15/05/2023 – Impiego di lavoro “supplementare” per esecuzione dell’appalto

IMPIEGO DI LAVORO “SUPPLEMENTARE” PER ESECUZIONE DELL’ APPALTO

Consiglio di Stato, sez. V, 24.04.2023 n. 4144

Il lavoro supplementare è quindi istituto espressamente previsto sia dalla contrattazione collettiva sia dalla normativa di riferimento, che può essere utilizzato dall’imprenditore quale possibile soluzione organizzativa.

La giurisprudenza sul punto ha chiarito che: “il lavoro supplementare è una modalità di organizzazione del lavoro (volta a consentire un legittimo risparmio di spesa) perfettamente compatibile, ai sensi della vigente contrattazione collettiva di settore, con l’assolvimento delle esigenze aziendali sottese alla tipologia di appalto per cui è causa. L’eventuale rifiuto del lavoratore – che apparentemente sembra previsto solo dalla disciplina legislativa di default, ma che secondo una parte della dottrina non può essere limitato al caso in cui manchi la disciplina collettiva – riguarda un profilo attinente ai rapporti interni tra datore e lavoratore, senza intaccare la significatività dell’impegno giuridico assunto dall’impresa nei confronti del committente” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 maggio 2018, n. 3244; in termini: Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 ottobre 2020, n. 6336; Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 dicembre 2019, n. 8303; TAR Lazio, sez. III-bis, 3 maggio 2018, n. 4966 ).

Proprio in quanto modalità (ordinaria) di organizzazione del lavoro, diversamente da quanto sostiene l’appellante, il lavoro supplementare può essere utilizzato anche per eseguire “prestazioni ordinarie” di servizio come affermato da questa Sezione con sentenza 8 maggio 2020, n. 2900 in cui si è evidenziato “Deve infatti convenirsi con il precedente di Cons. Stato, V, 7 gennaio 2020 n. 83, per cui “la sola natura volontaria del lavoro straordinario (così come di quello supplementare) non vale di per sé a incidere sull’offerta o “intaccare la significatività dell’impegno giuridico assunto dall’impresa nei confronti del committente”, afferendo piuttosto il possibile rifiuto del prestatore di lavoro “ai rapporti interni fra datore e lavoratore”; tutto ciò sempreché “il ricorso al lavoro supplementare (e straordinario) sia contenuto in una percentuale limitata” (Cons. Stato, VI, 30 maggio 2018, n. 3244). Dal che consegue che il richiamo al lavoro straordinario non va ritenuto aprioristicamente precluso a fini di giustificativi della sostenibilità dell’offerta, potendo esso effettivamente rientrare fra gli elementi di possibile organizzazione dell’impresa (cfr. Cons. Stato, III, 14 novembre 2018, n. 6430; v. anche Id., 18 gennaio 2018, n. 324)”.

Non può pertanto condividersi l’aprioristico giudizio contenuto in sentenza, secondo cui il ricorso a queste due tipologie di lavoro di per sé renderebbe inaffidabile l’offerta, trattandosi di tipologie pacificamente riconosciute e consentite dalla legge e dalla stessa disciplina di gara.

D’altro canto, effettivamente eccede l’ambito del sindacato di legittimità proprio del giudice amministrativo, per attingere direttamente il merito della discrezionalità tecnica nella scelta del contraente, che compete alla sola stazione appaltante, il rilievo secondo cui – con riguardo al part-time – sussisterebbero “altre tipologie contrattuali (rectius di articolazione dell’orario di lavoro), peraltro, espressamente contemplate all’art. 30 del CCNL citato, sicuramente più adatte del part time a soddisfare l’esigenza dell’impresa di far fronte alle prestazioni proprie dell’appalto di servizi in questione in orari compatibili con quelli di normale funzionalità degli uffici che hanno sede presso gli immobili interessati dalle attività di pulizia”

Il ricorso al lavoro supplementare anche laddove riferito alla percentuale – non provata – di circa il 19% per cento del costo complessivo del lavoro, pertanto deve intendersi ammissibile secondo la prevalente giurisprudenza in materia, essendo tale percentuale, anche laddove effettivamente sussistente, da ritenersi, come correttamente evidenziato dal primo giudice “allineata agli standard già validati dal vissuto giurisprudenziale che ha ritenuto ammissibili offerte similari”.

Ed invero nella pronuncia del Cons. Stato, III, 20 agosto 2021, n. 5967 peraltro richiamata dalla stessa parte appellante, si afferma expressis verbis che “ Anzitutto, non può essere qui condivisa la prima statuizione della decisione appellata che impinge in un presunto rilievo esorbitante del contingente percentuale di ore di lavoro supplementare, stimato nel 20 % del monte ore complessivo, non trovando il suddetto postulato, nella sua rigidità applicativa, alcun appiglio giuridico negli arresti della giurisprudenza di settore e tantomeno nella specifica disciplina di riferimento.

Si è, a tal riguardo, efficacemente evidenziato in giurisprudenza che il lavoro supplementare è una modalità di organizzazione del lavoro (volta a consentire un legittimo risparmio di spesa) perfettamente compatibile, ai sensi della vigente contrattazione collettiva di settore, con l’assolvimento delle esigenze aziendali sottese alla tipologia di appalto per cui è causa.

La sola natura volontaria del lavoro straordinario (così come di quello supplementare) non vale di per sé a incidere sull’offerta o “intaccare la significatività dell’impegno giuridico assunto dall’impresa nei confronti del committente”, potendo emergere qualche criticità solo a cagione del possibile rifiuto del prestatore di lavoro e, dunque, in relazione ai rapporti interni fra datore e lavoratore. Dal che consegue che il richiamo al lavoro straordinario (così come quello supplementare) non va ritenuto aprioristicamente precluso a fini di giustificativi della sostenibilità dell’offerta, potendo esso effettivamente rientrare fra gli elementi di possibile organizzazione dell’impresa (cfr. Cons. St., sez. V, 8 maggio 2020, n. 2900; sez. V, 7 gennaio 2020, n.83; sez. VI, 30 maggio 2018, n. 3244; ) anche nella misura percentuale corrispondente a quella di assenza dal servizio dei lavoratori ordinariamente impiegati (cfr. Cons. St., sez. V, 19 febbraio 2020, n. 1500; Cons. St., sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694) sempreché il ricorso al lavoro supplementare (e straordinario) sia contenuto in una percentuale limitata.

Vale soggiungere che non risulta indicata nei suddetti approdi una soglia rigidamente predeterminata al di sopra della quale si debba ritenere non consentita tale modalità di impiego.

E tanto in ragione del fatto che i parametri di legittimità vanno colti all’interno della specifica disciplina di riferimento, mutuata dalle disposizioni di rango primario per come integrate dai CCNL applicativi, dovendo poi i suddetti parametri essere combinati con quelli di intrinseca congruenza logica e complessiva sostenibilità economica della singola, specifica offerta”.

 

 

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