16/05/2017 – Riforma del pubblico impiego: il sì critico di Palazzo Spada su concorsi, stabilizzazione e procedimento disciplinare

Riforma del pubblico impiego: il sì critico di Palazzo Spada su concorsi, stabilizzazione e procedimento disciplinare

 

Il Consiglio di Stato, pur rendendo un parere complessivamente favorevole alla riforma del pubblico impiego perché in linea con i principi ispiratori della legge delega, ha rimarcato la mancata attuazione di taluni dettati (tra cui il regime delle prove e dei requisiti concorsuali, la scarsa correlazione con le recenti innovazioni apportate al lavoro nell’impresa e lo scarso investimento finanziario); nonché segnalato l’esigenza del costante monitoraggio da parte della Funzione Pubblica di alcuni tratti salienti del riassetto, quali il riparto più netto tra riserva di legge e di contrattazione e il nuovo concetto di “fabbisogno di personale” in cui ampio spazio è dato all’autonomia dei singoli Enti di scegliere le professionalità necessarie; e, ancora, la necessità di evitare che la stabilizzazione del personale precario avvenga nelle forme di una “generale sanatoria” ancorandola piuttosto a procedure concorsuali riservate, al contempo intervenendo – per il futuro – in maniera più incisiva sulla disciplina deterrente delle forme di lavoro flessibile, ancora troppo blande, attraverso l’introduzione di sanzioni maggiormente severe; nonché, quanto al procedimento disciplinare, ne segnala l’eccessiva rigidità e, al contempo, l’eliminazione della perentorietà dei termini con la dequotazione dei vizi formali, suggerendo la reintroduzione almeno della perentorietà del termine iniziale e finale, apprezzandone, invece, la previsione dell’estinzione in caso di cessazione del rapporto di impiego; condivisa, infine, l’espressa previsione della tutela reale del pubblico dipendente in caso di illegittimo licenziamento, dovendo ritenersi superato il difetto di un espresso criterio in tal senso nella legge delega, giacché la disposizione si limita a consolidare uno degli orientamenti giurisprudenziali già affermatisi a diritto vigente, e attua quindi il principio generale di “risoluzione delle antinomie”

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto