15/09/2020 – Mobilità intercompartimentale. Inquadramento

Mobilità intercompartimentale. Inquadramento

 

Oggetto
Mobilità intercompartimentale. Inquadramento.
Massima
Nella fattispecie del passaggio da un ente ad un altro per procedura di mobilità intercompartimentale il dipendente è collocato nella posizione economica quanto più corrispondente alla retribuzione in godimento presso l’ente di provenienza. Qualora si verifichi il caso che il dipendente assunto per mobilità abbia uno stipendio fisso e continuativo superiore a quello che avrebbe a seguito del nuovo inquadramento presso l’ente di destinazione, al dipendente è attribuito un assegno personale da riassorbire, sino alla concorrenza dell’importo, sui futuri miglioramenti economici derivanti dal rinnovo del contratto di lavoro e dall’eventuale applicazione dell’istituto della progressione orizzontale.
Funzionario istruttore
MARIA SAICOVICH

maria.saicovich@regione.fvg.it

Parere espresso da
Servizio sistema autonomie locali e funzione pubblica
Testo completo del parere
Il Comune chiede di conoscere quali siano le disposizioni normative che regolano l’inquadramento giuridico/economico di una dipendente trasferita a seguito di procedura di mobilità intercompartimentale da un’Azienda sanitaria, in cui risultava inquadrata nel profilo di “collaboratore amministrativo professionale”, categoria D, fascia economica 6, con assegno. In precedenza – precisa l’Ente istante – l’interessata, fino al 30 novembre 2017, era già stata dipendente di un Comune della regione, con inquadramento giuridico D2. Allo stato attuale l’ufficio personale, competente alla predisposizione dei cedolini paga, sarebbe propenso a procedere all’inquadramento della dipendente di cui si discute nella categoria D, posizione economica D1, atteso che, “nei due anni in cui la dottoressa è stata dipendente ASL il comparto[1] ha avuto degli aumenti contrattuali che non ci sono stati in ASL”.

Occorre premettere che l’art. 24, comma 1, della l.r. 18/2016 dispone che le amministrazioni del Comparto unico possono attivare processi di mobilità con altri comparti del pubblico impiego, secondo i criteri di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 giugno 2015 (Definizione delle tabelle di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione del personale non dirigenziale).

Il successivo comma 2 precisa altresì che, per la predetta finalità, la Giunta regionale, sentite le Organizzazioni sindacali di Comparto, definisce una tabella di equiparazione fra i livelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A tutt’oggi, tale tabella non risulta essere stata approvata e, pertanto, in assenza di precise indicazioni in merito, appare necessario richiamare i consolidati principi giurisprudenziali formatisi in materia, al fine di trovare una soluzione e poter operare un corretto inquadramento del personale proveniente, a seguito di procedura di mobilità intercompartimentale, da un diverso comparto di contrattazione.

La giurisprudenza civilistica ha evidenziato che l’art. 30[2] del d.lgs. n. 165 del 2001 riconduce il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla fattispecie della cessione del contratto (art. 1406 c.c.), stabilendo la regola generale dell’applicazione del trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi del comparto dell’amministrazione cessionaria, non giustificandosi diversità di trattamento tra dipendenti dello stesso ente, a seconda della provenienza[3]. Il giudice del lavoro, in particolare, ha affermato tra l’altro il principio secondo il quale il passaggio per mobilità intercompartimentale da un datore di lavoro all’altro comporta l’inserimento del dipendente in una diversa realtà organizzativa e in un mutato contesto di regole normative e retributive, con applicazione del trattamento in atto presso il nuovo datore di lavoro (art. 2112 c.c.)[4].

Il rinvio alla disciplina generale della cessione del contratto comporta la riconducibilità della mobilità volontaria nell’ambito di una modificazione meramente soggettiva del rapporto di lavoro, con prosecuzione, quindi, del suo contenuto, restando immutati gli elementi oggettivi essenziali, tra i quali la posizione previdenziale, quella retributiva e, necessariamente, l’inquadramento, nella sostanza, del dipendente presso l’ente di destinazione.

Si è inoltre sottolineato che l’inquadramento nell’area (categoria) funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza va inteso in conformità al principio di diritto, secondo cui nel passaggio per mobilità deve essere, in ogni caso, garantita l’equivalenza fra l’inquadramento goduto dal lavoratore nell’ente di provenienza e quello allo stesso spettante presso l’amministrazione di destinazione[5].

La Suprema Corte ha altresì precisato che l’inquadramento, nell’ambito dell’amministrazione di destinazione, deve essere individuato in quello “maggiormente corrispondente” all’inquadramento previsto presso l’ente di provenienza dalle fonti legali e contrattuali.

Nella fattispecie del passaggio da un ente ad un altro per procedura di mobilità intercompartimentale il dipendente è pertanto collocato nella posizione economica quanto più corrispondente alla retribuzione in godimento presso l’ente di provenienza. Inoltre, come precisato dall’ANCI[6], qualora si verifichi il caso che il dipendente assunto per mobilità abbia uno stipendio fisso e continuativo superiore a quello che avrebbe a seguito del nuovo inquadramento presso l’ente di destinazione, al dipendente è attribuito un assegno personale da riassorbire, sino alla concorrenza dell’importo, sui futuri miglioramenti economici derivanti dal rinnovo del contratto di lavoro e dall’eventuale applicazione dell’istituto della progressione orizzontale.

Premesso un tanto in ordine ai principi che regolano l’inquadramento del personale nella fattispecie prospettata, si rappresenta ad ogni buon conto che i dipendenti trasferiti per mobilità non subiscono trattamenti deteriori dal punto di vista economico, conservando a tal fine la retribuzione precedentemente acquisita e maturata. Né tanto meno incorrono in “declassamenti” dal punto di vista giuridico, sostanziandosi la mobilità intercompartimentale in un passaggio diretto fra livelli/categorie corrispondenti per contenuto, anche se appartenenti a diversi comparti di contrattazione, e non rilevando le posizioni rivestite precedentemente all’inquadramento presso l’ente di ultima provenienza.

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[1] Comparto unico del pubblico impiego regionale e locale del FVG.

[2] Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse.

[3] Cfr. Cass., sez. lav., sentenza n. 16185 del 17 luglio 2006.

[4] Cfr. Tribunale di Milano, Sez. lavoro, sentenza del 7 maggio 2014.

[5] Cfr. Cass. Civ., ordinanza Sez. L, n. 9663 del 5 aprile 2019.

[6] Cfr. parere del 22 novembre 2010.

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