16/12/2015 – In tema di licenziamento nella PA è ineludibile la competenza dell’ufficio dei procedimenti disciplinari

 
In tema di licenziamento nella PA è ineludibile la competenza dell’ufficio dei procedimenti disciplinari
di Vincenzo Giannotti – Dirigente del Settore Gestione Risorse (Umane e Finanziarie) del Comune di Frosinone

 

Il fatto

Sia il Tribunale di prime cure che la Corte di Appello avevano considerato legittimo il licenziamento per giusta causa di un dirigente della Camera di Commercio, sia nella sua valenza oggettiva (fatti addebitati) che soggettiva (qualifica dirigenziale ricoperta), in relazione alla condotta contestata, ovvero:

1) aver indirizzato nel 2004 una lettera al Segretario generale nella quale, a conclusione di una riunione ristretta avuta con il medesimo Segretario e con un altro dirigente, il dirigente riteneva di confermare la valutazione di produttività già espressa in ordine a due addetti al proprio ufficio, senza aderire alle richieste di “ridimensionamento del punteggio” avanzate dal Segretario generale nel corso della citata riunione;

2) averne divulgato il contenuto, indirizzando, per conoscenza, la lettera anche alle due funzionarie preposte ai due dipendenti interessati dalle valutazioni in contestazione, la cui competenza in materia si era senz’altro esaurita.

In merito alla competenza della Giunta Camerale che aveva irrogato il licenziamento, la Corte territoriale precisava la legittimità del procedimento in considerazione del fatto che tale organo “adotta i provvedimenti necessari per la realizzazione del programma di attività e per la gestione delle risorse, ivi compresi i provvedimenti riguardanti l’assunzione e la carriera del personale, da disporre su proposta del segretario generale”.

Avverso tale decisione ricorre il dirigente in Cassazione denunciando: a) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21, D.Lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 14, comma 5, L. n. 580 del 1993; b) omessa, insufficiente o incongrua motivazione sul punto decisivo della controversia in relazione all’incompetenza per materia dell’organo che ha pronunciato il licenziamento, in violazione del principio generale di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001 di separazione tra attività di indirizzo e di gestione, siccome recepito anche dallo Statuto camerale (art. 26, che rimette al Segretario i compiti di gestione del personale).

Le motivazioni dei supremi giudici

I giudici di Palazzo Cavour ritengono il motivo sulla incompetenza della Giunta Camerale fondato per le ragioni che segono.

– Innanzi tutto va precisato come le Camere di Commercio rientrino nel novero delle Amministrazione Pubbliche essendo state qualificate come enti pubblici dotati di autonomia funzionale per effetto della legge di riordino L. n. 580 del 1993 ed essendo state comprese tra le Amministrazioni pubbliche dal D.Lgs. n. 29 del 1993. Da ciò discende che al suo personale si applicano le disposizioni previste dalla L. 23 ottobre 1992, n. 421 e dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29;

– La Consulta ha avuto modo di evidenziare come il D.Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni, quale desumibile dalle due leggi di delega in attuazione delle quali è stata realizzata la cosiddetta privatizzazione dei rapporti di lavoro nel settore pubblico, sottolineando che l’art. 1, comma 3, D.Lgs. n. 165 del 2001, qualifica come norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica (Corte Cost., sentenze n. 308 del 2006 e n. 189 del 2007);

– Pertanto, l’esplicito richiamo al D.Lgs. n. 29 del 1993 porta a considerare recessiva la norma indicata nella lettera a) del comma 5 dell’art. 14, L. n. 580 del 1993 cit. nella parte in cui (nel testo originario qui applicabile) affida alla Giunta camerale anche la competenza per “i provvedimenti riguardanti l’assunzione e la carriera del personale, da disporre su proposta del segretario generale”;

– Inoltre, non risulta condivisibile l’assunto della Corte territoriale nell’aver ritenuto che tra “i provvedimenti riguardanti l’assunzione e la carriera del personale” possano farsi rientrare quelli disciplinari, che, invece, hanno una loro precisa ed autonoma configurazione, sia nel lavoro privato sia, e ancor più, nel lavoro pubblico. Sul punto la Suprema Corte ha già avuto modo di evidenziare che anche le Camere di commercio devono individuare l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, in tal modo dovendosi coordinare la disciplina prevista dalla L. n. 580 del 1993 con il disposto generale di cui all’art. 59, comma 4, D.Lgs. n. 29 del 1993, poi trasfuso nell’ art. 55, comma 4, D.Lgs. n. 165 del 2001 (Cass. Civ., 24 luglio 2003, n. 11506).

Sulla base della su indicata ricostruzione normativa, i Giudici di Palazzo Cavour evidenziano come in conformità ad un indirizzo assolutamente consolidato della giurisprudenza di legittimità in base al quale, nel pubblico impiego privatizzato tutte le fasi del procedimento disciplinare devono essere svolte esclusivamente dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, il quale è anche l’organo competente all’irrogazione delle sanzioni disciplinari, ad eccezione del rimprovero verbale e della censura, con la conseguenza che il procedimento instaurato da un soggetto diverso al predetto ufficio è illegittimo e la sanzione è affetta da nullità, risolvendosi in una violazione di norme di legge inderogabili sulla competenza (ex multis Cass. Civ., 17 giugno 2010, n. 14628Cass. Civ., 25 luglio 2011, n. 16190Cass. Civ., 30 settembre 2009, n. 20981 ed in epoca più risalente Cass. Civ., 5 febbraio 2004, n. 2168).

Conclusioni

Gli Ermellini accolgono il motivo principale del ricorso per avere la a Corte territoriale escluso l’incompetenza della Giunta camerale e la conseguente nullità del licenziamento de quo, sulla base di una errata ricostruzione ed interpretazione della normativa di riferimento e della corrispondente giurisprudenza di legittimità, con l’emanazione del seguente principio di diritto:

“Anche le Camere di commercio, al pari delle altre Amministrazioni pubbliche, devono individuare l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, in tal modo dovendosi coordinare la disciplina prevista dalla L. n. 580 del 1993 con il disposto generale di cui all’art. 59, comma 4, D.Lgs. n. 29 del 1993, poi trasfuso nell’ art. 55, comma 4, D.Lgs. n. 165 del 2001. Pertanto, il procedimento disciplinare per l’irrogazione di un licenziamento instaurato e gestito dalla Giunta camerale è illegittimo e la sanzione è affetta da nullità, risolvendosi in una violazione di norme di legge inderogabili sulla competenza, senza che possa portare ad un diverso risultato l’art. 14, comma 5, L. n. 580 del 1993 (nel testo antecedente la modifiche di cui al D.Lgs. n. 23 del 2010, applicabile nella specie ratione temporis), trattandosi di norma si carattere recessivo rispetto all’art. 19, comma 1, della stessa L. n. 580 del 1993 cit., il quale, con rinvio recettizio, stabilisce che al personale delle Camere di commercio si applicano le disposizioni previste dal D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29“.

Cass. Civ., Sez. Lavoro, 4 dicembre 2015, n. 24731

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