15/09/2020 – Servizio irregolare? Sconti Tari – Riduzioni anche se non sono previste dal comune

La Cassazione: è un temperamento tariffario a fronte di una raccolta rifiuti incompleta
Servizio irregolare? Sconti Tari – Riduzioni anche se non sono previste dal comune
a cura di Sergio Trovato

La Tari è dovuta in misura ridotta se il servizio di raccolta dei rifiuti non viene svolto in modo regolare. La riduzione tariffaria spetta al contribuente anche se l’agevolazione non è prevista nel regolamento comunale. Non si tratta di un risarcimento a favore del contribuente o di una sanzione a carico dell’amministrazione locale, ma di un temperamento della tassazione a fronte di un servizio di raccolta che non viene svolto in modo completo nel territorio comunale. Lo ha affermato la Corte di cassazione, con l’ordinanza 17334 del 19 agosto 2020.

Per i giudici di piazza Cavour, la riduzione tariffaria non opera «quale risarcimento del danno da mancata raccolta dei rifiuti, né quale sanzione per l’amministrazione comunale inadempiente, bensì al diverso fine di temperare l’imposizione, entro la percentuale massima già individuata dalla norma, equilibrando l’ammontare della tassa comunque pretendibile, che nella misura ordinaria tiene conto dei costi generali del servizio completo svolto nell’area municipale, con i costi che il cittadino è tenuto presumibilmente a sostenere per far fronte alla mancata raccolta, laddove il comune non assicuri in un ambito territoriale della zona perimetrata l’intero ciclo di smaltimento, ma lo garantisca solo in parte». Secondo la Cassazione, se nelle aree del territorio comunale il servizio di raccolta non viene svolto il tributo può essere preteso «nella misura massima del 40% della tariffa ordinaria». La percentuale di riduzione, poi, deve essere graduata in relazione alla distanza dal punto di raccolta più vicino. Questo presuppone che il servizio venga svolto, ma non nella zona dove è ubicato l’immobile. Pertanto, va adeguata «la riduzione al peso economico della carenza, parametrato in termini chilometrici».
La riduzione tariffaria. Se il servizio di raccolta dei rifiuti non viene svolto dall’amministrazione comunale o viene svolto in modo inefficiente, e vengono dunque meno le condizioni che consentono di poterne fruire, i contribuenti hanno diritto al pagamento ridotto della tassa, che è dovuta in misura non superiore al 40%. Per affermare questo diritto non è richiesto che gli interessati debbano dimostrare una precisa responsabilità dell’amministrazione. L’agevolazione spetta per il semplice fatto che il servizio non viene svolto secondo i criteri previsti dalla legge e dal regolamento comunale. La Cassazione, già con l’ordinanza 22531 del 27 settembre 2017, ha giudicato infondata la decisione di un giudice d’appello, laddove non aveva riconosciuto il diritto della società contribuente alla riduzione tariffaria per mancata responsabilità del comune di Napoli nella gestione del servizio. Infatti, hanno chiarito i giudici di legittimità che non ha alcuna rilevanza la responsabilità dell’amministrazione comunale al fine di riconoscere l’agevolazione. In base alla disciplina Tarsu, ma la stessa regola vale oggi per la Tari, il diritto alla riduzione sorge «per il solo fatto che il servizio di raccolta, debitamente istituito ed attivato, non venga poi concretamente svolto, ovvero venga svolto in grave difformità rispetto alle modalità regolamentari relative alle distanze e capacità dei contenitori, ed alla frequenza della raccolta; così da far venir meno le condizioni di ordinaria ed agevole fruizione del servizio da parte dell’utente». Pertanto, anche se l’espletamento del servizio pubblico di nettezza urbana, secondo quanto disposto dall’articolo 59 del decreto legislativo 507/1993, rientra nella responsabilità generale di buona amministrazione del comune, la riduzione «è purtuttavia dalla legge prevista per il fatto obiettivo che il servizio istituito non venga poi erogato» o, il che è lo stesso, non sia fruibile».
Regole e agevolazioni. La ragione istitutiva della tassa è quella di porre le amministrazioni locali nelle condizioni di soddisfare interessi generali della collettività e non di fornire delle prestazioni riferibili ai singoli contribuenti. In effetti, ex lege, anche il mancato svolgimento del servizio di raccolta da parte del comune non comporta l’esenzione, ma il pagamento del tributo in misura ridotta. L’articolo 59, comma 4, del decreto legislativo 507/1993 disponeva per la Tarsu la riduzione anche se il servizio di raccolta, sebbene istituito, non venisse svolto nella zona di residenza, di dimora o dove esercitava l’attività il contribuente. La riduzione spettava, inoltre, se il servizio era effettuato in grave violazione delle prescrizioni del regolamento comunale di nettezza urbana. Nel regolamento comunale, in effetti, devono essere indicati i limiti della zona di raccolta obbligatoria e dell’eventuale estensione del servizio a zone con insediamenti sparsi, le modalità di effettuazione del servizio, con l’individuazione degli ambiti e delle zone, nonché delle distanze massime di collocazione dei contenitori. È il contribuente che deve dare la prova delle condizioni per usufruire eventualmente della riduzione della tassa. Le stesse disposizioni sono state estese alla Tari. I commi 656 e 657 della legge di Stabilità 2014 (147/2013), richiamate nella pronuncia della Cassazione, prevedono che il tributo è dovuto nella misura del 20% in caso di mancato svolgimento del servizio e in misura non superiore al 40% nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, da graduare in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta.
Sia per la Tarsu che per la Tari, ancora oggi, il presupposto è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti. Non sono soggetti a imposizione i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, sempre che queste circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o a idonea documentazione. Tra i locali e le aree che non possono produrre rifiuti per la natura delle loro superfici rientrano quelli situati in luoghi impraticabili, interclusi o in stato di abbandono. Dunque, la legge prevede una presunzione relativa di produzione dei rifiuti che ammette la prova contraria. La sussistenza delle condizioni che fanno venir meno la presunzione di legge della potenziale produzione di rifiuti devono essere provate dal contribuente e riscontrabili da parte dell’amministrazione. Sono sottratti all’imposizione solo i locali e le aree che sono oggettivamente inutilizzabili o insuscettibili di produrre rifiuti, e non quelli lasciati in concreto inutilizzati. Anche la scelta soggettiva del titolare di non usare l’immobile non assume alcuna rilevanza. La Cassazione ha ripetutamente ribadito che anche gli immobili vuoti, vale a dire privi di allacci alle reti idriche, elettriche, o di mobili, sono soggetti al prelievo.
Le amministrazioni comunali per poter applicare la tassa sono tenute a adottare un regolamento che deve contenere non solo la classificazione delle categorie e eventuali sottocategorie, ma anche la graduazione delle tariffe ridotte per particolari condizioni d’uso. Nell’ambito del potere regolamentare possono essere individuate anche le fattispecie agevolative, con le relative condizioni, le modalità di richiesta e le eventuali cause di decadenza. È riconosciuta all’ente la facoltà di prevedere, con apposita disposizione del regolamento, speciali agevolazioni, sotto forma di riduzioni e, in via eccezionale, di esenzioni dal tributo.

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