15/12/2023 – Attività contrattuale, prenotazioni e impegni di spesa: ma l’atto unico è obbligatorio? (terza parte)

Rimandando alle considerazioni espresse nei pregressi contributi, prima di giungere alla precisazioni contenute nella FAQ Arconet n. 53/2023 sulle eccezioni, e transito al FPV, previste per i lavori pubblici e quindi sulle eccezioni alla regola del previo perfezionamento dell’obbligazione prima di assumere l’impegno di spesa occorre analizzare la questione della c.d. decisione/determinazione a contrarre semplificata prevista per l’affidamento diretto e se la sua adozione si imponga al RUP o se possa ritenersi, invece, solo  facoltativa.      

La ratio di una determinazione semplificata

L’esigenza di semplificare l’atto di avvio del procedimento amministrativo contrattuale (quindi la determinazione, ora decisione, a contrarre) nasce con il primo schema delle linee guida ANAC n. 4 e, evidentemente, nel momento in cui lo schema in parola viene messo in consultazione.

Da qui, una serie di contributi tendenti, in primo luogo,  a richiedere addirittura la soppressione della determinazione in parola, addirittura la sua collocazione a valle del procedimento e, in altri casi – suggerimento adottato dall’autorità anticorruzione -, una sua semplificazione.

In relazione alla richiesta di annullamento, in pratica, della fattispecie, evidentemente, l’autorità ha replicato l’impossibilità di una simile decisione visto, come ancora visibile, la FAQ dell’AVCP in cui si chiarisce che la determina a contrarre rappresenta il presupposto giuridico del procedimento in argomento e quindi della stessa procedura. Nel parere si chiarisce che la mancanza della determina produce illegittimità degli atti successivi. 

Da qui l’esigenza della necessità ma, altresì, della possibilità di adottare un atto semplificato non tanto l’affermazione di poterne prescindere.

Nel codice del 2016, all’articolo 32 viene apportata una prima modifica con il decreto legislativo 56/2017 (segnatamente con l’articolo 22) in cui si prevedeva che “ a) al comma 2, è inserito, in fine, il seguente periodo: “Nella procedura di cui all’articolo 36, comma 2, lettera a), la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti.” 

Il suggerimento dell’ANAC, a sommesso parere, veniva superato non tanto dalla previsione di adottare sempre la determina a contrarre ma con un contenuto semplificato, bensì con una vera e propria eliminazione dell’atto, si potrebbe dire, di partenza che segna l’avvio del procedimento amministrativo (e non della procedura vera e propria che prende avvio con la pubblicazione del bando o con l’invio della lettera di invito). 

L’ipotesi di cui si è detto sopra subisce addirittura una estensione con il decreto legislativo 55/2019 (c.d. “Sblocca Cantieri”).  Lo smisurato articolo 1 del testo normativo in parola prevedeva che  “all’articolo 32, comma 2, secondo periodo, le parole: «all’articolo 36, comma 2, lettera a),» sono sostituite dalle seguenti: «all’articolo 36, comma 2, lettere a) e b),»”.

Evidente la portata della nuova disposizione che consente l’atto unico (ed è questo che non appare ancora chiaro nella pratica ovvero che si tratta di un unico  atto non di atto che magari può essere intermediato da una determina (solo) dirigenziale o da chissà cos’altro) addirittura per acquisto di beni e servizi per l’intero sottosoglia (lett. b)) art. 36, comma 2 del codice del 2016).

Portata ancora più intensa se ci si sofferma sul fatto che il pregresso codice, proprio con l’articolo citato non prevede una autentica procedura negoziata (del sottosoglia) per beni e servizi ma  – come si legge nella disposizione citata -,  ma (fino all’intero sottosoglia!) una assegnazione “mediante affidamento diretto previa valutazione (…)  per i servizi e le forniture, di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti”.

In pratica, il pregresso codice, non prevedendo una autentica procedura negoziata per gli acquisti in parola consentiva invece l’affidamento diretto che oggi, per effetto dell’allegato I. 1 del nuovo codice abbiamo scoperto essere un mero procedimento amministrativo (e non una procedura) con interpello.

Per capire l’intensità della disposizione appena riportata è semplice ricordare che, pertanto, al RUP veniva concessa la possibilità di affidare – con un procedimento di affidamento diretto sia pure con consultazione di operatori economici -, una commessa anche appena al di sotto della soglia comunitaria con un atto unico collocato a valle e quindi concluso con una “semplice” attività istruttoria senza alcuna copertura finanziaria.

Il Decreto legge 76/2020

Alcune particolarità della disposizione citata vengono corrette, forse anche in maniera inconsapevole, con il primo dei decreti emergenza, che con l’articolo 1, comma 2 (lett. b) introduce per la prima volta la procedura negoziata semplificata (derogando al c.d. affidamento diretto mediato/temperato dalla consultazione di almeno 5 operatori) per l’acquisizione di beni e servizi (per le soglie comprese tra i 139mila euro ed il sottosoglia comunitario).

L’altra importante puntualizzazione è una sorta di ritorno al passato rispetto alle modifiche introdotte con il decreto legislativo 55/2019 ed è contenuta nel comma 3 dell’articolo 1 del decreto emergenza laddove si legge che “Gli affidamenti diretti possono essere realizzati tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga gli elementi descritti nell’articolo 32, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016”.

Delle due disposizioni appena riportare non può non essere puntualizzata una prima considerazione, che ha sicuramente rilievo se si considera che sono contenute, appunto in un decreto emergenza ovvero in un provvedimento effettivamente straordinario per far fronte alle ben note vicende collegate alla pandemia.

La considerazione è che in un momento estremo come quello vissuto, proprio in relazione    alle procedure di affidamento il legislatore (dell’emergenza appunto) risulta più cauto, paradossalmente, dello stesso legislatore del codice (e delle modifiche di cui si è detto) visto che non solo introduce – anche per superare i tantissimi equivoci -, la procedura negoziata anche per l’acquisto di beni e servizi laddove il codice prevedeva l’affidamento diretto mediato per le soglie 40/sottosoglia.

Non solo, risulta ancora più oculato nel momento in cui riconduce propri l’atto unico (la determina semplificata) alla sua possibilità primigenia ovvero al solo affidamento diretto che con il decreto emergenza poteva – e può giungere per il PNRR/PNC – solo fino ad importi inferiori ai 139mila euro, mentre nella disciplina del 2016 l’affidamento diretto per beni e sevizi, sia pur intermediato dalla consultazione di almeno 5 operatori poteva giungere fino alle soglie comunitarie.

In questa decisione, evidentemente, si possono leggere tanti aspetti ma la sottolineatura non può non  passare constatando un riequilibrio nelle procedure di aggiudicazione visto che il legislatore dell’emergenza, per semplificare e rispondere alle esigenze poste da un momento drammatico, avrebbe potuto confermare (la tanto equivocata) fattispecie del solo affidamento diretto mediato o temperato (da terminologia, quest’ultima, usata in giurisprudenza). 

Facoltà o obbligo di utilizzare la decisione a contrarre semplificata?

Si deve giungere quindi, si fa per dire, al “nodo” ovvero alla questione se l’atto semplificato si imponga al RUP o se invece si tratta di una semplice facoltà che si può utilizzare in nome (di una chiarissima e solo stereotipata)  semplificazione del procedimento.

Per meglio chiarire si può riportare il consueto schema a confronto con le norme del 2016, quelle del decreto emergenza e la nuova previsione contenuta nell’articolo 17 del nuovo impianto normativo relativo ai contratti.  

Art. 32, comma 2 del Codice del 2016 e art. 1, comma 3 del DL 76/2020 Art. 17, comma 2 del nuovo Codice
Art. 32/2 (…) Nella procedura di cui all’articolo 36, comma 2, lettere a) e b), la stazione appaltante può procedere ad affidamento diretto tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti. Art.17/ 2. In caso di affidamento diretto, l’atto di cui al comma 1 (nda la decisione a contrarre) individua l’oggetto, l’importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta, ai requisiti di carattere generale e, se necessari, a quelli inerenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale.
Art. 1/3. Gli affidamenti diretti possono essere realizzati tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga gli elementi descritti nell’articolo 32, comma 2, del decreto legislativo n. 50 del 2016..  

Non c’è dubbio che la formulazione, ed il riferimento all’atto unico, è mutata. Sia nel pregresso codice quanto nella formulazione in emergenza, il RUP aveva la possibilità di utilizzare il (doveroso e dovuto) passaggio attraverso l’atto principe del procedimento amministrativo specifico (che contiene la prenotazione di impegno di spesa che sostanzia, come tante volte ripetuto, il vincolo provvisorio sullo stanziamento);  oggi, dalla prima lettura (ma anche dalla seconda) l’atto unico, nel caso dell’affidamento diretto, sempre essere imposto al RUP (che, evidentemente, lo predisporrà direttamente o attraverso i propri collaboratori, per il dirigente/responsabile del servizio qualora con questo non coincidesse).

Del resto che sia stata definita, piaccia o meno, la configurazione dell’atto unico emerge chiaramente dalla relazione tecnica che accompagna il nuovo codice.

Si legge, in sede di commento del comma 2 dell’articolo 17 che questo prevede “che in caso di affidamento diretto detto provvedimento sia direttamente costitutivo dell’affidamento e ne indica il contenuto minimo. L’esistenza di una norma specifica per l’affidamento diretto, contrapposta a quella di cui al comma 1 che riguarda le procedure, evidenzia che il primo non costituisce “procedura””.

L’affermazione appena riportata è foriera di tantissime considerazioni pratico/operative ma, per ovvie ragioni, ci si limiterà ad alcune constatazioni.

La prima è, appunto, la configurazione giuridica dell’atto unico in termini di “atto costitutivo”. Sorge spontaneo chiedersi quale sia l’atto costitutivo dell’appalto in generale. Per comodità si può sostenere – per analogia di ragionamento -, che l’atto costitutivo dell’affidamento coincida con l’aggiudicazione efficace (in realtà si deve sostenere che l’atto costitutivo è il contratto a prescindere dalla forma). 

Se, sempre per comodità illustrativa, l’atto costitutivo è la decisione di aggiudicazione efficace allora, ovvio, nell’affidamento diretto, proprio perché non è procedura ma solo (e rimane un) procedimento, la decisione a contrarre non esiste.

Non esiste né come atto principe che avvia il procedimento (e quindi, ora si può aggiungere, la procedura intesa nel suo complesso) né come atto che assume, consente di assumere.  la prenotazione di impegno visto che se gli effetti costitutivi la rendono uguale all’atto (decisione) di aggiudicazione efficace lo stesso si colloca, come tante volte evidenziato, a valle del procedimento (finendo per coincidere con un atto che conclude la procedura, l’affidamento).

Che sia una decisione di affidamento, evidentemente, lo dimostra il fatto che individua il contraente di cui si sono già verificati i requisiti (altrimenti, ora, non si può giungere ad aggiudicazione, in tempi recentissimi l’ANAC con i pareri 57 e 57bis/2023).

La decisione di affidamento diretto, quindi, non è una decisione a contrarre ma una decisione costitutiva dell’affidamento come atto unico è davvero obbligatoria per il RUP?

L’atto unico rimane facoltativo 

La risposta all’ultima domanda è ovvia, non solo non si può ritenere che l’atto unico sia obbligatorio (da notare che in tantissimi casi addirittura l’atto in parola viene preceduto/accompagnato, in modo non corretto, addirittura da altri atti risultando, di fatto, tutt’altro che unico) ma la sua stessa (intima) relazione con la semplificazione è travisata.

Come sia possibile pensare che senza  decisione a contrarre il procedimento possa risultare più spedito rimane un mistero (soprattutto oggi per effetto dell’utilizzo degli strumenti informatici).

Per affermare che davvero semplifichi si deve immaginare una situazione in cui la decisione a contrarre, una volta  trasmessa al servizio finanziario ivi rimanga per giorni/settimane.

La verità è forse un’altra: è che non predisporre la decisione a contrarre fornisce una sensazione di libertà (tecnica), una sorta di svincolo dal classico/fisiologico andamento del procedimento amministrativo.  Un procedure, quasi, si consenta,  nell’oscurità con sorpresa finale.

Evidentemente l’atto in parola non può ritenersi obbligatorio per i, fin troppe volte ricordati,  principi contabili che impongono la previa copertura (provvisoria) dell’intervento (e si rinvia ai contributi pregressi).  

Probabilmente la stessa disposizione codicistica (art. 17, comma 2), per renderla compatibile, appunto, con le disposizioni contabili/finanziarie, deve essere letta come principalmente relativa al contenuto (minimo) ovvero se si predispone l’atto unico il suo contenuto è quello descritto dalla norma.

Non solo quindi l’atto unico è obbligatorio, ma l’assenza della (vera) decisione a contrarre a monte non ha affatto l’effetto di allungare il procedimento anzi ne garantisce uno sviluppo fisiologico.

(terza parte)        

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