16/05/2020 – Burocrazia, quel peso che è imposto, però, dalla politica e dalle leggi, incapaci di semplificare.

Burocrazia, quel peso che è imposto, però, dalla politica e dalle leggi, incapaci di semplificare.
 
Un tempo le estrazioni del Lotto funzionavano così:
1.      un addetto faceva ruotare l’urna, mediante una manovella e apriva lo sportello a fine manovra;
2.      un bambino estraeva il bussolotto contenente il numero e lo consegnava ad un altro addetto;
3.      questo, apriva il bussolotto, estraendo il foglietto sul quale era stampato il numero, piegato e consegnandolo ancora piegato ad un altro addetto;
4.      tale ultimo addetto dispiegava il foglietto e lo consegnava al presidente del seggio;
5.      infine il presidente del seggio dava lettura al numero estratto.
 
Cinque passaggi, cinque persone per un’attività che oggi è interamente informatizzata e si svolge con un semplicissimo lancio della piattaforma di gestione (infatti, adesso pomposamente di parla di Lottomatica).
Le estrazioni del Lotto come svolte nel passato sono la rappresentazione perfetta, anzi l’archetipo, della burocrazia, intesa come insieme di passaggi ridondanti, coinvolgimento di persone messe a svolgere lavori ripetitivi, improduttivi e poco utili, sommatoria di personale che potrebbe essere adibito ad altro, dilatazione dei tempi, mezzi arcaici.
Ecco, la burocrazia. Quella parola che continua ad essere, nelle arene televisive e sui giornali, una calamita di attrazione del pubblico, una parolina magica in grado di suscitare audience e vendite (almeno, si reputa), vellicando l’indignazione dei cittadini, raccontando la continua vessazione che ricevono e l’inefficienza che produce.
La parola burocrazia sottende necessariamente una valutazione di riprovazione per i “burocrati”, coloro, cioè, che applicano le regole burocratiche.
Veniva quasi spontaneo imputare a quel seggio del Lotto ed alle persone che lo componevano la durata (era quasi mezz’ora) eccessiva delle estrazioni, il rituale pomposo ed sovrabbondante rispetto alla semplice attività da svolgere.
E, infatti, dietro alle reprimende contro la burocrazia questa valutazione dispregiativa dei dipendenti della PA, mai visti come civil servant (salvo ergerli ad “eroi” quando si capisce che sono per lo più pubblici medici, infermieri, operatori socio sanitari, a salvare vite e curarsi dei malati), ma solo come parassiti.
La burocrazia è, in questi giorni, molto presente nei media, preoccupati che le misure del Governo restino incagliate nei “meccanismi perversi” del “mostro burocratico”.
Esempi del 15 maggio. Da Libero – L’urgenza delle riforme a costo zero: “mettere subito mano alla burocrazia. Sarebbe la classica riforma a costo zero. La Germania imponendo ai suoi funzionari di lavorare in tempi certi ha risparmiato in un decennio cinque punti di debito”. Da Il Giornale – Se la politica dimentica il modello Morandi -, di Vittorio Macioce: “Togliere la burocrazia non piace a tutti. Non piace in primo luogo ai burocrati, quelli che sono più forti della politica”. Da Il Messaggero – Burocrazia che zavorra la ripartenza -, di Vittorio E. Parsi: “Mediocrità e complessiva inaffidabilità della burocrazia pubblica che gli italiani conoscono fin troppo bene. Non stiamo mettendo in discussione né la abnegazione professionali e tecniche degli impiegati della pubblica amministrazione. Ma semmai il fatto che il giacimento delle loro competenze e capacità vada perduto”.
Un florilegio di luoghi comuni, basato su correlazioni indimostrate ed indimostrabili e, soprattutto, su elementi di fatto errati.
Un classico è la citazione della Germania, che avrebbe risparmiato 5 punti di debito imponendo “ai funzionari” di lavorare in tempi certi. Un’affermazione che dà l’idea che i tempi li dettino i funzionari.
Ma, le cose non stanno affatto così. Non in Italia. I tempi di svolgimento delle attività non li fissano i funzionari, bensì le leggi.
Tornando all’esempio dell’antico seggio del Lotto, quei passaggi, quelle modalità, quei tempi non erano voluti né dal presidente del seggio, né da nessuno dei suoi componenti: erano imposti dalle norme che regolamentavano le estrazioni.
Se una procedura di esproprio richiede per ben tre volte la comunicazione di avvio del procedimento e se dura mesi, non è dovuto a funzionari incapaci di rispettare tempi “certi”, ma ad una normativa ridondante e scritta esattamente con la stessa mentalità di chi redasse, all’epoca, il regolamento del Lotto.
Ma, le norme non le scrivono i “burocrati”, quelli che sono chiamate ad attuarli. Le scrivono gli organi di governo: il Parlamento o il Governo nel caso di decreti legge e decreti legislativi.
Inutile osservare che i Ministri non scrivono loro di persona le norme e che si avvalgono anch’essi di “burocrati”. Quelli che scrivono le norme sono i massimi dirigenti dello Stato (direttori generali, capi dipartimento, capi di gabinetto, consiglieri politici e giudici); e sono reclutati, spessissimo tra magistrati amministrativi o contabili, nonché da docenti universitari, direttamente dai politici stessi per via fiduciaria e in relazione a loro assunte competenze particolarmente elevate e di spicco, tecniche, giuridiche, manageriali. Poiché la scelta di chi scrive le norme per conto degli organi di governo è fiduciariamente rimessa direttamente alle persone che li scelgono, non può e non deve valere alcuna ipocrisia: la scrittura delle regole è da imputare all’organo di governo. Che, evidentemente, non sceglie diretti collaboratori (senza concorsi, solo intuitu personae, è bene evidenziarlo) proprio così capaci di semplificare e di uscire dallo schema seggo del Lotto.
Due esempi. La “certezza dei termini”. E’ stata un baluardo della riforma del procedimento amministrativo del 2005, che per accelerare i tempi necessari ad avviare attività di impresa ha addirittura cercato di eliminare del tutto il procedimento, sostituendolo con la segnalazione certificata di inizio attività: una modalità che consente al privato di costituire da sé il titolo abilitante, avvalendosi delle asseverazioni tecniche di professionisti privati.
Ecco, adesso provate a leggere la norma che regola questa disciplina:
Art. 19. (Segnalazione certificata di inizio attività – SCIA)
1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l’acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell’amministrazione.
2. L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata, anche nei casi di cui all’articolo 19-bis, comma 2, dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente.
3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l’attività si intende vietata. Con lo stesso atto motivato, in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell’interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, l’amministrazione dispone la sospensione dell’attività intrapresa. L’atto motivato interrompe il termine di cui al primo periodo, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle suddette misure. In assenza di ulteriori provvedimenti, decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata.
4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l’amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall’articolo 21-nonies.
4-bis. Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
5. (comma abrogato dal n. 14 del comma 1 dell’art. 4 dell’allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010)
6. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni
6-bis. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali.
6-ter. La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’articolo 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.
 
Tutto chiaro, vero? Tutto lineare, vero? Termini certi, no? Modalità di controllo semplici ed efficienti, giusto? Testo scritto in italiano chiaro, con frasi corte, senza incisi, senza continui rimandi a norme su norme delle quali è descritto il contenuto, sì?
Un simile ginepraio l’hanno scritto i “burocrati” addetti agli Sportelli Unici delle Attività Produttive di comuni e regioni?
Domande retoriche. Come retorica è l’allusione secondo la quale, sull’esempio dei capponi per la cena di natale, i burocrati sarebbero contrari ad eliminare la burocrazia. Presunzione totalmente erronea: i primi a dover subire regole normative inefficienti e farraginose sono proprio i “burocrati”, sia perché attuare regole scritte così male come quella sopra ricordata è impresa ardua, sia perchè, poi, quella stessa politica protagonista della pessima qualità delle regole e della loro organizzazione, considera come efficienza la violazione di quelle stesse regole, pretendendo di tagliare quei passaggi e quei tempi da essa stessa creata e ritenendo che il vero dirigente è quello che “butta il cuore oltre l’ostacolo”, adottando atti contrari alla legge. Poi destinati ad essere fonte di responsabilità erariale quando non anche penale, in barba all’interesse pubblico ed alla stessa efficienza.
Infatti, l’editorialista de Il Giornale, che attribuisce alla burocrazia il presunto interesse a non eliminare la burocrazia, lanciando l’altro slogan efficace quanto fallace secondo cui i burocrati sarebbero più forti della politica, nel medesimo articolo afferma che il modello del ponte Morandi è quello da seguire. Ma, quel modello ha funzionato perché, di fatto, si è consentito di non applicare all’appalto per la ricostruzione del ponte il codice dei contratti, bensì direttamente le ben più stringate e semplici regole delle direttive europee. Ma, chi ha redatto il codice dei contratti? E’ il Parlamento ad aver delegato il Governo, che all’epoca si è affidato ad una task force, guidata da una dirigente di strettissima fiducia dell’allora Presidente del Consiglio, affiancata da tecnici anche dell’Anac. Il risultato si è visto. Un disastro. Ruolo dei burocrati? Zero. Ruolo della politica? 100%.
C’è il pericolo che le norme del decreto “rilancio” possano essere vanificate o che la loro attuazione possa essere ritardata dalla burocrazia? Sì.
Ma, il decreto stesso svela che il problema della “burocrazia” trova la sua fonte nel legislatore, nonché nell’idea che occorra coinvolgere nelle procedure una pletora amplissima di soggetti.
La prova? La cassa integrazione in deroga. Già il d.l. 18/2020, convertito in legge 27/2020, nello scorso marzo ha provato ad estenderla allo spettro più ampio possibile di imprese e lavoratori, ma i pagamenti sono arrivati col contagocce.
Perché? Per una ragione molto semplice: la regolazione della Cig in deroga è stata fin qui modellata esattamente sullo schema estrazioni del Lotto: lo Stato stabilisce di estendere la Cig in deroga ad una serie di categorie di imprese e lavoratori, stanziando delle somme; queste somme debbono, poi, essere assegnate con decreto, alle regioni, ma subordinatamente alla circostanza che le regioni coinvolgano i sindacati, per accordi quadro di regolazione, da inviare alle aziende, così che queste possano sapere quali condizioni operative siano da rispettare (la procedura di marzo ha almeno evitato gli ulteriori accordi aziendali con i sindacati); a quel punto, le regioni chiedono allo stato di riversare le risorse, cosicchè le regioni possono inviare all’Inps l’elenco dei lavoratori, chiedendo che l’Inps paghi, ovviamente dopo un’ulteriore istruttoria tecnica da parte dell’Istituto.
C’entrano nulla i burocrati con questo assurdo giro di giostra? Nulla. E’ stata tutta e sola volontà del legislatore. Non a caso, avendo ottenuto lo sta bene dalle regioni, il decreto “rilancio” prevede, questa volta, che le aziende chiedano direttamente all’Inps il pagamento, che arriverà direttamente sugli Iban dei dipendenti per il 40%, rinviando a dopo un’istruttoria tecnica per il restante 60%, saltando i passaggi con le regioni.
Semplificare è, se davvero lo si vuol fare, a sua volta semplice. E’ un’operazione aritmetica. La semplificazione consiste nella riduzione dei fattori di un’espressione: (22+3)*2+14/7 lo si può scrivere direttamente “4”.
E’ dovere del legislatore ridurre i fattori. Riducendo le norme, gli articoli, i commi, i contenuti, i soggetti chiamati ad attuare le regole, i concerti, i pareri, le condivisioni, le negoziazioni, gli incisi, i passaggi.
E’ dovere del legislatore agire come per il Lotto: da procedura defatigante e farraginosa, ad un software che lanci un comando solo per estrarre in 30 secondi quel che decine di seggi impiegava mezz’ora per produrre.
Se non si comprende che la “burocrazia” sta nelle leggi, tanto che nel caso del ponte Morandi, è stata la disapplicazione di un monumento alla burocrazia qual è il codice dei contratti ad assicurare la ricostruzione in breve tempo, il Paese continuerà a restare imprigionato.
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