interesse contrattuale negativo per mancata partecipazione ad altre gare oltre alla lesione dell’immagine aziendale di cui chiede la liquidazione in via equitativa ex art. 1226 c.c..

Tar Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 11/ 05/ 2021, n. 458 respinge il ricorso:

6.1. – Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente in materia di responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione non può prescindersi, tra l’altro, dall’elemento soggettivo del dolo o della colpa.

Come noto in materia di aggiudicazione delle pubbliche gare, in seguito al fondamentale arresto del giudice comunitario (Corte Giust. CE, sent. 30 settembre 2010, C-314/09, Stadt Graz; in termini analoghi, cfr. già Corte Giust. CE, sent. 14 ottobre 2004, C-275/03, Commissione c. Portogallo) si prescinde dalla colpa dell’Amministrazione, dovendosi configurare una responsabilità di tipo oggettivo, in quanto il rimedio risarcitorio contemplato dalla Direttiva n. 89/665/CEE può effettivamente rivelarsi un efficace mezzo di ristoro soltanto a condizione che la possibilità di riconoscere un risarcimento in caso di violazione delle norme sugli appalti pubblici non sia subordinata alla constatazione dell’esistenza di un comportamento colpevole tenuto dall’Amministrazione aggiudicatrice (ex plurimis T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 5 agosto 2020, n.8992, Consiglio di Stato sez. IV, 15 aprile 2019, n. 2429).

Infatti, il principio della responsabilità oggettiva della stazione appaltante in ipotesi di violazione della direttiva 89/665/CE deve circoscriversi per il solo ambito indicato dal giudice comunitario, senza possibilità di effetto espansivo ad ogni fenomeno di condotta illecita posta dall’Amministrazione. Nell’ipotesi di violazione del dovere di correttezza e lealtà nelle trattative contrattuali non vi è violazione della disciplina sulle procedure di aggiudicazione, bensì responsabilità dell’Amministrazione secondo il diritto comune (artt. 1337-38 c.c.) la quale si fonda tutt’ora sulla regola generale della colpa – sub specie di responsabilità aquiliana di cui all’art. 2043 c.c. – laddove i pur numerosi casi di responsabilità oggettiva costituiscono l’eccezione e debbono essere previsti dalla legge (vedi per es. artt. 2049, 2050 e 2051 c.c.) (T.A.R. Puglia Bari sez. I, 19 ottobre 2011, n.1552; T.A.R. Umbria 10 febbraio 2020, n. 48; cfr. Consiglio di Stato sez. V, 22 ottobre 2019, n.7161; Id. Adunanza Plenaria 4 maggio 2018, n. 5).

6.2. – Tanto premesso nel caso di specie l’errore in cui è incorsa la stazione appaltante, consistente come visto nell’invito della ricorrente alla procedura negoziata pur se non iscritta nell’elenco degli operatori economici, è stato determinato dall’identità della denominazione sociale con altro operatore iscritto nell’elenco e da indirizzo pec simile, si da potersi reputare scusabile e da escludere la configurabilità della colpa o tantomeno del dolo.

Va invece evidenziato, di contro, che secondo la diligenza media esigibile ai sensi dell’art. 1176 c. 2 c.c. (cfr. Cassazione 28 ottobre 2004, n. 20869) la ricorrente avrebbe potuto avvedersi dell’errore compiuto dalla stazione appaltante, ben sapendo di non essere iscritta nell’elenco degli operatori economici da essa tenuto nell’ambito di procedura negoziata ex art. 36 c. 2, lett. c) d.lgs. 50/2016 e non potendo dunque per ciò solo aspirare di partecipare alla gara (T.A.R. Emilia-Romagna Bologna, n. 906/2018) con ciò concorrendo ex art 1227 c.c. alla causazione del danno patito.

6.3. – In secondo luogo – diversamente anche in questo caso dall’assunto della ricorrente – non può riconoscersi in capo alla ………. una posizione di legittimo affidamento alla conclusione del contratto, dal momento che l’aggiudicatario provvisorio vanta un aspettativa “non qualificata o di mero fatto” (Consiglio di Stato sez. III, 6 marzo 2018, n. 1441; id. sez. V, 18 luglio 2012, n. 4189; id. sez. V, 20 aprile 2012, n. 2338; T.A.R. Campania – Napoli sez. VIII, 3 maggio 2010, n. 2263; T.A.R. Toscana sez. I , 21 settembre 2011, n. 1407) alla conclusione del procedimento.

7.- Alla luce delle suesposte argomentazioni il ricorso è infondato e va respinto.

Pubblicato il 12/05/2021

N. 05588/2021 REG.PROV.COLL.

N. 11573/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11573 del 2020, proposto da Dussmann Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro- tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alice Volino, Francesco D’Amelio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio, in persona del legale rappresentante pro- tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Claudio De Portu, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Fantastic Security Group S.r.l., in persona del legale rappresentante pro- tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro De Angelis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Laura Tana in Roma, Circonvallazione Trionfale n. 123;

per l’annullamento

della deliberazione n. 138 del 20.11.2020, comunicata a mezzo pec in pari data, con la quale l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio ha definitivamente aggiudicato il lotto n. 7 della procedura di gara per l’affidamento dei “Servizi di pulizie-disinfezione-facchinaggio-giardinaggio-lavavetreria/sanificazione laboratori, a ridotto impatto ambientale, e di portierato–reception” in favore della società Fantastic Security Group S.r.l.;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Fantastic Security Group S.r.l. e di Arpalazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica da remoto del giorno 13 aprile 2021 il Cons. Ines Simona Immacolata Pisano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe la ricorrente Dussmann Service ha impugnato, deducendone illegittimità sotto vari profili e chiedendone l’annullamento, la deliberazione del Direttore generale dell’ARPA Lazio n. 138 del 20.11.2020 di aggiudicazione del lotto 7 dell’appalto alla Fantastic Security Group s.r.l.

Contestualmente, parte ricorrente ha chiesto dichiararsi l’inefficacia del contratto di appalto stipulato tra l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio e Fantastic Security Group S.r.l. nelle more della definizione del presente giudizio nonché la condanna dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Lazio, ai sensi dell’art.124 del c.p.a., alla reintegrazione in forma specifica ovvero, in via subordinata, al risarcimento per equivalente del danno subito da Dussmann Service S.r.l.

In particolare, evidenzia parte ricorrente che all’esito della gara a procedura aperta bandita dall’A.R.P.A. Lazio per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’art. 95 del D.Lgs. 50/2016, dei “servizi di pulizie – disinfezione – facchinaggio – giardinaggio- lavavetreria/sanificazione laboratori, a ridotto impatto ambientale, e di portierato – reception – custodia – guardiania” delle proprie sedi, per la durata di 12 mesi, suddiviso in 7 lotti – dei quali l’ultimo, del quale si tratta, avente ad oggetto i “servizi di portierato, reception, custodia e guardiania” da svolgersi presso le 8 sedi dell’ARPA Lazio, per un importo stimato a base d’asta di € 534.489,80 oltre IVA – la Fantastic Security Group s.r.l. si classificava al primo posto della graduatoria di merito mentre la ricorrente Dussmann Service s.r.l. si classificava, a suo avviso illegittimamente, al secondo posto.

In particolare, all’esito della valutazione delle offerte tecniche ed economiche, la Commissione giudicatrice, nella seduta di gara del 30.10.2020, stilava la graduatoria provvisoria che vedeva l’odierna controinteressata collocarsi in prima posizione con 90,65 punti (offerta tecnica punti 60,65; offerta economica punti 30) e la ricorrente Dussmann seconda graduata con 85,74 punti (o.t. 64,70; o.e. 21,04).

La Stazione appaltante, con successiva comunicazione del 4.11.2020, procedeva dunque ad attivare nei confronti dell’offerta della Fantastic Security Group s.r.l. il sub-procedimento di verifica di congruità, ai sensi e per gli effetti dell’art. 97, comma 3 del Codice, richiedendole una relazione esplicativa delle principali voci di costo indicate in offerta e, ritenute soddisfacenti le giustificazioni addotte, proponeva l’aggiudicazione dell’appalto relativamente al lotto di cui trattasi, avente ad oggetto i “servizi di portierato, reception, custodia e guardiania, in favore della F.S.G., che veniva disposta con la determina impugnata.

I motivi di censura sono stati affidati a:

1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 30, 95 comma 10 e 97 del d.lgs. n. 50/2016, nonché del d.lgs. n. 81/2008. Violazione e falsa applicazione del CCNL di categoria. Eccesso di potere sotto i profili di assoluto difetto di istruttoria e di motivazione; contraddittorietà manifesta. Violazione della par condicio competitorum. Irragionevolezza manifesta. Sproporzione. Illogicità.

Ad avviso di parte ricorrente, l’aggiudicataria avrebbe invece dovuto essere esclusa dalla gara, poiché l’importo degli oneri della sicurezza stimato dalla F.S.G., stimato nell’apposita voce delle proprie giustificazioni in € 5.601,80, sarebbe palesemente insufficiente a coprire il “costo annuo minimo aziendale della sicurezza”, che le tabelle allegate al decreto del Ministro del Lavoro del 21.03.2016 – recante la “determinazione del costo medio orario del lavoro per il personale dipendente da istituti ed imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari”- quantificherebbero in € 370,00 euro annui per ciascun lavoratore, e dunque palesemente insufficienti a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori;

2. Violazione e falsa applicazione dell’art.97 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione e falsa applicazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto di istruttoria in ordine alla quantificazione dei costi generali e del margine di utile della commessa, travisamento dei presupposti, irragionevolezza manifesta e carenza di motivazione.

Con il secondo motivo, parte ricorrente sostiene che al fine di superare il vaglio di congruità e ammissibilità dell’offerta F.S.G. avrebbe dovuto addurre elementi in grado di dimostrare, quanto meno, che l’utile di impresa fosse tale da rendere la proposta non in perdita. Al contrario, dall’esame delle giustifiche trasmesse in data 10.11.2020 emergerebbe che F.S.G. avrebbe in realtà formulato un’offerta inidonea a produrre alcun margine di utile che, come tale, avrebbe dovuto essere esclusa per non aver assolto l’onere su di essa incombente ai sensi dell’art. 97, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016. Peraltro, l’aggiudicataria dichiara nelle giustificazioni che il margine di utile – già di per sé irrisorio – che presume di trarre dalla gestione della commessa è pari ad € 1.400,45 nell’anno.

Tuttavia, parte ricorrente ritiene dimostrato che il prezzo offerto risulta sottostimato, emergendo l’evidente difetto di istruttoria in cui sarebbe incorsa la Commissione giudicatrice e l’inaffidabilità complessiva dell’offerta.

3.Violazione e falsa applicazione degli artt. 23, comma 16, 30, comma 4, 50, 95, comma 10 e 97, comma 5 del d.lgs. n. 50/2016, d ell’art. 36 della Costituzione, nonché dell’art. 36 della legge n. 300/ 1970. Violazione e falsa applicazione dell’art. 25 del disciplinare di gara e 3, 13 e 22 del capitolato. Violazione e falsa applicazione della par condicio dei concorrenti. Eccesso di potere per carenza di istruttoria.

Con il terzo motivo, parte ricorrente lamenta che l’operato della Stazione appaltante risulterebbe, altresì, viziato nella parte in cui non ha riscontrato alcune criticità contenute nell’offerta della controinteressata, con riferimento al costo della manodopera, che avrebbero dovuto condurre alla sua esclusione.

In particolare, la lex specialis di gara, al punto 25, prescriveva che “l’aggiudicatario del contratto di appalto è tenuto ad assorbire prioritariamente nel proprio organico il personale già operante alle dipendenze dell’operatore economico uscente, come previsto dall’articolo 50 del Codice, garantendo l’applicazione dei CCNL di settore, di cui all’art. 51 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81.”

Nel capitolato, la Stazione appaltante ha inoltre precisato che “L’Aggiudicatario si obbliga, assumendo a proprio carico tutti gli oneri relativi compresi quelli assicurativi e previdenziali: – ad ottemperare, nei confronti del proprio personale dipendente, a tutti gli obblighi derivanti da disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di lavoro e di assicurazioni sociali, nonché da contratti collettivi di lavoro … ad applicare nei confronti del proprio personale condizioni normative e retributive non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro applicabili alla categoria e nella località in cui si svolgono le prestazioni oggetto del contratto e, in genere, da ogni altro contratto collettivo successivamente stipulato per la categoria, applicabile nella località, ciò anche nel caso che l’Affidatario non sia aderente alle associazioni stipulanti o receda o comunque non sia più ad esse associata”.

In questi termini, agli artt. 3.1.2 e ss. del capitolato veniva precisato che, ai lavoratori impiegati nel lotto n. 7 della gara de qua, si sarebbe applicato il CCNL pulizie e servizi integrati.

Diversamente, la F.S.G. ad avviso di parte ricorrente non avrebbe rispettato tali prescrizioni, prevedendo nella propria offerta l’utilizzo di un CCNL (servizi fiduciari) diverso rispetto a quello applicato agli attuali dipendenti (pulizia e servizi integrati, anche detto “multiservizi”) e dunque ponendo alla base della stessa un contratto collettivo nazionale che prevedeva dei livelli retributivi nettamente inferiori a quelli attualmente applicati ai dipendenti da assorbire. Ed invero, il CCNL multiservizi, applicato agli addetti al portierato è certamente più favorevole economicamente per i lavoratori con la conseguenza che i lavoratori assunti con il nuovo aggiudicatario ad avviso di parte ricorrente subiranno una sicura decurtazione dei compensi percepiti, in violazione dell’art. 36 della Costituzione secondo cui “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Né, ad avviso di parte ricorrente, può ritenersi rispettata la c.d. “clausola sociale” di cui all’art. 25 del disciplinare di gara, nonché dell’art. 36 della legge n. 300/1970 recante “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento” – ai sensi del quale “…nei capitolati di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona” – in quanto il costo medio annuo stimato dall’aggiudicataria risulta deteriore rispetto a quello desumibile dal contratto collettivo nazionale applicato ai lavoratori da assorbire, ovverosia il CCNL multiservizi (cfr., in questi termini, Cons. Stato, Sez. III, 9.12.2015, n. 5597).

Argomenta parte ricorrente che se, per semplificare, si applicasse a tutti gli operatori della commessa il 2° livello del CCNL multiservizi valido per la provincia di Roma (16,36€/h) si otterrebbe un costo della manodopera pari a circa € 458.000,00 con una differenza, rispetto a quanto offerto dalla prima classificata, di oltre € 120.000,00 sul solo costo della manodopera. Il suddetto risparmio dichiarato sul costo della manodopera si ripercuoterà inevitabilmente sugli operatori che si vedranno ridurre, a parità di servizio e di ore lavorate, la busta paga di oltre il 22% per gli addetti inquadrati al 2° livello. Per gli addetti inquadrati al terzo ed al quarto livello la diminuzione sarebbe addirittura maggiore.

Pertanto, anche sotto profilo l’offerta di F.S.G. avrebbe dovuto e dovrebbe essere esclusa poiché si pone in contrasto con le previsioni sopra citate ed è in violazione dei principi di par condicio tra i concorrenti, oltre ad essere in contrasto con la lex specialis di gara. Ed infatti, sebbene la c.d. “clausola sociale” non possa imporre l’utilizzo di un unico contratto collettivo, in ogni caso devono essere salvaguardati “i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo” (Cons. Stato, Sez. III, 9.12.2015, n. 5597).

La violazione della par condicio sarebbe inoltre apprezzabile anche sotto il profilo dei costi in tal modo evitati dall’aggiudicataria che per conseguenza ha potuto esprimere un’offerta economica più vantaggiosa con effetti determinanti ai fini dell’aggiudicazione.

Ha pertanto concluso per l’accoglimento del ricorso.

Si sono costituite in giudizio, con articolate memorie e produzione documentale, l’A.R.P.A. Lazio e Fantastic Security Group s.r.l.

Con ordinanza n.1960/2021 del 17 febbraio 2021 il Collegio, ai sensi dell’art.116 comma 2 c.p.a., ha in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto la domanda di accertamento dell’illegittimità del parziale diniego di accesso agli atti proposta da parte ricorrente nell’atto introduttivo.

Con ordinanza n.1122/2021 del 24 febbraio 2021 il Collegio ha respinto l’istanza cautelare, per la motivazione che “in particolare, le censure dedotte nei tre motivi di ricorso attengono tutte alla ritenuta illegittimità della valutazione di non-anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, argomentata con riferimento a singole voci della stessa;

ritenuto che la suindicata valutazione di non-anomalia sia in linea di principio insindacabile, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, fatti salvi i casi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della commissione di gara che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 04/01/2021, n. 11), presupposti che non appaiono sussistere nel caso di specie, attesa peraltro l’impossibilità del giudicante di sostituire il proprio giudizio a quello della pubblica amministrazione”.

Nell’odierna udienza, svoltasi con modalità da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il ricorso deve essere respinto, stante l’infondatezza delle censure dedotte.

Con riferimento alla prima censura giova sinteticamente rilevare che, come correttamente rilevato dalla controinteressata aggiudicataria nelle memorie in atti e comunque affermato dalla stessa parte ricorrente nell’atto introduttivo, oggetto del lotto 7 dell’appalto in questione sono i “servizi di portierato, reception, custodia e guardiania” presso tutte le strutture dell’Agenzia, per i quali non è stato richiesto lo specifico impiego di guardie giurate dipendenti di istituti e imprese di vigilanza privata titolari di licenza prefettizia ex art. 134 del T.U.L.P.S. approvato con R.D. 773/1931.

Si tratta, quindi, dei c.d. “servizi fiduciari”, e non di “servizi tecnico-operativi”, i quali possono essere svolti esclusivamente da personale specializzato, in possesso di specifiche autorizzazioni. Solo in tal caso, dunque, secondo quanto esplicitamente previsto dal D.M. del 21.03.2016, è applicabile il costo pro capite di 370 euro annui (tra cui rientra anche il costo del giubbotto antiproiettile e la spesa per il rinnovo del porto armi e licenza).

La differenza tra il servizio di vigilanza privata e quello di portierato e guardiania è ben descritta, con specifico riferimento alla materia delle pubbliche gare, nella determinazione ANAC n. 9 del 22.07.2015: “mentre la vigilanza privata si caratterizza per l’esercizio di poteri di intervento diretto per la difesa dell’immobile, l’attività di portierato o di guardiania non implica un obbligo di difesa attiva degli immobili, ma una normale tutela della proprietà privata e della funzionalità di aziende e complessi operativi (es. registrazione dei visitatori, controllo ed ispezione degli accessi; regolazione dell’afflusso delle vetture ai parcheggi; monitoraggio dell’impianto di allarme antintrusione e nell’obbligo, in caso di allarme, di darne immediatamente notizia al servizio tecnico ed ai soggetti individuati dal proprietario dell’immobile o dall’amministrazione per i necessari interventi; etc.).

Le società di portierato, di global service e di servizi integrati, pur iscritte alla Camera di Commercio, invece, possono svolgere esclusivamente le attività indicate nel loro oggetto sociale, in quanto operanti senza le autorizzazioni ed i controlli cui invece sono soggetti gli istituti di vigilanza privata”.

Orbene, il D.M. del 21.03.2016 dedica ai servizi fiduciari apposite tabelle (la più recente delle quali è aggiornata al mese di marzo del 2016 ed è stata allegata alle giustificazioni fornite in gara dalla F.S.G.), nelle quali non è previsto alcuno specifico costo minimo per la sicurezza dei singoli addetti, attesa la diversità delle mansioni da espletare, rispetto a quella delle guardie giurate che operano servizi di vigilanza privata: ne consegue che, nel caso in esame, a fronte della mancata previsione di un costo minimo, la previsione di un costo annuo pro capite di 300,00 euro indicata dall’aggiudicataria non presenta evidenti profili di abnormità.

Non coglie nel segno, dunque, la censura di parte ricorrente nella parte in cui evidenzia che il Capitolato speciale d’appalto prescrive, nella sezione afferente alle “Modalità di esecuzione del servizio del servizio di portierato, reception, custodia e guardiania – lotto n. 7”, prevede che il “personale dell’Aggiudicatario dovrà … sorvegliare gli accessi alla struttura h 24” e che, inoltre, a tal fine, l’aggiudicatario “dovrà altresì provvedere a sua cura e spese alla fornitura di tutto il materiale di protezione individuale contro gli infortuni previsto dalla normativa vigente”.

Infatti, come risulta chiaramente dall’art. 3 del c.s.a. (pagg. 25-27), le modalità di esecuzione del “servizio di portierato, reception, custodia-guardiania” rientranti nel lotto 7 dell’appalto” sono stabilite nell'”apertura” e “chiusura delle strutture”, nella “gestione del centralino telefonico”, nella “gestione dei rapporti con gli utenti esterni negli orari di apertura al pubblico”, nella “gestione e custodia delle chiavi, e/o di telecomandi di apertura/chiusura di cancelli oppure di attivazione/disattivazione di sistemi di allarme”, nella “registrazione delle persone all’interno dell’immobile” e nella gestione dell'”accesso del pubblico e dei veicoli”.

Non può essere posto in dubbio, quindi, che l’oggetto del lotto 7 fosse un servizio di “sorveglianza generica”, al quale va quindi parametrato anche il concetto di “materiale di protezione individuale”, che va considerato con riferimento ad altrettanto generici “infortuni”, e non alla dotazione necessaria per scongiurare eventuali rischi di rapine/colpi d’arma da fuoco.

In particolare, i dispositivi di protezione individuale per il servizio fiduciario sono meno impegnativi rispetto a quelli necessari per la vigilanza privata (tra cui rientra il giubbotto antiproiettile), tanto che come rilevato dall’amministrazione costituita in giudizio le tabelle ministeriali contemplano due voci in tema di sicurezza (“Divisa” e “polizza infortuni”) del costo complessivo più contenuto, pari a (€ 100 + € 60=) € 160,00.

La censura, dunque, deve essere respinta.

Quanto al secondo motivo, si è già evidenziato in sede cautelare come il sindacato di legittimità in merito alla valutazione delle offerte presentate nell’ambito di una gara ad evidenza pubblica può estendersi agli apprezzamenti svolti dalla stazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia solamente nei limiti della loro intrinseca illogicità o irragionevolezza, oltre che della incongruità della relativa istruttoria, non potendo in alcun modo trasmodare in una nuova verifica di merito, poiché trattasi di questione riservata all’esclusiva discrezionalità tecnica dell’amministrazione.

Infatti, il giudizio in merito all’anomalia o all’incongruità di un’offerta ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale, riservato alla pubblica amministrazione, il quale è insindacabile in sede giurisdizionale, a meno che non siano ravvisabili ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato della commissione di gara che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta. Anche l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti rientra nella discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione, con la conseguenza che soltanto in caso di macroscopiche illegittimità, quali gravi ed evidenti errori di valutazione oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto, il giudice di legittimità può esercitare il proprio sindacato, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello della pubblica amministrazione. Il giudizio non è estensibile ad un’autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (da ultimo, T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, 04/01/2021, n. 11; T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, 17/02/2021, n. 164; T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, 05/02/2021, n. 348).

In particolare, nel caso di specie, non vale ad inficiare la valutazione della Commissione la presunta stima di parte ricorrente, a detta della quale l’aggiudicataria pur avendo indicato nel giustificativo della voce “spese scheda tecnica” solo € 7.842,52 nell’anno, ne avrebbe dovuto in realtà esborsare quantomeno € 17.597,48, oltre ai presunti € 1.428,20 per i costi asseritamente non considerati per gli oneri della sicurezza aziendale, della cui infondatezza già si è detto con il primo motivo.

Infatti, la stima in questione – a fronte delle puntuali giustificazioni fornite sia in sede di gara che nel presente giudizio dalla aggiudicataria- è stata effettuata da parte ricorrente innanzitutto sulla base del presupposto, indimostrato, fosse necessario per l’aggiudicataria procedere all’acquisto di tutte le dotazioni indicate nell’offerta tecnica (laddove, al contrario, F.G.S. ha dimostrato che alcune dotazioni erano già in suo possesso, come ad esempio l’autovettura elettrica Renault Twizy, altre sarebbero state noleggiate e non acquistate ed altre ancora, come le applicazioni Libemax per la gestione del registro visitatori e presenze sono gratuite e liberamente scaricabili da Internet), ma altresì sulla base di costi presuntivamente indicati, senza alcun riscontro documentale, in parte smentiti dalle fatture e dai preventivi allegati dall’aggiudicataria.

Ne deriva che la censura risulta, in fatto, sfornita di adeguata prova oltre che infondata nel merito.

E’ noto infatti anche nel processo amministrativo, come del resto nel processo civile, la prova delle circostanze allegate debba essere puntualmente fornita dalla parte che le deduce. Infatti, ai sensi dell’art. 64, comma 1, D.Lgs. n. 104/2010 spetta alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domane e delle eccezioni; il reticolo normativo del codice del processo amministrativo in materia di onere della prova richiama l’art. 2697 c.c., secondo cui chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, mentre chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda. Il principio che domina il regime di acquisizione delle prove, anche nel processo amministrativo, è quindi scolpito dal brocardo onus probandi incumbit ei qui dicit (da ultimo, v. Cons. giust. amm. Sicilia, 12/02/2021, n. 99; T.A.R. Sicilia Catania Sez. IV, 13/01/2020, n. 56).

Infondata, infine, è la terza censura, con cui parte ricorrente lamenta la mancata esclusione della F.S.G. in quanto la stessa ha determinato di applicare ai dipendenti il C.C.N.L. “servizi fiduciari” in luogo del precedente C.C.N.L. “multiservizi”, in presunta violazione della lex specialis della gara oltre che dell’art.36 Cost.

Infatti, posto che nel caso in esame la lex specialis non ha previsto l’applicazione di un C.C.N.L. piuttosto che di un altro, l’applicazione del C.C.N.L. del 2013 considerato dall’aggiudicataria è assolutamente coerente con l’oggetto del lotto 7 , che come si è già detto è specificatamente dedicato non alla prestazione di “Multiservizi”, bensì a “Servizi di portierato, reception, custodia e guardiania”, ai quali verrà adibito il personale già precedentemente impiegato, da salvaguardare in ragione della clausola sociale.

Come ben evidenziato anche dall’amministrazione costituita in giudizio, il CCNL che l’impresa aggiudicataria ha indicato di utilizzare contempla espressamente la possibilità di un subentro in un contratto dove, come nel caso in esame, il personale sia in servizio con un altro CCNL.

All’ultimo comma dell’art. 5 del CCNL, nella seconda sezione concernente i servizi fiduciari, si dispone infatti: “Nel caso in cui l’impresa uscente non applichi il presente contratto, si potranno comunque attivare tentativi di cambio di appalto alla presenza delle OO.SS. ed eventualmente le DTL competenti per la procedura”.

Inoltre, il CCNL in corso con il gestore uscente (“multiservizi”), contiene una “clausola di cedevolezza” in favore del CCNL più specifico, come nel caso di specie, in cui la prestazione non è più riferita a più tipologie di servizi, bensì il solo servizio di portierato e guardiania (v. art. 1 del vigente CCNL multiservizi, che prevede che siano “escluse dalla sfera di applicazione del contratto le eventuali autonome attività, anche per specifici contratti di committenza, ai rapporti di lavoro delle quali si applichino, secondo la vigente normativa, autonomi e specifici c.c.n.l. corrispondenti”).

Del resto, come ricordato sia nella memoria di F.S.G. che in quella dell’amministrazione, il Collegio non può ignorare le recenti conclusioni a cui è pervenuto il Consiglio di Stato, Sez. V, 2.11.2020, n. 6761 che ha sottolineato come la clausola sociale, non comporti “alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata, nonché alle medesime condizioni, il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria, ma solo che l’imprenditore subentrante salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo adeguato e congruo”; di guisa che “l’obbligo di garantire ai lavoratori già impiegati le medesime condizioni contrattuali ed economiche non è assoluto né automatico” (Cons. Stato, n. 6148 del 2019, cit.; cfr. anche Id., 16 gennaio 2020, n. 389, in cui si precisa, sotto altro concorrente profilo, che sull’aggiudicatario non grava “l’obbligo di applicare ai lavoratori esattamente le stesse mansioni e qualifiche che avevano alle dipendenze del precedente datore di lavoro”; v. anche Id., 13 luglio 2020, n. 4515, in ordine al Ccnl prescelto)”.

Del resto, come successivamente chiarito dal T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 02/02/2021, n. 307, costituisce ius receptum che la c.d. clausola sociale, ammessa dall’art. 50 del D.Lgs. n. 50 del 2016, deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto; in sostanza, tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente.

Di conseguenza l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante; i lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali; la clausola non comporta invece alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il totale del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente alle spese di lite, che si liquidano in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00) di cui 2.000,00 (duemila/00) nei confronti dell’amministrazione resistente e 2.000,00 (duemila/00) nei confronti della controinteressata, oltre accessori se dovuti come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio da remoto del giorno 13 aprile 2021 con l’intervento dei magistrati:

 

Salvatore Mezzacapo, Presidente

Mariangela Caminiti, Consigliere

Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere, Estensore

     
L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Ines Simona Immacolata Pisano   Salvatore Mezzacapo

IL SEGRETARIO

 

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