15/09/2020 – Urbanistica. Contributo concessorio

Urbanistica. Contributo concessorio
Pubblicato: 14 Settembre 2020
TAR Emilia Romagna (BO) Sez. II n. 538 del 31 luglio 2020

Il contributo concessorio è in buona sostanza strettamente connesso all’attività di trasformazione del territorio e quindi, ove tale ultima circostanza non si verifichi, il pagamento risulta privo della causa dell’originaria “obbligazione di dare”, cosicché l’importo versato va restituito; il diritto al rimborso sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente: la parziale realizzazione di opere previste nel permesso di costruire non può che comportare una riduzione dell’aggravio del carico urbanistico della zona e manifestare una minore capacità contributiva rispetto all’ipotesi in cui tutte le opere assentite fossero edificate. Da ciò l’ulteriore corollario che, allorché si dia luogo alla rinuncia al permesso di costruire o questo rimanga inutilizzato, ovvero nelle ipotesi di intervenuta decadenza del titolo edilizio, sorge in capo all’amministrazione, anche ai sensi dell’articolo 2033 c.c. o, comunque, dell’articolo 2041 c.c., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, e il diritto del privato a pretenderne la restituzione

 
Pubblicato il 31/07/2020

N. 00538/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00789/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 789 del 2014, proposto da

Farini 37, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Bacchelli e Salvatore Pignatelli, con domicilio “digitale” corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio “fisico” eletto presso il loro studio in Bologna, Via Solferino n. 15;

contro

Comune di Sasso Marconi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.to Domenico Fata, con domicilio “digitale” corrispondente alla PEC indicata negli scritti difensivi, e domicilio “fisico” eletto presso il suo studio in Bologna, Piazza Cavour n. 2;

per l’accertamento

DEL DIRITTO ALLA RIPETIZIONE DELLA SOMMA CORRISPOSTA A TITOLO DI CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE, CORRELATO AL TITOLO ABILITATIVO DEL 20/12/2006;

e per la condanna

ALLA RESTITUZIONE DI QUANTO TRATTENUTO INDEBITAMENTE, PARI A 52.185,66 €.

e per l’annullamento

DEI PROVVEDIMENTI DI DINIEGO DEL 18/3/2013, DEL 30/8/2013 E DEL 6/2/2014.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sasso Marconi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 giugno 2020 il dott. Stefano Tenca e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 84 comma 5 del D.L. n. 18/2020 conv. in L. 27/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A. In data 20/12/2006 il Comune di Sasso Marconi informava la ricorrente dell’avvenuto rilascio del permesso di costruire per la ristrutturazione del complesso edilizio ex rurale di sua proprietà.

B. Riferisce la Società che i lavori sono stati intrapresi limitatamente alle demolizioni previste e dunque in misura trascurabile (10-15% dell’entità complessiva), e che successivamente sono stati abbandonati per diverse ragioni (comprese problematiche giuridico-economiche). Il 22/9/2011 veniva richiesta una proroga del titolo abilitativo, ma il Comune rilevava la carenza della documentazione necessaria e si pronunciava negativamente. Avvertiva che, di conseguenza, allo spirare del termine il permesso di costruire sarebbe decaduto.

Alcuna altra opera è stata nel seguito eseguita.

C. Lamenta l’esponente che la giurisprudenza pacifica riconosce il diritto alla restituzione degli oneri di urbanizzazione se l’opera non viene realizzata. Ciononostante, le istanze di rimborso venivano rigettate dall’amministrazione interpellata, con note del 31/7/2013, 30/8/2013 e 6/2/2014 (all. 10, 12, 14), adducendo che l’organismo edilizio è stato manomesso e sono state realizzate opere in misura percentuale ben superiore (cfr. relazione di sopralluogo del 24/7/2013). Sottolineava altresì il Comune che l’istante era responsabile dell’omesso versamento dell’ICI per diversi anni.

D. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la Società ricorrente propone azione di accertamento, assumendo la non debenza delle somme versate a titolo di contributo di costruzione e citando la copiosa giurisprudenza sul tema. Assume che la concessione è decaduta per mancata esecuzione dei lavori, i quali si sono arrestati ad alcune opere di demolizione. L’importo che afferma indebitamente corrisposto è pari a 52.185,66 € articolato in 3 voci (18.104,61 € per oneri di urbanizzazione primaria, 26.182,86 € per oneri di urbanizzazione secondaria e 7.898,19 € per costo di costruzione).

In conclusione, la ricorrente chiede la restituzione della somma indebitamente versata (salva la detrazione dei costi per l’espletamento della pratica amministrativa), con interessi legali dalla messa in mora al saldo effettivo, oltre all’eventuale maggior danno ove dovuto.

E. Si è costituito in giudizio il Comune di Sasso Marconi, chiedendo la reiezione del gravame. Nei propri scritti difensivi puntualizza che – contrariamente a quanto opina la parte ricorrente – la relazione di sopralluogo e il rapporto fotografico attestano che i lavori avevano raggiunto uno stadio avanzato di realizzazione, con demolizione quasi totale delle tramezze interne, di pavimenti e massetti di sottofondo, asportazione quasi totale degli infissi interni ed esterni, rimozione del manto di copertura e parziale stesura di strato di impermeabilizzazione, demolizione di corpo di fabbrica a nord dell’organismo edilizio e dei servizi igienici e impianti (doc. 12). Avverte che parte ricorrente non ha mai chiesto la restituzione parziale, limitata alle opere non eseguite. In subordine, chiede che la restituzione sia subordinata alla remissione in pristino dello status quo ante.

F. Nella memoria finale parte ricorrente insiste nel sostenere che la demolizione è la parte iniziale (e corrisponde a una quota minimale) dell’attività di ristrutturazione (eseguita per il 10-15%).

G. Alla pubblica udienza del 16/6/2020 il gravame introduttivo è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

La Società ricorrente, che aveva ottenuto il titolo abilitativo per i lavori di ristrutturazione di un edificio ex rurale, censura la pretesa del Comune di esigere il pagamento del contributo di urbanizzazione (i lavori risultano solo parzialmente eseguiti). La controversia ha quindi ad oggetto un giudizio di accertamento negativo in ordine all’obbligazione pecuniaria relativa al pagamento del contributo, nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo rispetto alla quale gli atti di liquidazione sono privi di contenuto ed effetti provvedimentali (Consiglio di Stato, sez. IV – 1/2/2017 n. 425).

Il gravame è fondato e merita accoglimento, per i motivi di seguito illustrati.

1. Il Collegio richiama anzitutto i principi giurisprudenziali elaborati nella materia controversa, per cui il contributo concessorio (comprendente oneri di urbanizzazione e costo di costruzione) è un’obbligazione giuridica di tipo pubblicistico che sorge con il rilascio della concessione edilizia (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI – 7/2/2017 n. 728) ed è qualificabile come corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici arrecati al nuovo manufatto (Consiglio di Stato, sez. IV – 29/10/2015 n. 4950).

2. La disposizione che regola la fattispecie si rinviene all’art. 16 del DPR 380/2001 (rubricato “Contributo per il rilascio del permesso di costruire”), il quale dispone al comma 1 che “Salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 3, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nel presente articolo”. Nel caso di specie, è pacifica la natura dell’intervento in origine programmato, consistente nella ristrutturazione di un complesso edilizio.

3. Osserva il Collegio che, in linea generale, la partecipazione del privato al costo delle opere di urbanizzazione è dovuta allorquando l’intervento determini un incremento del peso insediativo con un’oggettiva rivalutazione dell’immobile, sicché l’onerosità del permesso di costruire è funzionale a sopportare il carico socio economico che la realizzazione comporta sotto il profilo urbanistico. Come ha statuito di recente il T.A.R. Brescia (cfr. sentenza Sezione I – 17/6/2019 n. 574, che non risulta appellata) <>. Si richiama, sul punto, la sentenza della sez. I del T.A.R. Brescia – 28/1/2020 n. 75.

3.1 Anche il Consiglio di Stato (cfr. sentenza sez. II – 9/12/2019 n. 8377) ha chiarito che “In linea di diritto, cioè, mentre la quota del contributo di costruzione commisurata al costo di costruzione risulta ontologicamente connessa alla tipologia e all’entità (superficie e volumetria) dell’intervento edilizio e assolve alla funzione di permettere all’amministrazione comunale il recupero delle spese sostenute dalla collettività di riferimento alla trasformazione del territorio consentita al privato istante (ossia, a compensare la c.d. compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore, a seguito della nuova edificazione), la quota del contributo di costruzione commisurata agli oneri di urbanizzazione “assolve alla prioritaria funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l’esigenza di utilizzare più intensamente quelle già esistenti” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2294; id., 29 agosto 2019, n.5964 )” (si veda anche Consiglio di Stato, sez. II – 21/10/2019 n. 7119).

4. Il contributo concessorio è in buona sostanza strettamente connesso all’attività di trasformazione del territorio e quindi, ove tale ultima circostanza non si verifichi, il pagamento risulta privo della causa dell’originaria “obbligazione di dare”, cosicché l’importo versato va restituito; il diritto al rimborso sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente (Consiglio di Stato, sez. IV – 7/3/2018 n. 1475; T.A.R. Marche – 8/5/2017 n. 348; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II – 2/5/2019 n. 426): la parziale realizzazione di opere previste nel permesso di costruire non può che comportare una riduzione dell’aggravio del carico urbanistico della zona e manifestare una minore capacità contributiva rispetto all’ipotesi in cui tutte le opere assentite fossero edificate (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 25/11/2019 n. 2492).

5. Da ciò l’ulteriore corollario che, allorché si dia luogo alla rinuncia al permesso di costruire o questo rimanga inutilizzato, ovvero nelle ipotesi di intervenuta decadenza del titolo edilizio, sorge in capo all’amministrazione, anche ai sensi dell’articolo 2033 c.c. o, comunque, dell’articolo 2041 c.c., l’obbligo di restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, e il diritto del privato a pretenderne la restituzione (Consiglio di Stato, sez. IV – 15/10/2019 n. 7020 e l’ampia giurisprudenza evocata).

6. Se il presupposto dell’onerosità della trasformazione edilizia è costituito dall’incremento di valore della proprietà immobiliare e dal maggior carico urbanistico determinato dall’intervento, nella fattispecie non può dirsi integrato: la Società ha posto in essere una mera attività di demolizione prodromica a una ristrutturazione (mai realizzata) e pertanto il fabbricato non si è arricchito di nuovi elementi ma è stato spogliato di alcune sue parti strutturali. In questo contesto è fuori luogo il richiamo a una trasformazione, avendo la demolizione investito un manufatto già esistente, senza arrecare un vulnus o comunque una modifica all’assetto del territorio.

7. Per tale motivo, deve essere rigettata la richiesta di subordinare il rimborso alla remissione in pristino dello status quo ante. Nell’invocata pronuncia del T.A.R. Toscana, sez. III – 11/2/2014 n. 288 (che risulta appellata) è stato affermato che “l’Amministrazione comunale può ben vantare una pretesa alla rimessione in pristino, cioè alla eliminazione delle trasformazioni territoriali realizzate e non più sorrette dal permesso di costruire” laddove – pur non essendo state realizzate le opere assentite dal titolo – “siano stati tuttavia posti in essere significativi interventi modificativi del territorio, come sbancamenti e ingenti movimenti terra, propedeutici alle edificazioni poi non realizzate”. Come già illustrato, nella fattispecie non si registra una manipolazione del territorio rispetto all’assetto preesistente, dal momento che le opere eseguite riguardano l’eliminazione e l’asportazione di porzioni ed elementi dell’edificio.

8. In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con l’accertamento della non debenza da parte della Società ricorrente del contributo di costruzione versato e con la condanna dell’amministrazione comunale alla restituzione del quantum indebitamente percepito, oltre agli interessi maturati dalla data di notificazione dell’atto introduttivo del presente giudizio. Dispone infatti l’art. 2033 c.c. che “chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda”. In assenza di prova contraria, deve presumersi la buona fede dell’amministrazione comunale (cfr. sentenze T.A.R. Brescia, sez. I – 20/5/2019 n. 499; sez. II – 2/5/2019 n. 426).

Non sussiste alcun ulteriore pregiudizio suscettibile di riparazione, in totale assenza di prova.

9. Il Comune intimato dovrà conseguentemente provvedere – entro 90 giorni dalla comunicazione della presente pronuncia – alla restituzione del quantum dovuto. La somma dovrà essere maggiorata degli interessi, calcolati dalla data di notificazione del ricorso fino al saldo.

10. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in epigrafe, e per l’effetto condanna il Comune resistente al rimborso della somma indebitamente riscossa a titolo di contributo di costruzione, maggiorata di interessi.

Condanna l’amministrazione resistente a corrispondere alla Società ricorrente, previa distrazione in favore degli avv.ti Giorgio Bacchelli e Salvatore Pignatelli – dichiaratisi antistatari ai sensi degli artt. 39 comma 1 c.p.a. e 93 c.p.c. – la somma di 3.000 € a titolo di compenso per la difesa tecnica, oltre a oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

La presente sentenza è depositata in forma telematica, e la Segreteria della Sezione provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in video-conferenza con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Mozzarelli, Presidente

Stefano Tenca, Consigliere, Estensore

Jessica Bonetto, Primo Referendario

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