14/10/2019 – II principio di rotazione nell’aggiudicazione degli appalti pubblici

 
II principio di rotazione nell’aggiudicazione
degli appalti pubblici*
Sommario: 1. La declinazione dell’evidenza pubblica nel sotto-soglia. – 2. La disciplina per principi. – 3. Il principio di rotazione quale principio anomalo. – 4. Principio di rotazione e tutela della concorrenza. – 5. Rotazione degli inviti e rotazione degli affidamenti. – 6. Deroga alla rotazione: reinvito e riaffido.
1.  La declinazione dell’evidenza pubblica nel sotto-soglia
Il “principio di rotazione” ha il suo principale, ancorché non esclusivo, ambito d’azione in relazione agli affidamenti al di sotto della soglia di rilevanza comunitaria, il che presuppone una previa ricognizione della declinazione delle regole di evidenza pubblica, cioè delle modalità di individuazione dell’operatore economico con il quale stipulare i contratti pubblici, con riferimento a tale settore di attività [1].
L’avvento del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) ha fortemente innovato la sistematica propria della regolazione del sotto-soglia rispetto al codice precedente (d.lgs. n. 163/2006), impostando la relativa disciplina su basi diverse e aprendo a nuovi strumenti regolatori di non facile inquadramento giuridico (in particolare le c.d. linee guida di ANAC) [2]. Tale assetto disciplinare, già fatto oggetto di intervento novativo da parte del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (decreto correttivo al Codice del 2016), ha di recente subito una significativa rivisitazione ad opera del d.l. 18 aprile 2019, n. 32 (portante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”), convertito in legge 14 giugno 2019, n. 55.
La disciplina del sotto-soglia nel d.lgs. n. 163/2006 può sintetizzarsi intorno a due scelte normative fondamentali. La prima era quella della tendenziale uniformazione della regolazione del sotto-soglia a quella del sopra-soglia: dopo che il titolo 1° della parte 2a del Codice aveva fissato la disciplina dei “contratti di rilevanza comunitaria”, il titolo 2°, impostando la regolazione dei “contratti sotto soglia comunitaria”, all’art. 121 stabiliva, accanto alle poche specifiche disposizioni contenute nel titolo 2° medesimo, un generale rinvio alle disposizioni del sopra soglia “in quanto non derogate dalle norme del presente titolo”. Dunque si era in presenza di una scelta di omologazione nella regolazione dell’intero settore degli appalti pubblici [3] e, da un punto di vista della tecnica disciplinare, all’imposi­zione anche al sotto-soglia di “regole dettagliate”, fossero esse quelle espressamente poste dal titolo 2° ovvero quelle derivanti dall’estensione dell’applicabilità della disciplina del sopra-soglia. La seconda scelta fondamentale riguardava invece l’enucleazione, nel genus del sotto-soglia, di una specifica enclave, costituita dai “lavori, servizi e forniture in economia”, per i quali valeva uno statuto giuridico del tutto particolare, posto dall’art. 125: “affidamento diretto”, per aggiudicazioni sino a 40.000 euro, declinarsi della concorsualità (per affidamenti fino ad importi determinati dai co. 8 e 11) non in “regole dettagliate” ma attraverso una “disciplina per principi”, con richiamo ai principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di un certo numero di operatori economici.
In sintesi, dunque, il Codice del 2006 stabiliva, da un lato e in generale, una equiordinazione tra sopra e sotto-soglia, sottoposti a una medesima disciplina, e, dall’altro lato, una spinta semplificatrice per gli affidamenti in economia, rimessi ad una regolazione per principi ovvero all’affidamento diretto da parte della stazione appaltante.
Ben diversa è la struttura disciplinare del sotto-soglia propria del d.lgs. n. 50/2016. Essa può riassumersi intorno a quattro scelte fondamentali.
La prima scelta operata dal Codice del 2016, che dedica espressamente al sotto-soglia il solo art. 36, è quella di superare la equiordinazione con il sopra-soglia effettuata dal precedente Codice del 2006, così che viene meno il diretto rinvio alle previsioni del codice disciplinanti gli appalti di importo superiore alla soglia comunitaria, il che non esclude del tutto una osmosi tra norme specifiche del sopra-soglia e disposizioni applicabili al sotto-soglia, attraverso il cavallo di Troia dei principi.
La seconda e fondamentale scelta è quella del passaggio da un sistema disciplinare per “regole dettagliate”, com’era nel 2006 attraverso le previsioni espressamente dedicate al sotto-soglia e il rinvio a quelle del sopra-soglia, ad una disciplina “per principi”, disponendo il co. 1 dell’art. 36 del d.lgs. n. 50 cit. che «l’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, commi 1, 34 e 42, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccolo e medie imprese» [4]. Il legislatore dunque percorre una via (passaggio da regole dettagliate a principi) inversa da quella percorsa con riferimento alle concessioni di servizi, ove si ha il passaggio dai principi posti dal Codice del 2006 alle regole dettagliate di quello del 2016 [5]. Si tratta di sistemi disciplinari assai diversi e che pongono problematiche diverse, sui quali dovremo tornare.
La terza scelta effettuata è quella del superamento della categoria degli affidamenti “in economia”, di cui al pregresso art. 125, del d.lgs. n. 163/2006. A ben vedere si tratta, in buona sostanza, di una sorta di “economizzazione” dell’intero settore del sotto-soglia, al quale vengono generalizzate sia la regolazione per principi che le procedure utilizzabili (affidamento diretto e procedure negoziate) già proprie degli affidamenti in economia.
La quarta scelta è quella di accompagnare la disciplina per principi non solo con le regole espresse poste dallo stesso art. 36 (o da altre disposizioni sparse nel codice) ma anche con la previsione, di cui al suo co. 7, secondo cui «l’ANAC con proprie linee guida, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente Codice, stabilisce le modalità di dettaglio per supportare le stazioni appaltanti e migliorare la qualità delle procedure di cui al presente articolo, delle indagini di mercato, nonché per la formazione e gestione degli elenchi degli operatori economici». Questa previsione rischia di contraddire, almeno in parte, l’opzione a favore della regolazione “per principi”: a livello legislativo si è passati dalle “regole dettagliate” alla disciplina “per principi”, il che vuol dire rimettere alle stazioni appaltanti la individuazione delle modalità di dettaglio nelle quali si inverano i principi; poi però si stabilisce che ANAC provveda a fissare le “modalità di dettaglio” nelle quali i principi stessi si traducono; così che è possibile che il tutto si riduca ad un cambio del contenitore entro cui le previsioni dettagliate sono inserite (non più la legge ma le linee guida ANAC), con le problematiche connesse alle incertezze concettuali e ontologiche che caratterizzano le richiamate linee guida.
Come anticipato, la disciplina dell’art. 36 cit. è stata poi modificata in termini tutt’altro che marginali dal d.l. n. 32/2019, che ha significativamente innovato le modalità operative di svolgimento delle procedure di affidamento dei contratti sotto-soglia. Esso ha tuttavia travolto una sola delle quattro scelte di fondo del d.lgs. n. 50/2016 appena enunciate, lasciando inalterate le altre; ad essere superata è l’opzione del co. 7 dell’art. 36 cit. a favore delle linee guida ANAC, che il legislatore del 2019 ha ritenuto di non confermare, tornando al più tradizionale involucro normativo del regolamento governativo. Il citato co. 7, infatti, rinvia, per la disciplina di dettaglio delle procedure sotto-soglia, nonché per la individuazione delle «specifiche modalità di rotazione degli inviti e degli affidamenti», al «regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies», richiamando anche la disposizione transitoria prevista dalla suddetta disposizione, in base alla quale si ha una temporanea sopravvivenza delle linee guida ANAC anche in materia di sotto-soglia, subordinata alla doppia condizione della compatibilità con le norme primarie del codice e con le procedure di infrazione attivate dall’Europa [6]. Rimane quindi il rinvio ad una disciplina di dettaglio, che non sarà più costituita però da linee guida ANAC ma da un ordinario regolamento governativo [7].
2.  La disciplina per principi
Il profilo concettualmente più significativo, tra le novità disciplinari sopra evocate, è costituito dal passaggio della regolamentazione delle gare sotto-soglia ad opera di norme specifiche, dedicate ai singoli segmenti delle relative procedure (“regole dettagliate”), co­m’era nel sistema precedente seppur in gran parte attraverso il richiamo alle previsioni legislative proprie del sopra-soglia, alla regolamentazione “per principi”. Nel primo caso è la stessa fonte normativa a stabilire le modalità di attuazione di ogni singolo passaggio procedurale, così che all’interprete (e in primo luogo alla stazione appaltante che deve in concreto svolgere la gara) non residua che dar concreta applicazione alla previsione astratta della norma, al netto dei problemi interpretativi che possono presentarsi. Nel secondo caso, invece, la regolamentazione dei singoli adempimenti della procedura di gara deriva, non già dell’applicazione di una specifica regula iuris, bensì da una previa attività volta a stabilire come il principio generale (ad esempio il “principio di libera concorrenza” o il “principio di trasparenza”) si traduce in concreto rispetto alla disciplina dell’adempimento in questione (si tratti della individuazione della composizione della commissione di gara o dell’apertura in sede pubblica o riservata di una certa busta) [8]. L’applicazione del principio passa dunque attraverso una complessa attività dell’interprete, chiamato non alla esegesi di una previsione astratta, ma a dar concreto corpo al principio, stabilendo le specifiche disposizioni disciplinari nelle quali, nel caso in esame, il principio stesso si invera. Al soggetto chiamato a dare applicazione al principio compete, in buona sostanza, un sorta di attività di elaborazione di regole, come frutto della traduzione in concreto della forza evocatrice del principio stesso (si parla infatti, come subito vedremo, di funzione “nomogenetica”).
Merita di essere richiamata, in materia di regolazione “per principi”, la sentenza del­l’Adunanza plenaria del Cons. Stato n. 13/2013 [9]. In essa si afferma in termini chiari che «i principi generali di un settore esprimono valori e criteri di valutazione immanenti all’or­dine giuridico, che hanno una memoria del tutto che le singole e specifiche disposizioni non possono avere e ai quali esse sono riconducibili; sono inoltre caratterizzate da una eccedenza di contenuto deontologico in confronto con le singole norme, anche ricostruite nel loro sistema, con la conseguenza che essi, quali criteri di valutazione che costituiscono il fondamento giuridico della disciplina considerata, hanno anche una funzione genetica (“nomogenetica”) rispetto alle singole norme». Con l’aggiunta che i principi stessi «abbisognano anche di declinazioni in disposizioni specifiche legislative, che trovano la propria ratio immediata nei medesimi principi, sia pure calati rispetto ad esigenze più particolari e che a loro volta si caratterizzano, questo è il punto centrale, per essere tradizionalmente considerati principi generali della specifica materia».
La sentenza richiamata assume, nell’economia della presente riflessione, una duplice valenza. Da un lato essa conferma la significativa portata del passaggio alla regolazione “per principi”. Il principio, per definizione, si pone su un piano concettuale diverso dalla specifica disposizione, esprimendo un valore immanente nell’ordinamento e destinato a proiettare la sua forza disciplinare in un vasto arco d’azione, come traduzione in concreto della memoria del tutto che esso racchiude, con ciò che ne segue in termini di complessità applicativa. Dall’altro lato, la medesima sentenza serve a fondare un pur solo preliminare ragionamento su cosa sono i principi, certamente indirizzando verso l’idea appunto di un criterio valoriale astratto, come la trasparenza, la concorrenza, la proporzionalità, l’economi­cità, ecc., che si differenzia nettamente dalla concreta previsione disciplinare, avendo il principio, come dice la Plenaria, una eccedenza di contenuto deontologico rispetto alla norma concreta. In effetti la dottrina amministrativistica, anche al di fuori dell’ambito della contrattualistica pubblica, ha ragionato di principi del diritto amministrativo sempre in termini di direttive ispiratrici di ampia portata, cui le discipline di settore sono rapportabili [10].
Se passiamo alle specifiche disposizioni normative relative al sotto-soglia, troviamo che l’art. 36, co. 1, del d.lgs. n. 50/2016 prevede che «l’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30, comma 1, 34 e 42, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese. Le stazioni appaltanti possono, altresì, applicare le disposizioni di cui all’articolo 50». La disposizione ha plurimi contenuti disciplinari. In primo luogo richiama i principi di cui all’art. 30, co. 1, dello stesso d.lgs. n. 50 cit., il quale a sua volta prevede che «l’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell’affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice. Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell’ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico». Vengono in tal modo richiamati principi generali, sicuramente riconducibili al paradigma generale sopra evocato, come i principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, di pubblicità, con alcune specificazioni sulla loro effettiva portata. Vengono, in secondo luogo, richiamati gli artt. 34 e 42, d.lgs. n. 50, cit., relativi rispettivamente ai criteri di sostenibilità energetica e ambientale e al conflitto d’interessi. È possibile, in terzo luogo, l’applicazione dell’art. 50, riferito alle clausole sociali. Infine, in quarto luogo, abbiamo un’ipotesi di principio formulato direttamente dall’art. 36 cit., senza cioè il rinvio ad altre disposizioni del codice, relativa al «rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese».
Emerge in tal modo il “principio di rotazione”, come cardine specifico della regolamentazione degli affidamenti dei contratti sotto-soglia ed oggetto precipuo della presente analisi.
3.  Il principio di rotazione quale principio anomalo
Nella formulazione originaria del Codice, l’art. 36, co. 1, stabiliva semplicemente il “rispetto del principio di rotazione”, senza alcuna ulteriore indicazione circa l’oggetto cui lo stesso principio dovesse applicarsi. Lo schema del decreto correttivo (che ha portato poi, con le modifiche che saranno indicate, al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, correttivo appunto del d.lgs. n. 50/2016) specificava invece che era dovuto il “rispetto del principio di rotazione degli inviti”, chiarendo quindi che la rotazione avveniva già in sede di individuazione degli operatori che potevano partecipare alla selezione e che aveva quindi ad oggetto gli inviti, nel senso che l’impresa invitata ad una pregressa selezione, ancorché non ne fosse risultata aggiudicataria, doveva cedere il passo ad altre imprese, essendo quindi esclusa dalla successiva procedura competitiva. Il Consiglio di Stato, nel parere sul suddetto schema [11], coglie subito che, nella nuova prospettiva, «non sarebbero ammessi al successivo invito anche gli operatori già partecipanti alle precedenti selezioni, ancorché non aggiudicatari», mentre «la precedente formulazione, invece, poteva intendersi nel senso che la turnazione si riferisse alla posizione di affidatario del contratto, legittimando la ripetizione di inviti alla stessa platea di operatori»; conclude sul punto che «si tratta di una soluzione che, astrattamente, amplia la base degli operatori economici coinvolti nelle procedure di affidamento», aggiungendo che «si deve osservare, però, che in tal modo, si pongono sullo stesso piano i precedenti aggiudicatari e i precedenti concorrenti», apparendo «preferibile, invece, evidenziare che la rotazione dovrebbe preferibilmente assicurare proprio l’alternanza degli affidamenti e non delle mere occasioni di partecipazione alla selezione». Il decreto correttivo (d.lgs. n. 56/2017), modifica in parte il tiro rispetto alla previsione del progetto inziale, così che si arriva all’attuale previsione secondo cui deve essere garantito il “rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti” [12].
Salvi gli approfondimenti che seguiranno, è necessario soffermarsi sul significato che il «principio di rotazione» assume e sulla sua riconduzione al concetto di direttiva di stampo valoriale, foriera di specifiche regole di condotta della stazione appaltante, sopra delineato a proposito della categoria generale dei principi quali peculiare modalità di regolamentazione della gare, contrapposte alle regole puntuali.
Il concetto di rotazione tra più operatori economici esprime l’idea, già nel linguaggio comune, di un avvicendarsi tra gli stessi, così che tra i soggetti cui il meccanismo si applica si determini un susseguirsi l’uno all’altro nello svolgimento di un’attività ovvero un’al­ternanza nel ricoprire un certo incarico. La rotazione non evoca quindi un giudizio di merito tra più opzioni, una scelta tra più aspiranti ad un certo risultato, bensì rappresenta un criterio di distribuzione che consente di far beneficiare del risultato sperato, in tempi diversi, più soggetti aventi i relativi requisiti. L’ampliamento della platea dei beneficiari porta con sé la conseguenza che colui che ha fruito del beneficio lasci il passo ad altro aspirante, non potendo godere più volte consecutive del risultato positivo, pena la violazione del concetto stesso di rotazione. Rapportando ciò alla più puntuale disciplina del­l’art. 36, d.lgs. n. 50/2016 (come modificato dal d.lgs. n. 56/2017), vuol dire avvicendarsi dei più operatori economici nella partecipazione alla selezione (rotazione degli inviti) ovvero nell’aggiudi­cazione del contratto (rotazione degli affidamenti), con ciò che ne segue nel senso di preclusione al nuovo invito a carico di chi abbia già partecipato alla precedente procedura di gara, nel primo caso, o preclusione a carico del solo aggiudicatario nella pregressa selezione, nel secondo caso.
Colta il tal senso l’essenza dell’istituto, risulta tuttavia chiaro che esso è ben difficilmente rapportabile al concetto di vero e proprio principio, come sopra delineato, giacché più che esprimere una direttiva valoriale avente una eccedenza di contenuto deontologico rispetto alle singole norme (per richiamare ancora le pregnanti espressioni dell’Ad. Plen. n. 13/2013), il “principio di rotazione” finisce per sostanziarsi in una vera e propria regola puntuale di gara, che preclude la ulteriore partecipazione alla procedura competitiva a carico di chi abbia già partecipato a precedente selezione o ne sia risultato aggiudicatario. Per darne applicazione, infatti, la stazione appaltante non sarà chiamata ad esplicitare in quale regula iuris specifica si inveri il suddetto “principio”, esercitando quindi una sorta di funzione nomogenetica, bensì dovrà semplicemente procedere secondo il significato proprio della rotazione a non invitare alla nuova procedura alcuni operatori economici che hanno già fruito di precedente partecipazione. Come vedremo, d’altra parte, più che un principio essa stessa, la rotazione costituisce espressione di altri principi, quale in specie quello di concorrenza e massima partecipazione alle gare.
Dunque la peculiarità della rotazione come regola disciplinare degli affidamenti sotto-soglia non appare tanto collocarsi nel suo appartenere alla categoria dei principi generali (per quanto così evocata dal legislatore), dai quali invero si distanzia non poco, bensì in altri profili, come meglio emergerà in esito allo svolgimento di ulteriore analisi. Innanzitutto il riferirsi alla rotazione, che richiama un meccanismo tecnico preciso che è quello dell’avvicendarsi degli operatori economici, non è in sé autosufficiente sul piano operativo, abbisognando di ulteriori specificazioni (se per la sua applicazione è necessario che gli affidamenti che si succedono siano identici o meno, quanto dura il periodo di interdizione all’ulteriore invito, ecc.). È proprio a queste ulteriori integrazioni disciplinari che si riferisce il co. 7 dell’art. 36 cit. quando, dopo il correttivo del 2017, rimanda alle linee guida ANAC (e, dopo la novella del 2019, al regolamento governativo) anche per indicare le “specifiche modalità di rotazione degli inviti e degli affidamenti”. Non si tratta infatti di stabilire le modalità tecniche nelle quali si invera un principio generale, bensì di dettare la regolamentazione di dettaglio, esecutiva del congegno tecnico fissato dalla norma primaria (un po’ come nel rapporto tra legge e regolamento di esecuzione). In secondo luogo, e soprattutto, dalla interpretazione giurisprudenziale del “principio di rotazione” (anche riferita ad epoche anteriori al Codice del 2016) e dalle stesse linee guida del­l’ANAC è emersa l’idea che la rotazione imposta dall’art. 36 cit. abbia una portata non assoluta, che si tratti cioè di una previsione derogabile dalla stazione appaltante in ipotesi nelle quali il principio stesso non risulti applicabile o risulti comunque di inopportuna applicazione, così che la stazione appaltante stessa può non applicarlo, motivando sulle ragioni di questa scelta. Si tratta di peculiarità che certo allontana dalla disciplina propria delle norme specifiche, che per la loro natura pubblicistica sono non derogabili e che rende singolare la configurazione della rotazione. Più che un principio generale che deve inverarsi in previsioni puntuali, si tratta quindi di una meccanismo tecnico indicato come ordinariamente applicabile dalle stazioni appaltanti, salva deroga motivata (avendo ANAC anche proceduto a normare alchene ipotesi di derogabilità). La peculiarità è quindi tutta sul piano della efficacia della previsione normativa sulla rotazione, in generale imposta, ma derogabile in casi specifici e previa motivazione circa il ricorrere di particolari condizioni che giustifichino la sua non applicazione. Il c.d. principio di rotazione impone, in buona sostanza, una regola di avvicendamento tra le imprese (nella partecipazione alla gara o nel­l’aggiudicazione della stessa), ma tale regola non è inderogabile, potendo essere motivatamente superata dalla stazione appaltante [13].
4.  Principio di rotazione e tutela della concorrenza
Come già evidenziato, il concetto di rotazione, applicato alla contrattualistica pubblica, evoca l’idea di un avvicendarsi tra gli operatori economici, dotati dei necessari requisiti, nella stipula contrattuale, o comunque nella partecipazione alla selezione, apparendo quindi funzionale, ad una prima considerazione, all’ampliamento del novero dei beneficiari del rapporto con la p.a.
Prima ancora di approfondire la concreta operatività dell’istituto, appare, invero, necessario cercare di meglio chiarire il rapporto tra la rotazione e i principi ispiratori della contrattualistica pubblica e soprattutto cercare di meglio cogliere come si rapporti la rotazione degli inviti e degli affidamenti con la tutela della concorrenza, cardine intorno al quale ruota tutta la disciplina degli affidamenti dei contratti pubblici.
Il concetto giuridico di procedura di evidenza pubblica, come fase pubblicistica di scelta della controparte contrattuale dell’Amministrazione, ha il suo ordinario precipitato operativo nella gara competitiva, quale strumento che, mettendo a confronto le varie offerte, ed operando una scelta tra le stesse, porta all’ottimale individuazione del contraente privato [14]. La gara competitiva anzi, nelle sue pur plurime articolazioni, si svolge di norma attraverso procedure fortemente connotate da regole di pubblicità e trasparenza, con ampie possibilità di partecipazioni offerte agli operatori economici, con meccanismi volti ad evitare discriminazioni e soprattutto con regole di ammissione e selezione rigorosamente fissate negli atti di gara, così che l’aggiudicazione ad un certo operatore economico risulti il frutto del rigoroso inverarsi, all’esito del confronto concorrenziale, delle regole proprie della procedura.
Le gare competitive propedeutiche alla stipula di contratti pubblici nascono già nella legislazione italiana di fine 800, con precipua finalità di tutela dell’interesse pubblico generale nonché di quello specifico alla migliore o minore spendita di denaro pubblico. In tale ottica l’interesse dei privati partecipanti alle gare, ben interessati quindi al rispetto di quelle medesime regole, non assumeva alcuna specifica rilevanza, neppure indiretta, secondo il ben noto meccanismo dell’interesse legittimo nella sua originaria configurazione dogmatica, tanto ciò vero che Santi Romano all’inizio del 900 escludeva che il mancato rispetto delle formalità di gara potesse essere opposto dal privato [15]. Il sistema si è poi evoluto nella legislazione contabilistica degli anni venti del ’900, con chiara funzionalizzazione alla garanzia del principio di legalità e con conseguente possibilità dei soggetti privati che si ritengono lesi a causa del mancato rispetto di regole di gara di agire a propria tutela nelle competenti sedi. Ma la svolta definitiva è stata quella attuata a partire dagli anni settanta con l’avvento delle direttive comunitarie in materia di appalti e con la relativa normativa interna di recepimento, ove il rispetto delle regole di gara non si collega più al­l’interesse finanziario dello Stato o al solo rispetto della legalità amministrativa, ma in ma­niera più netta alla garanzia della libera concorrenza quale perno fondamentale del mercato. Il punto ha trovato una sanzione legislativa specifica nell’art. 2, co. 1, del d.lgs. n. 163/2006 (cioè il precedente codice dei contratti pubblici), ove si affermava espressamente che «l’affidamento [di opere e lavori pubblici, servizi e forniture] deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice»; analoga previsione troviamo adesso nell’art. 30, del d.lgs. n. 50/2016, anche se accompagnata all’ulteriore apertura verso altri interessi pubblici collaterali rispetto alla tutela della concorrenza (tra cui criteri sociali e ambientali).
In ogni caso, per quel che qui interessa, l’esito di questa evoluzione è costituito da un solido ancoraggio delle regole di evidenza pubblica a valori di rango costituzionale quali quelli emergenti non solo dall’art. 97 Cost. (legalità, imparzialità e buon andamento) ma anche e soprattutto dagli artt. 41 e 117 Cost. in relazione alla tutela della libera concorrenza, con conseguente «definitivo superamento della cosiddetta concezione contabilistica, che qualificava la normativa interna come posta esclusivamente nell’interesse dell’ammini­strazione, anche ai fini della corretta formazione della sua volontà negoziale» [16]. Si può quindi ben concludere che «l’evidenza pubblica non è più un procedimento volto a garantire essenzialmente gli interessi pubblici – finanziari e amministrativi – delle amministrazioni procedenti, ma è una procedura finalizzata a tutelare anche e soprattutto la libertà di circolazione e di concorrenza nel mercato europeo» [17]. Si aggiunga che si tratta in ogni caso di approdo segnalato in giurisprudenza già da tempo [18].
Dunque il significato delle procedure di evidenza pubblica è quello di “contenere la discrezionalità delle amministrazioni appaltanti” e di “canalizzarla entro procedure tipizzate, volte ad acquisire il maggior numero possibile di offerte e a rendere manifeste le motivazioni sottese all’individuazione di quella migliore”, determinandosi quindi una contrazione della discrezionalità amministrativa e un rafforzamento dell’agire imparziale della p.a. [19].
Se esaminiamo il principio concorrenziale, cuore pulsante delle procedure di evidenza pubblica, attraverso le modalità con cui esso si invera nello svolgimento della gara competitiva, cogliamo come esso si muova lungo due fondamentali direttrici: da un lato, soprattutto attraverso le regole di pubblicità degli atti di indizione della selezione e la disciplina delle ammissioni, esso mira a garantire la massima partecipazione degli operatori economici alle gare, evitando illegittime restrizioni agli offerenti e il consolidarsi di situazioni di privilegio; dall’altro lato, attraverso la regolamentazione delle modalità di selezione delle offerte avanzate dagli operatori economici ammessi alla gara, normalmente legate alla valorizzazione dell’elemento prezzo o costo ovvero anche alla valorizzazione della qualità di quanto viene offerto, mira a garantire che venga scelto quale controparte contrattuale della p.a. il miglior offerente. Il combinarsi di queste due direttrici assicura che l’operatore che verrà individuato come aggiudicatario sia quanto di meglio il mercato può offrire, nel pieno dispiegarsi della libertà di confronto concorrenziale. Viene in considerazione quella che può indicarsi come concorrenza “per il mercato”, che impone che il contraente sia scelto mediante procedure che garantiscono il rispetto dei valori della partecipazione, della non discriminazione, della trasparenza, della parità di trattamento e della proporzionalità [20].
La giurisprudenza si è interrogata sul rapporto tra “principio di rotazione” e logica concorrenziale, affermandone spesso a chiare lettere la compatibilità ed anzi, ancor più radicalmente, evidenziando che il “principio di rotazione” sia espressione della tutela della libera concorrenza, costituendone modalità di attuazione. Così, anche se l’art. 30, del d.lgs. n. 50/2016 (rubricato “principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni”) non lo prevede espressamente, è stato affermato che «anche nell’art. 30, 1 comma, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, il principio della rotazione deve ritenersi implicitamente richiamato, attraverso il riferimento più generale al principio di libera concorrenza di cui il criterio in esame costituisce espressione» (Cons. Stato, sez. VI, 32 agosto 2017, n. 4125; nello stesso senso, Cons. Stato. Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2079). Dunque nessuna contraddizione tra rotazione e libera concorrenza, ma anzi un rapporto di derivazione dell’un principio dall’altro «in considerazione della sua finalizzazione a soddisfare l’esigenza della maggiore apertura del mercato» (Tar per la Toscana, sez. II, 23 marzo 2017, n. 454; Tar per l’Abruzzo – L’Aquila, 9 giugno 2016, n. 372).
La richiamata giurisprudenza non risulta errata. Non par dubbio, infatti, che la rotazione, se posta quale regola governate l’aggiudicazione dei contratti pubblici di importo più contenuto, esprima la volontà di un coinvolgimento più esteso possibile degli operatori econo­mici nell’affidamento negoziale, e rappresenti quindi un istituto pro-concorrenziale. Tuttavia essa coglie solo un profilo del più complesso rapportarsi tra rotazione e libera concorrenza, come risulta evidente se si tenga conto che la rotazione medesima, può risultare in contrasto con la logica volta alla individuazione dell’operatore economico più idoneo, per ragioni di qualità dell’offerta o di prezzo, ad essere selezionato come contraente della p.a., che ben può essere l’operatore uscente. La questione merita dunque di essere più analitica­mente scrutinata.
5.  Rotazione degli inviti e rotazione degli affidamenti
Invero il tema del rapporto tra principio di libera concorrenza e rotazione si presenta in termini più articolati e complessi, rispetto a quanto può apparire ad una prima osservazione, necessitando di essere esaminato in relazione alle diverse prospettive di svolgimento della procedura di individuazione dell’offerente, alla luce del quadro disciplinare risultante dall’art. 36, d.lgs. n. 50/2016, poiché in riferimento a ciascuna delle diverse opzioni che la selezione può seguire, la rotazione viene ad atteggiarsi diversamente e assume una diversa giustificazione nell’ottica concorrenziale.
La scelta del contrante, nel caso di contratti sotto soglia, può seguire, ai sensi dell’art. 36, co. 2, d.lgs. n. 50 cit., due diverse procedure e cioè quella di “affidamento diretto” e quella di “procedura negoziata”; quale che sia la sequenza procedurale utilizzata, le stazioni appaltanti sono comunque tenute, ai sensi del co. 1 del medesimo art. 36 cit., a rispettare i principi ivi indicati, tra cui il “principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti”. Rispetto alla previsione originaria del Codice del 2016 il quadro disciplinare è divenuto più articolato e complesso con la richiamata novella del 2019, senza che tuttavia cambi, nell’ottica qui seguita, la sostanza delle cose. Tre sono i profili della disciplina vigente dell’art. 36, co. 2, che devono essere evidenziati. In primo luogo si sono ampliate le ipotesi di “affidamento diretto”, che adesso è previsto non solo nella fattispecie di cui alla lett. a) del comma in esame (e quindi per affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro), ma anche in quella di cui alla lett. b) dello stesso co. 2 (per lavori da 40.000 a 150.000 euro e per servizi e forniture nella fascia di importi dai 40.000 euro alle soglie comunitarie). In secondo luogo il legislatore, nelle previsioni disciplinari di cui alle richiamate lettere del co. 2, utilizza due differenti definizioni di “affidamento diretto”, apparentemente connotate da diversa libertà di movimento delle stazioni appaltanti; in realtà si tratta di due diversi moduli di un unico istituto, in seno al quale l’individuazione del soggetto con il quale stipulare il contratto avviene al di fuori del confronto concorrenziale tra offerte contrapposte e senza l’applicazione di regole selettive prestabilite [21]. In terzo luogo, si fuoriesce dal binomio affidamento diretto/procedura negoziata solo alla lett. d), del co. 2, cit., in tal caso prevedendo però il rinvio alla procedura ordinaria di cui all’art. 60, d.lgs. n. 50/2016 e quindi con applicazione piena delle regole concorsuali e fuoriuscita della valenza applicativa del principio di rotazione.
È stato già illustrato che l’attuale previsione del principio di rotazione è stata introdotta nell’art. 36 cit. dal d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56; l’originario testo normativo parlava infatti soltanto di “rispetto del principio di rotazione”, sostituita adesso da un più articolato riferimento alla “rotazione degli inviti e degli affidamenti”. Non è dubbio che la modificazione letterale abbia riferimento, precipuamente, al tema se la rotazione imponga un’alternan­za degli affidamenti ovvero anche delle mere occasioni di partecipazione alla selezione, e quindi al fatto se l’ordinario non reinvito debba riguardare solo l’aggiudicatario uscente o anche il mero offerente, deponendo in tal senso i lavori preparatori [22]. Ma, a prescindere da quale fossero le intenzioni del legislatore, ci troviamo adesso in presenza di una locuzione normativa che distingue due diverse ipotesi (la “rotazione degli inviti” e la “rotazione degli affidamenti”) che ben si prestano ad una lettura sistematica con le procedure che devono essere seguite nell’affidamento dei contratti (“procedura negoziata” e “affidamento diretto”) e che consentono una lettura coordinata e coerente dell’art. 36 e delle funzioni che in seno a tale previsione normativa assume il principio di rotazione.
L’art. 36, co. 2, lett. a), d.lgs. n. 50/2016 (non modificato dalla novella del 2019) prevede che le stazioni appaltanti, ferma la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie, nel caso di affidamenti di importo inferiore a euro 40.000 possono procedere “mediante affidamento diretto, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici”. Anche in questo caso siamo in presenza di significativa novità disciplinare introdotta, nell’art. 36 del Codice dei contratti pubblici del 2016, dal correttivo di cui al d.lgs. n. 57/2017; infatti l’originario testo normativo parlava di “affidamento diretto adeguatamente motivato”, mentre nella previsione vigente è scomparso il riferimento all’adeguata motivazione e si è aggiunto l’inciso circa la non necessità che l’affidamento diretto sia preceduto da confronto concorrenziale. Dunque, con il correttivo del 2017, il legislatore, sciogliendo pregressi dubbi esegetici, ha optato decisamente per una configurazione non necessariamente concorrenziale di questa tipologia di affidamento, com’è reso evidente dalla previsione che l’affidamento diretto possa avvenire “anche senza previa consultazione di due o più operatori economici”. Non vi è quindi dubbio che, in questa prospettiva, l’affi­damento diretto possa non seguire la strada della gara competitiva fra più aspiranti, essendo viceversa l’individuazione dell’operatore economico con il quale stipulare la gara rimessa ad una diretta individuazione da parte della stazione appaltante. Anche in questa opzione, di forte apertura alla discrezionale scelta della parte pubblica, quest’ultima non può tuttavia ritenersi dotata di una integrale libertà di movimento, essendo astretta tra i principi discendenti dalla sua natura pubblicistica, da un lato, e la griglia di principi specifici dettati, proprio con riferimento ai contratti sotto-soglia, dell’art. 36, co. 1, cit., tra i quali il principio di rotazione.
Come anticipato, il d.l. n. 32/2019, convertito nella legge n. 55/2019, riformulando la lett. b), dell’art. 36, co. 2, d.lgs. n. 50/2016, aggiunge una seconda fattispecie di “affidamento diretto”, ove si parla di «previa valutazione di tre preventivi, ove esistenti, per i lavori, e, per i servizi e le forniture, di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici»; da un lato si assiste ad una qualche irreggimentazione dell’affidamento diretto, correlato proprio a quella «previa consultazione di due o più operatori economici» che la lett. a) esclude; tuttavia non cambia la sostanza, cioè la presenza di un affidamento che non presuppone la formulazione di un’offerta e la valutazione della stessa sulla base di criteri predeterminati.
Una volta fuoriusciti dalle rigide regole della gara competitiva e attribuita all’Ammini­strazione la facoltà di affidare direttamente il contratto ad un certo operatore economico, lo spazio proprio del dispiegarsi della libera concorrenza, con la partecipazione di più operatori e il confronto tra le offerte avanzata dagli stessi, viene meno, con il rischio di soffocare il pluralismo del mercato. Ecco che, in tale ipotesi, il “principio di rotazione” si pone come l’ultimo baluardo volto ad evitare il cristallizzarsi di posizioni di vantaggio a favore di un unico operatore e quindi a garanzia della sussistenza di un pluralismo di operatori sul mercato. È a tale ipotesi che si attaglia propriamente la “rotazione degli affidamenti”. Se la stazione appaltante opta per non effettuare il confronto competitivo tra più offerte, il principio di rotazione non potrà assumere la veste della “rotazione degli inviti”, perché gli inviti, che portano al confronto concorrenziale tra più operatori, in questa ipotesi non ci saranno. Qui esplica la sua operatività la “rotazione degli affidamenti”, intesa nel senso che in caso di “affidamento diretto”, quindi senza gara e senza confronto concorrenziale, la stazione appaltante sarà tenuta a ruotare gli operatori economici cui affidare direttamente il contratto [23].
Non vi è dubbio che in siffatto contesto il principio di rotazione, inteso come “rotazione degli affidamenti”, assume un’evidente funzione pro-concorrenziale, giacché implicherà che, al successivo affidamento, l’aggiudicatario non potrà nuovamente ottenere l’asse­gnazione diretta del contratto, dovendo invece lasciare spazio a nuovo e diverso operatore economico. Il principio di rotazione qui diviene un importante strumento di garanzia del pluralismo degli operatori e quindi una garanzia concorrenziale, intesa nel senso di succedersi degli operatori nell’affidamento diretto e rappresenta il più rilevante elemento di conformazione dell’azione amministrativa, svincolata dai rigidi formalismi di gara, nella direzione di apertura al succedersi di diversi operatori economici nella posizione di controparte contrattuale dell’Amministrazione. Certo, anche in questa ipotesi, può darsi che la stazione appaltante debba rinunciare ad un ottimo esecutore, con il quale sarebbe conveniente proseguire il rapporto contrattuale; ma prevale la già riferita funzione di ultimo baluardo ad un minimo di pluralismo tra gli operatori: se la stazione appaltante sceglie con chi stipulare il contratto in affidamento diretto, essa deve ruotare tra gli affidatari.
Ma l’affidamento dei contratti sotto-soglia, al di fuori della fattispecie di cui all’art. 36, co. 2, lett. a) e lett. b), cit., avviene con la “procedura negoziata”, la quale si svolge, secondo la previsione dello stesso l’art. 36 cit., previa consultazione di 10 o 15 operatori economici. Si tratta quindi di procedura ristretta, che presuppone cioè l’invito degli operatori economici, nel numero indicato dalla norma, a presentare un’offerta, quindi la selezione delle offerte presentate, seppur ampiamente deformalizzata rispetto alle procedure ordinarie, all’esito della quale sarà individuato l’aggiudicatario.
Nell’ipotesi di “affidamento diretto”, mancando un vero e proprio confronto concorrenziale e quindi una fase di invito agli operatori economici a presentare una propria offerta, il principio di rotazione è venuto in considerazione come “rotazione degli affidamenti”, giacché nell’affidamento diretto viene ad essere formalizzato soltanto il vero e proprio affidamento della gara, senza una pregressa procedimentalizzazione. Al contrario, se l’indi­vidua­zione dell’operatore economico con il quale stipulare il contratto passa attraverso lo svolgimento di una procedura di gara semplificata, la quale presuppone la fissazione, attraverso gli inviti, del novero degli operatori economici tra i quali si svolge il confronto concorrenziale, il principio di rotazione viene in gioco come “rotazione degli inviti”, poiché è nella suddetta fase che si fissa il novero delle imprese che concorrono per diventare aggiudicatarie, né sarebbe possibile in tale evenienza configurare una “rotazione degli affidamenti”, giacché l’affidamento è il risultato dello svolgimento della procedura selettiva [24].
Tuttavia, pur all’interno della “rotazione degli inviti”, che attiene, come chiarito, all’in­dividuazione del novero degli operatori che partecipano al confronto competitivo, è possibile distinguere la posizione dell’impresa che ha solo partecipato al precedente concorso concorrenziale da quella che se lo è anche aggiudicato; nel senso che la rotazione degli inviti potrà operare nell’escludere (dall’essere invitata) tanto l’impresa che, nel precedente affidamento, aveva solo partecipato al confronto competitivo, senza risultane aggiudicataria, quanto nell’escludere l’impresa che non solo aveva presentato un’offerta, ma si era anche aggiudicata la precedente selezione. In ogni caso il mancato invito (del precedente aggiudicatario o di tutte le imprese che abbiano concorso al precedente confronto concorrenziale) non può che avvenire in sede di rotazione degli inviti; non pare invece residuare, con riferimento alle procedure negoziate, un ruolo autonomo della rotazione degli affidamenti, se non nel senso di mancato invito dell’ex aggiudicatario, che è quindi sempre rotazione degli inviti [25]. Le due riferite ipotesi sono accumunate dalla stessa disciplina (cioè il rientrare nel fuoco applicativo della rotazione degli inviti) e pur tuttavia risultano diverse, nelle due situazioni, le giustificazione del mancato nuovo invito e il suo rapportarsi con il principio della libera concorrenza.
Partiamo dall’esaminare il mancato invito alla procedura negoziata dell’aggiudicatario uscente, cioè l’ipotesi in cui la “rotazione degli inviti” si invera nella preclusione alla partecipazione alla nuova gara dell’operatore economico che aveva partecipato alla precedente selezione e si era aggiudicato la stessa. Nel caso in esame (come nella rotazione delle aggiudicazioni nell’affidamento diretto) è evidente come la rotazione abbia valenza pro-concorrenziale, che tuttavia, in questa prospettiva, assume una connotazione peculiare; la preclusione a che l’aggiudicatario uscente partecipi al nuovo confronto competitivo (semplificato) ha qui lo specifico significato di evitare che il precedente aggiudicatario, partecipando alla nuova selezione, si avvantaggi dell’asimmetria informativa che lo privilegia, quale soggetto che ha già operato con la stazione appaltante e quindi ha un’esatta cognizione delle sue necessità ed esigenze [26]. Dunque si è in presenza, anche in questo caso, di una funzione della rotazione pro-concorrenziale, ma non già nel senso di ampliare i concorrenti che possono aspirare all’aggiudicazione, bensì nella specifica proiezione di garantire la massima parità delle armi tra i vari operatori partecipanti alla selezione. In termini generali, comunque, sembra di poter osservare che la rotazione assume qui una cogenza minore rispetto alla precedente ipotesi di affidamento diretto; infatti l’aggiudicazione, nel caso in esame, è pur sempre il risultato di un confronto, seppur semplificato, tra più offerte, quindi, da un lato, l’operatore diverso dal precedente aggiudicatario ha sempre la possibilità di emergere, anche senza la rotazione, e, dall’altro lato, si impone con la rotazione il sacrificio alla stessa esigenza concorrenziale, consistente nel perdere l’offerta dell’aggiudi­catario uscente, per quanto in ipotesi fosse la migliore.
Nel caso di mancato invito alla nuova gara, per rotazione, dell’operatore economico che ha meramente partecipato alla precedente competizione, senza risultarne aggiudicatario, appare invece molto complesso trovare una giustificazione concorrenziale della rotazione stessa. L’impresa in questo caso ha soltanto partecipato alla precedente gara, non ha conseguito un risultato utile né una posizione che la avvantaggi rispetto agli altri operatori economici. Ha solo speso la sua chance di partecipazione, il che appare tuttavia poco per precludergli un ulteriore tentativo di conseguire il bene della vita agognato. Se ne coglie la possibile ratio solo in una visione più ampia e complessiva, nel senso di ampliare quanto più possibile le possibilità effettive di aggiudicazione, consentendo a gruppi sempre nuovi di operatori di partecipare al confronto competitivo, escludendo quelli che comunque la loro occasione l’hanno avuta, anche se non è risultata fruttuosa. Sul punto merita di essere richiamata l’osservazione dottrinale che individua la ratio del principio di rotazione nell’esigenza di garantire la “distribuzione temporale delle opportunità” di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente interessati con specifico riferimento alle piccole e medio imprese fisiologicamente operanti nel settore degli appalti sotto soglia, che è l’unica che possa sorreggere il principio stesso con riferimento alla fattispecie in esame [27].
Con riferimento alla diversa posizione dell’aggiudicatario uscente, il Consiglio di Stato ha dichiarato manifestamente infondata la censura di costituzionalità dell’art. 36, d.lgs. n. 50/2016, alla luce dell’art. 41 Cost., osservando che «è dirimente rilevare che l’art. 36 cit. contiene una norma pro-competitiva che favorisce l’ingresso delle piccole e medie imprese nei mercati ristretti, e che comprime, entro i limiti della proporzionalità, la parità di trattamento che va garantita anche al gestore uscente, al quale ‒ salvo motivate eccezioni ‒ si impone soltanto di “saltare” il primo affidamento, di modo che alla successiva gara esso si ritrovi in posizione paritaria con le altre concorrenti»; una tal conclusione è più difficile da sostenere in relazione al mero partecipante alla competizione, cui si può solo opporre l’altra osservazione del Consiglio di Stato, secondo cui «l’aumento delle chances di partecipazione dei competitors “esterni” (assicurata dal principio di rotazione) favorisce l’efficienza e l’economicità dell’approvvigionamento dei servizi» [28].
È stato già accennato che il principio di rotazione non ha portata rigida e la preclusione che esso pone risulta in realtà derogabile dalla stazione appaltante, seppur con la necessità che sia frutto di valutazione e specifica motivazione. Le diverse rationes che si sono individuate alla rotazione verranno ad avere rinnovata rilevanza allorquando esamineremo la possibilità di deroga, correlata alla maggiore o minore forza cogente del principio stesso.
6.  Deroga alla rotazione: reinvito e riaffido
La lettura giurisprudenziale dell’art. 36 cit. non meno della interpretazione dottrinale e della prassi sono nel senso che la “rotazione”, intesa come alternanza tra gli operatori economici nella partecipazione alla procedura selettiva o nel conseguimento dell’aggiudica­zione, costituisce non già una prescrizione inderogabile, bensì un obiettivo tendenziale, superabile tuttavia per scelta della stazione appaltante, chiamata ad esplicitare le motivazione per le quali, nel singolo caso, non si è attenuta a tale modalità di azione. È stato già chiarito che ciò è il significato da attribuire al riferimento al “principio di rotazione”, che non è principio generale in senso tradizionale ma meccanismo tecnico indicato come ordinariamente applicabile dalle stazioni appaltanti, salva deroga motivata [29].
Il rapporto tra “regola” e “deroga” comporta che, se non vi è necessità di specifica motivazione circa l’applicazione della prima, viceversa si impone la esplicitazione delle ragioni che giustificano la non applicazione della regola e quindi la deroga alla prescrizione ordinaria. Si tratta di profilo significativo, giacché proprio nella necessità di motivazione della “deroga”, e nella conseguente sindacabilità circa la sussistenza e pertinenza della motivazione, finisce per sostanziarsi la vincolatività giuridica della “regola”, altrimenti ricondotta all’ambito delle buone pratiche prive di prescrittività giuridica [30].
La “regola”, cioè il rispetto del “principio di rotazione”, attraverso la non aggiudicazio­ne al precedente aggiudicatario o il non invito dello stesso (o dell’operatore già invitato alla precedente procedura selettiva), costituendo ordinaria applicazione del disposto normativo, non avrà bisogno di una “motivazione” in senso proprio [31], come già rilevato, essendo sufficiente che la stazione appaltante, nel farne applicazione, adotti la c.d. “giustificazione”, consistente nel richiamare nell’atto il principio di rotazione di cui all’art. 36, co. 1, d.lgs. n. 50/2016 e il dato fattuale che l’operatore in considerazione risulta già partecipante o aggiudicatario in precedente selezione.
La motivazione è invece necessaria in caso di deroga alla rotazione, dovendo la stazione appaltante dar conto della scelta di non seguire la regola ordinaria alla luce della specifica situazione fattuale nella quale si trova ad operare. Le diverse evenienze in cui ciò può avvenire devono essere separatamente esaminate, discostandosi le stesse in modo più o meno intenso dal rispetto del principio concorrenziale, così da richiedere un apparato motivazionale di diversa consistenza [32].
La prima ipotesi che si pone è quella in cui l’aggiudicazione avvenga, ai sensi dell’art. 36, co. 2, lett. a) e b), con “affidamento diretto” e la stazione appaltante, derogando alla rotazione, intenda procedere al rinnovo dell’aggiudicazione all’operatore economico già risultato in precedenza aggiudicatario. Seguendo la ricostruzione sopra operata, siamo qui, propriamente, nell’ambito applicativo della “rotazione degli affidamenti”, nel senso che, non essendovi in questa ipotesi un confronto competitivo tra più offerte, il principio di rotazione non potrà assumere la veste della “rotazione degli inviti”, trovando invece spazio la “rotazione degli affidamenti”, intesa nel senso che in caso di affidamento diretto, quindi senza gara e senza confronto concorrenziale, la stazione appaltante sarà tenuta a ruotare gli operatori economici cui affidare direttamente il contratto. È stato già sottolineato che, in siffatta evenienza, non solo il principio di rotazione assume un’evidente funzione pro-con­correnziale, ma costituisce l’unico baluardo normativo (nel seno all’art. 36) per evitare il cristallizzarsi di una posizione di vantaggio e quindi l’annientamento di ogni pluralismo concorrenziale.
Se non può escludersi, anche nel caso in esame, una deroga alla rotazione, essa deve essere, ad avviso di chi scrive, del tutto eccezionale, con ambito di ammissibilità minimo. È evidente che anche nella presente ipotesi può darsi che la stazione appaltante debba rinunciare ad un ottimo esecutore, con il quale sarebbe conveniente proseguire il rapporto contrattuale; ma questa evenienza non appare sufficiente a giustificare il “riaffido”, essendo il costo imposto dall’affidamento diretto: la stazione appaltante sceglie con chi stipulate il contratto, anche senza confronto concorrenziale, ma deve necessariamente ruotare tra gli affidatari. Unica eccezione plausibile pare qui essere la “riscontrata effettiva assenza di alternative” [33], cioè l’ipotesi in cui la stazione appaltante si trovi in presenza, per la peculiarità dell’oggetto del contratto o per la strutturazione del mercato, di situazione nella quale non risultano alternativa praticabili al nuovo affidamento all’operatore economico uscente, ovvero le alternative possibili siano assolutamente illogiche o di non percorribilità economica.
La seconda ipotesi che si presenta attiene al “reinvito” a partecipare a procedura negoziata, indetta ai sensi dell’art. 36, co. 2, d.lgs. n. 50/2016, rivolto ad operatore che sia stato già aggiudicatario di precedente procedura selettiva.
È già stato chiarito che anche in questa ipotesi la rotazione ha una valenza pro-con­correnziale, che qui assume la specifica portata di evitare che il precedente aggiudicatario, partecipando alla nuova selezione, si avvantaggi dell’asimmetria informativa che lo privilegia, quale soggetto che ha già operato con la stazione appaltante e quindi ha un’esatta cognizione delle sue necessità ed esigenze. E purtuttavia la rotazione stessa assume qui cogenza minore rispetto alla precedente ipotesi di affidamento diretto; infatti l’aggiudica­zione è pur sempre il risultato di un confronto, seppur semplificato, tra più offerte, quindi, da un lato, l’operatore diverso dal precedente aggiudicatario ha sempre la possibilità di emergere, anche senza la rotazione, e, dall’altro lato, si impone con la rotazione il sacrificio alla stessa esigenza concorrenziale, consistente nel perdere l’offerta dell’aggiudicatario uscente, per quanto in ipotesi fosse la migliore. Qui non può escludersi che la motivazione del “reinvito” sia motivata, oltre che con riferimento alla ristrettezza del mercato, anche valorizzando la particolare competitività del prezzo offerto, inferiore alla media di mercato, o alla ottimale esecuzione della pregressa prestazione, che giustifica un riammettere l’operatore stesso al nuovo concorso semplificato.
La sottolineatura della specificità della ratio nell’ipotesi in esame, colta nella sua alterità rispetto al generale obiettivo di tutela della concorrenza, ha specifiche conseguenze sulla individuazione dell’esatto ambito di ammissibilità del “reinvito” dell’aggiudicatario uscente. La giurisprudenza che correla la rotazione, anche con riferimento alla presente fattispecie, alla tutela della concorrenza, rileva che il principio stesso non sarebbe violato quando l’aggiudicatario uscente è reinvitato ma assieme a tutte le imprese che ne abbiano fatto richiesta, sicché non vi sarebbe motivo di pretendere l’estromissione del pregresso aggiudicatario, dovendo prevalere la garanzia della concorrenza, rispetto alla quale la rotazione è servente [34]. La giurisprudenza che mette a fuoco la specificità della ratio di evitare l’asimmetria informativa di cui gode l’aggiudicatario uscente è invece molto più attenta ad ammettere il suo reinvito, escludendolo in assenza di una specifica motivazione [35]. Viene in particolare sottolineato che non può essere idoneo a giustificare l’invito anche dell’ag­giudicatario uscente il fatto che alla procedura selettiva sia stata garantita ampia partecipazione degli operatori interessati [36]. Se l’ampia partecipazione, per le ragioni viste, non può giustificare la deroga alla rotazione a carico dell’aggiudicatario uscente [37], la mancanza totale di confronto concorrenziale, ove frutto della rotazione, può giustificare la deroga alla rotazione stessa (come nel caso in cui, escluso l’uscente, rimarrebbe un solo concorrente) [38]. Nella logica dell’evitare il consolidarsi di posizioni e il vantaggio competitivo che deriva dall’essere gestore uscente, non rileva neppure se il pregresso affidamento è frutto non già di affidamento diretto o procedura negoziata, bensì di gara concorrenziale piena, come la procedura aperta [39]. La diversa ratio che può essere individuata alla base della rotazione ha condotto la giurisprudenza anche a diversi approdi in ordine alla legittimazione a far valere la violazione del principio medesimo. Secondo un primo orientamento, infatti, la legittimazione e l’interesse a sollevare la violazione del principio di rotazione sussisterebbe solo in capo ad un soggetto escluso dalla partecipazione alla gara, sulla base della considerazione relativa al fatto che «la ratio del predetto principio di rotazione è in realtà a favore della concorrenza, obbligando la stazione appaltante ad invitare almeno cinque concorrenti, ben potendo evidentemente la platea dei partecipanti essere anche più ampia, purché non sistematicamente limitata soltanto ai medesimi, il cui ambito, una volta rispettato il principio di rotazione nella misura ivi indicata, può anche essere costituito da imprese che hanno partecipato alla medesima procedura in occasione di precedenti affidamenti» [40]; secondo l’altro orientamento giurisprudenziale, invece, sussisterebbe anche la legittimazione e l’interesse del concorrente partecipante alla gara risultato non aggiudicatario ad impugnare l’aggiudicazione effettuata in violazione del principio di rotazione, ciò in aderenza alla ratio di evitare situazioni di “consolidamento” in capo al precedente gestore, ampliando le possibilità concrete di aggiudicazione in capo agli altri concorrenti, anche già invitati alla gara [41].
Dunque, ordinariamente, e salva specifica motivazione in senso contrario, il precedente aggiudicatario non deve essere invitato alla gara, avendo la giurisprudenza, come peraltro la prassi amministrativa, cura di precisare che ciò vale con riferimento al primo affidamento successivo a quello nel quale l’operatore risultava aggiudicatario, poi riacquisendo la sua piena libertà di azione [42]. Sotto altro profilo la giurisprudenza, anche in questo caso in sintonia con la prassi, evidenzia che, al fine della operatività del principio di rotazione, è necessario che «l’oggetto della procedura possieda le stesse caratteristiche in termini soggettivi, quantitativi e qualitativi, del servizio già assegnato al soggetto destinatario del provvedimento di esclusione, il quale potrebbe essere connotato come impresa uscente, solo in ragione di tali presupposti fattuali» [43]. Non basta peraltro un pregresso affidamento temporaneo e in via d’urgenza a far scattare l’obbligo di rotazione [44].
La terza ipotesi, infine, ha riguardo al «reinvito» a partecipare a procedura negoziata rivolto ad operatore cha abbia già partecipato a precedente confronto competitivo, senza però risultarne aggiudicatario.
Come anticipato, qui la giustificazione della rotazione risulta meno convincente e più retta da ragioni di politica distributiva che non di rispetto della concorrenza in senso stretto. Ne consegue che, ad avviso di chi scrive, il «reinvito» perde qui la connotazione strettamente eccezionale, essendo lo stesso possibile anche sulla base di una meno stringente motivazione [45], essendo sufficiente che il reinvito non vada a discapito di altri operatori che non risultino mai nemmeno invitati. In siffatta ipotesi, dunque, il fatto che siano comunque ammessi alla selezione gli operatori economici interessati non precedentemente invitati, può bastare a giustificare anche l’invito al già precedentemente invitato; risulterebbe precluso in tale ottica, e in presenza di una amplissimo numero di operatori di settore, soltanto il reinvito del già invitato a discapito dell’invito di nuovi operatori economici pretermessi dalla precedente selezione.
 
Riccardo Giani 
Consigliere Tar Toscana
 
Pubblicato il 12 ottobre 2019
 

* Scritto inserito nel volume di prossima pubblicazione G.M. CARUSO, D. D’ALESSANDRO, D. PAPPANO (a cura di), Contratti delle pubbliche amministrazioni. Questioni attuali, Torino, 2019, pp. 55-76.  
[1] Il principio di rotazione è anche richiamato dall’art. 63, co. 6, d.lgs. n. 50/2016 con riferimento alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando.
[2] Sulle quali infra.
[3] Nella sistematica europea le regole di evidenza pubblica fissate dalle direttive europee si applicano ai contratti di valore superiore alle soglie di valore fissate dalle direttive stesse e non a quelli di importo inferiore; rispetto a questi ultimi la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE ha costantemente stabilito, tuttavia, che debbano essere aggiudicati nel rispetto delle norme fondamentali e dei principi generali del Trattato FUE, in particolare dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla cittadinanza, nonché all’obbligo di trasparenza che ne deriva, purché però tali appalti presentino un “interesse transfrontaliero certo”; si veda da ultimo Corte di Giustizia UE, sez. X, 14 febbraio 2019, C-710/17, Consorzio Cooperative Costruzioni soc. coop. Sulla nozione di “interesse transfrontaliero certo” si veda, di recente, Corte di Giustizia UE, sez. VI, ordinanza 23 novembre 2017, C-486/17, Olympus Italia s.r.l.
[4] Nel corpo del d.lgs. n. 50/2016 sono poi, invero, rinvenibili molte norme di specie che sono applicabili agli affidamenti di importo inferiore alle soglie europee:
– art. 84, co. 1, su non necessità di attestazione SOA per lavori fino a 150.000 euro;
– art. 32, co. 14 che disciplina la forma del contratto prevedendo la “scrittura privata” in caso di procedura negoziata e “per gli affidamenti di importo non superiore a 40.000 euro mediante corrispondenza secondo l’uso del commercio consistente in apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o strumenti analoghi negli altri Stati membri”;
– art. 32, co. 10, lett. b), secondo cui non si applica lo stand still in caso di affidamenti effettuati ai sensi dell’art. 36, co. 2, lett. a) e b);
– art. 75, co. 3: invito degli operatori economici selezionati con indicazione degli elementi della prestazione richiesta inoltrato a mezzo di posta elettronica certificata o strumento o se non possibile con lettera;
– art. 95, co. 4: possibile utilizzo del criterio del minor prezzo per lavori fino a 1 milione e per servizi e forniture sotto-soglia “caratterizzata da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo”.
[5] Sulla disciplina delle concessioni nella direttiva 2014/24/UE, cui il d.lgs. n. 50/2016 ha dato attuazione, mi permetto di rinviare a R. Giani, Norme sulle aggiudicazioni e sulle garanzie procedurali e impatto sul Codice, in G.F. Cartei-M. Ricchi (a cura di), Finanza di progetto e partenariato pubblico-privato, Napoli, 2015, 107-134.
[6] È opportuno richiamare la complessa disciplina dell’art. 216, co. 27-octies introdotta dalla novella del 2019: «nelle more dell’adozione, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettere a) e b), della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di un regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del presente codice, le linee guida e i decreti adottati in attuazione delle previgenti disposizioni di cui agli articoli 24, comma 2, 31, comma 5, 36, comma 7, 89, comma 11, 111, commi 1 e 2, 146, comma 4, 147, commi 1 e 2, e 150, comma 2, rimangono in vigore o restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma, in quanto compatibili con il presente codice e non oggetto delle procedure di infrazione nn. 2017/2090 e 2018/2273. Ai soli fini dell’archiviazione delle citate procedure di infrazione, nelle more dell’entrata in vigore del regolamento, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l’ANAC sono autorizzati a modificare rispettivamente i decreti e le linee guida adottati in materia. Il regolamento reca, in particolare, disposizioni nelle seguenti materie: a) nomina, ruolo e compiti del responsabile del procedimento; b) progettazione di lavori, servizi e forniture, e verifica del progetto; c) sistema di qualificazione e requisiti degli esecutori di lavori e dei contraenti generali; d) procedure di affidamento e realizzazione dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie comunitarie; e) direzione dei lavori e dell’esecuzione; f) esecuzione dei contratti di lavori, servizi e forniture, contabilità, sospensioni e penali; g) collaudo e verifica di conformità; h) affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e relativi requisiti degli operatori economici; i) lavori riguardanti i beni culturali. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento cessano di avere efficacia le linee guida di cui all’articolo 213, comma 2, vertenti sulle materie indicate al precedente periodo nonché quelle che comunque siano in contrasto con le disposizioni recate dal regolamento».
[7] Si superano in tal modo, almeno con riferimento al settore qui in esame, le questioni interpretative relative alla natura giuridica delle linee guida, che avevano portato a importanti pronunciamenti del Consiglio di Stato in sede consultiva (cfr. il parere n. 1767/2016, che operò un avvicinamento tra le linee guida dell’ANAC e gli “atti di regolazione” delle Autorità indipendenti, salvo poi distinguere, all’interno della complessa categoria, tra linee guida vincolanti e non, il parere n. 1903 del 13 settembre 2016, avente ad oggetto la prima versione delle Linee guida n. 4 dell’ANAC sugli affidamenti sotto-soglia, il parere n. 361 del 12 febbraio 2018, sulle linee guida in materia di sotto-soglia dopo la loro modifica), nonché a importanti prese di posizione della dottrina (senza alcuna pretesa di completezza possono richiamarsi i contributi di G. Morbidelli, Linee guida dell’Anac: comandi o consigli?, in Dir. amm., 2016, 273; F. Cintioli, Il sindacato del giudice amministrativo sulle linee guida, sui pareri del c.d. precontenzioso e sulle raccomandazioni di Anac, in Dir. proc. amm., 2017, 381; M. Lipari, La regolazione flessibile dei contratti pubblici e le linee guida dell’Anac nei settori speciali, in Riv. regolazione mercati, 2018, fasc. 1; sulle nuove tecniche di produzione normativa – soft law, comply or explain, c.d. paternalismo libertario, cogestione regolatoria, better regulation, AIR, codici deontologici – cfr. G.P. Cirillo, Diritto civile pubblico, Roma, 2018, 18 ss.).
[8] A mero titolo esemplificativo, e con riferimento alla disciplina di cui al previgente d.lgs. n. 163/2006, si può ricordare che: secondo Cons. Stato, ad plen., 7 maggio 2013, n. 13 in Giur. it., 2013, 2369 (m), con nota di R. Caranta, I principi “dettagliati” e le concessioni di servizi, in caso di gara per l’aggiudicazione di una concessione di servizi con applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, risultano applicabili, anche in assenza di espresse previsioni del bando, le disposizioni di cui all’art. 84, co. 4, d.lgs. n. 163/2006 (relativo alle incompatibilità dei componenti della commissione) e co. 10 (relativo ai tempi di nomina della commissione), in quanto espressive dei principi di trasparenza e parità di trattamento di cui all’art. 30, co. 3, d.lgs. n. 163; al contrario, secondo Cons. Stato, Ad. Plen., 30 gennaio 2014, n. 7 in Foro it., 2014, III, 429 con nota di G. Sigismondi e in Dir. proc. amm., 2014, 544, con nota di L. Bertonazzi, l’art. 37, co. 12, d.lgs. n. 163/2006, che imponeva ai concorrenti riuniti, già in sede di predisposizione dell’offerta, l’indicazione della corrispondenza tra quota di partecipazione al raggruppamento e quota di esecuzione delle prestazioni, non espri­me un principio generale, così che, ai sensi dell’art. 30, co. 3, d.lgs. n. 163 cit. non può trovare applicazione ad una selezione per la scelta del concessionario di un pubblico servizio locale.
[9] Cons. Stato, Ad. Plen., 7 maggio 2013, n. 13, cit.
[10] Cfr. M. Renna-F. Saitta, Studi sui principi di diritto amministrativo, Milano, 2012, ove vengono passati in rassegna i principi di legalità, di imparzialità, di buon andamento, di pubblicità e trasparenza, di responsabilità, di giustiziabilità dell’azione amministrativa, di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, ecc.
[11] Cons. Stato, comm. spec., parere 30 marzo 2017, n. 782.
[12] Sul percorso sinteticamente decritto cfr. P. Del vecchio, Le novità in tema di sottosoglia, in M.A. Sandulli-M. Lipari-F. Cardarelli (a cura di), Il correttivo al codice dei contratti pubblici, Milano, 2017, 119-135.
[13] In giurisprudenza il concetto è anche espresso parlando di principio di carattere relativo e non assoluto; si vedano, in termini, Tar Toscana, sez. II, 11 dicembre 2018, n. 1605 («il principio di rotazione non ha carattere assoluto ma relativo, altrimenti esso limiterebbe il potere della stazione appaltante di garantire la massima partecipazione alla procedura di gara; si tratta di un principio servente e strumentale rispetto a quello della concorrenza e deve quindi trovare applicazione nei limiti in cui non incida su quest’ultimo»); Tar Toscana, sez. II, 21 febbraio 2018, n. 288; Tar a Toscana, sez. II, 22 dicembre 2017, n. 1665; Tar Toscana, sez. II, 12 giugno 2017, n. 816.
[14] Cfr. S. Vinti, L’evidenza pubblica, in C. Franchini (a cura di), I contratti con la pubblica amministrazione, Torino, 2007, 257-381.
[15] M. D’Alberti, Interesse pubblico e concorrenza nel codice del contratti pubblici, in Dir. amm., 2008, 297 ove anche la citazione di Santi Romano secondo cui le formalità di gara “sono in genere stabilite nell’int­eresse dell’amministrazione e il cui difetto quindi non può essere opposto dal privato” (tratta da S. Romano, Diritto amministrativo, Milano, Società editrice libraria, 1901, 533).
[16] Sono parole di Corte costituzionale, 23 novembre 2007, n. 401 in Foro it., 2008, I, 1787 con note di A.M. De Luca-G. Corso-G. Fares e in Riv. trim. appalti, 2008, 739 (m), con nota di P. Chirulli.
[17] M. D’Alberti, op. cit., 301.
[18] Si veda, a titolo esemplificativo, Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 1995, n. 498 in Foro amm., 1995, 1010 ss. con nota di V. Domenichelli, L’affidamento a trattativa privata e la tutela dei terzi, che ha superato il precedente consolidato orientamento che correlava le norme di evidenza pubblica ai soli principi di imparzialità e buon andamento sancendo invece un collegamento anche con la tutela del principio di libera concorrenza.
[19] S. Vinti, L’evidenza pubblica, in Franchini (a cura di), I contratti con la pubblica amministrazione, cit.
[20] La distinzione tra concorrenza “per il mercato” – affidamento dei contratti all’esito di procedure aperte e trasparenti – e concorrenza “nel mercato”, che si attua con la liberalizzazione dei mercati stessi, è fissata dal Corte costituzionale, 23 novembre 2007, n. 401, cit.
[21] L’art. 36, co. 2, cit., alla lett. a) parla di «affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici», mentre alla lett. b) si riferisce a «affidamento diretto previa valutazione di tre preventivi, ove esistenti, per i lavori, e, per i servizi e le forniture, di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici».
[22] Per i lavori preparatori al decreto correttivo del 2017 si rinvia a P. Del Vecchio, Le novità in tema di sottosoglia, cit.
[23] Sulla rotazione con riferimento agli affidamenti diretti cfr. Tar Calabria, Catanzaro, sez. I, 12 aprile 2019, n. 813, in LexItalia.it, n. 4/2019.
[24] Merita di essere segnalata la sentenza del Tar Sardegna, sez. I, 22 maggio 2018, n. 492 in Urbanistica e appalti, 2018, 5, 678 ss., con nota di S. Deiana, Il principio di rotazione e la tutela del gestore uscente. Il Tar Sardegna indica con chiarezza la via interpretativa che anche nel presente testo è seguita, cioè quella di attribuire un diverso ambito applicativo alla “rotazione degli inviti” (che, presupponendo che degli inviti ci siano, non può che riferirsi alla procedura negoziata) e alla “rotazione degli affidamenti” (che trova spazio di azione quando gli inviti non ci sono e cioè in relazione all’affidamento diretto). Il caso esaminato dal Tribunale amministrativo di Cagliari presentava un particolare svolgimento: la stazione appaltante procedeva ad invitare le imprese al confronto concorrenziale, si poneva la questione dell’invito dell’aggiudicatario uscente, decideva di invitarlo al confronto e motivava in punto di deroga alla “rotazione degli inviti”; svolto il confronto concorrenziale, e pur essendosi l’aggiudicatario uscente classificato primo, la stazione appaltante decideva comunque di preferirgli il secondo graduato, richiamando espressamente la “rotazione delle aggiudicazioni”. La sentenza stigmatizza la illegittimità e contraddittorietà dell’operato della stazione appaltante. Contempla la riferita distinzione anche da L. Presutti, Decorrenza del termine di impugnazione e principio di rotazione nella gare per l’affidamento dei contratti pubblici, in Urbanistica e appalti, 2019, 1, 83 ss.
[25] Si richiama ancora la fattispecie esaminata dal Tar Sardegna di cui alla nota precedente, in cui invece la stazione appaltante aveva prima affrontato il tema della “rotazione degli inviti”, decidendo (motivatamente) di non applicarlo all’aggiudicatario uscente, che partecipava alla procedura negoziata; poi, però, all’esito del confronto concorrenziale aveva pure applicato la “rotazione degli affidamenti”, non aggiudicando la selezione al vincitore della selezione, che era proprio l’aggiudicatario uscente.
[26] In tal senso Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2019, n. 435, secondo cui «la precipua tutela connessa al principio di rotazione negli affidamenti “sotto soglia” è quella, anticipata, mirante all’obiettivo di evitare che la gara possa essere falsata, a danno degli altri partecipanti, dalla partecipazione di un soggetto che vanta conoscenze acquisite durante il pregresso affidamento. Ne deriva che, contrariamente a quanto ritenuto nel motivo, l’esclusione del gestore uscente, ove l’Amministrazione, come nel caso di specie, non abbia motivato in ordine alla ricorrenza di specifiche ragioni a sostegno della determinazione di invitarlo comunque a partecipare alla gara, non richiede alcuna prova della posizione di vantaggio da questi goduta, che è presupposta direttamente dalla legge»; Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2079; cfr. anche Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 26 marzo 2018, n. 354, che ben sottolinea la ratio del principio di rotazione (in ipotesi di procedura negoziata e partecipazione dell’affidatario uscente) legata all’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), contrapponendo tale obiettivo a quello di tutela della concorrenza tout court, con le conseguenze che ne derivano anche in tema di “reinvito”, su cui infra nel testo. Nello steso senso Cons. Stato, sez. VI, 31 agosto 2017, n. 4125, secondo cui «il principio di rotazione – che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da consultare e da invitare a presentare le offerte – trova fondamento nella esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato».
[27] Il riferimento è a L. Bertonazzi, Indagini di mercato e principio di rotazione, in E. Bruti liberati-M. De Focatiis-A. Travi (a cura di), Aspetti della transizione nel settore dell’energia: gli appalti nei settori speciali, il market desing e gli assetti di governance, Milano-Padova, 2018, 168; sul punto cfr. pure S. Deiana, Il principio di rotazione e la tutela del gestore uscente, in Urbanistica e appalti, 2018, 5, 678.
[28] I riferimenti sono a Cons. Stato, sez. VI, 31 agosto 2017, n. 4125.
[29] Tar Toscana, sez. II, 11 dicembre 2018, n. 1605; Tar Veneto, sez. I, 28 maggio 2018, n. 583; Tar Lombardia, Milano, 9 febbraio 2018, n. 380; Tar Toscana, sez. II, 22 dicembre 2017, n. 1665, secondo cui il principio di rotazione «non ha carattere assoluto ma relativo, che altrimenti limiterebbe il potere della stazione appaltante di garantire la massima partecipazione alla procedura di gara, che si tratta di un principio servente e strumentale rispetto a quello della concorrenza».
[30] Tar Lazio, Roma, sez. I, 21 maggio 2018, n. 5621, ove si afferma che «non necessita di specifica motivazione l’opzione di escluderlo [il pregresso aggiudicatario] dal novero degli operatori invitati alla procedura negoziata, non trattandosi di una scelta di carattere sanzionatorio, quanto piuttosto dell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento) (C.d.S., VI, 31 agosto 2017, n. 4125), e dell’applicazione del principio di concorrenza e massima partecipazione che, nella fattispecie, si esplica consentendo ad operatori diversi, da quelli fino a quel momento coinvolti, di accedere ad appalti di durata necessariamente limitata per il verificarsi di situazioni non prevedibili»; Tar Lazio, Roma, sez. III-quater, 31 gennaio 2018, n. 1115, secondo cui «facendo applicazione di questi principi, nella specie l’Amministrazione dovrebbe motivare con particolare intensità la propria eventuale scelta di coinvolgere il Broker uscente (del quale, nella specie, ha pure lamentato in ricorso le pregresse inadempienze) nella nuova procedura di affidamento, non dovendo invece giustificare in alcun modo il mancato invito, posto che in tal modo essa si limiterebbe a conformare in maniera fisiologica e diretta il proprio agire al principio generale della rotazione degli inviti e degli affidamenti».
[31] Tar Puglia, Lecce, sez. II, 15 dicembre 2016, n. 1906 in Urbanistica e appalti, 2017, 3, 420 con nota di S. Usai, Il rispetto del principio di rotazione e la tutela del pregresso affidatario.
[32] Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 12 marzo 2019, n. 521, sulla necessaria motivazione della deroga alla rotazione.
[33] L’espressione è tratta dalla “Linee Guida n. 4” di ANAC del 7 marzo 2018, ove è però è utilizzata con più ampio riferimento, non venendo specificamente distinta l’ipotesi di “reinvito” da quella di “riaffido”.
[34] Tar Liguria, sez. II, 30 ottobre 2018, n. 869, secondo cui «in realtà, in ossequio al principio della massima partecipazione alle gare, pare condivisibile la posizione espressa dall’ANAC (linee guida 26 ottobre 2016 n. 4 aggiornate il primo marzo 2018) secondo cui la rotazione degli inviti presuppone la scelta della stazione appaltante di limitare il numero degli operatori cui attingere per gli inviti, sicché non appare applicabile nelle procedure nelle quali siano stati invitati – come è avvenuto nel caso di specie – tutti i soggetti che ne abbiano fatto richiesta»; Tar Toscana, sez. II, 12 giugno 2017, n. 816, per cui il principio di rotazione è servente e strumentale a quello di concorrenza, sicché non può disporsi l’estromissione del gestore uscente allorché ciò finisca per ridurre la concorrenza; Tar Veneto, sez. I, 26 maggio 2017, n. 515, secondo cui: «per unanime giurisprudenza proseguita anche sotto il vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, il principio di “rotazione” degli operatori economici da invitare nelle procedure negoziate svolte in base all’art. 36 del d.lgs. n. 50/2016, pur essendo funzionale ad assicurare un certo avvicendamento delle imprese affidatarie, non ha una valenza precettiva assoluta per le stazioni appaltanti, sì che, a fronte di una normativa che pone sullo stesso piano i principi di concorrenza e di rotazione, la prevalente giurisprudenza si è ripetutamente espressa nel senso di privilegiare i valori della concorrenzialità e della massima partecipazione, per cui in linea di massima non sussistono ostacoli ad invitare anche il gestore uscente del servizio a prendere parte al nuovo confronto concorrenziale (in questi termini: Consiglio di Stato, Sez. VI, 28.12.2011, n. 6906; TAR Napoli, II, 08.03.2017 n. 1336; TAR Lazio, Sez. II, 11.03.2016 n. 3119). Pertanto, “ove il procedimento per l’individuazione del contraente si sia svolto in maniera essenzialmente e realisticamente concorrenziale, con invito a partecipare alla gara rivolto a più imprese, ivi compresa l’affidataria uscente, e risultino rispettati sia il principio di trasparenza che quello di imparzialità nella valutazione delle offerte, può dirsi sostanzialmente attuato il principio di rotazione, che non ha una valenza precettiva assoluta, per le stazioni appaltanti, nel senso di vietare, sempre e comunque, l’ag­giudicazione all’affidatario del servizio uscente. Se, infatti, questa fosse stata la volontà del legislatore, sarebbe stato espresso il divieto in tal senso in modo assoluto” (TAR Napoli, II, 27.10.2016 n. 4981)».
[35] Tar Lombardia, Brescia, sez. II, 26 marzo 2018, n. 354, secondo cui «quindi, posto che il principio di rotazione è stato affermato allo scopo di evitare posizioni di privilegio in capo al gestore uscente, se esso dovesse essere inteso nel senso che quest’ultimo possa sempre e comunque essere invitato, la previsione non avrebbe alcun senso. Né sarebbe idoneo ad attribuirgli significato il mero fatto di invitare altri soggetti, oltre ad esso (il che è frutto del diverso principio per cui non può esservi l’affidamento diretto senza almeno un confronto concorrenziale), per cui l’interpretazione che potrebbe rappresentare l’equo contemperamento dei due principi (rotazione e massima concorrenza) pare essere quella che ammette l’invito anche del gestore uscente, purché ciò trovi motivazione nella presenza di particolari condizioni che debbono essere esplicitate nel provvedimento che individua le ditte da invitare”, aggiungendo che “è lo stesso legislatore a presumere che il gestore uscente sia portatore di una posizione privilegiata, la quale potrebbe essere superata solo attraverso una puntuale motivazione, da parte della stazione appaltante, della reiterazione del suo invito anche alla gara immediatamente successiva alla scadenza del contratto. Motivazione che, nella fattispecie, è stata integralmente omessa».
[36] Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2019, n. 435, secondo cui «la precipua tutela connessa al principio di rotazione negli affidamenti “sotto soglia” è quella, anticipata, mirante all’obiettivo di evitare che la gara possa essere falsata, a danno degli altri partecipanti, dalla partecipazione di un soggetto che vanta conoscenze acquisite durante il pregresso affidamento. Ne deriva che, contrariamente a quanto ritenuto nel motivo, l’esclusione del gestore uscente, ove l’Amministrazione, come nel caso di specie, non abbia motivato in ordine alla ricorren­za di specifiche ragioni a sostegno della determinazione di invitarlo comunque a partecipare alla gara, non richiede alcuna prova della posizione di vantaggio da questi goduta, che è presupposta direttamente dalla legge. Né vale opporre, come fa il Comune, l’ampiezza della platea dei candidati cui è stato trasmesso l’invito a seguito della manifestazione di interesse espressa in esito all’avviso pubblicato dall’Amministrazione, o il documento con cui il RUP ha espressamente richiesto alla Centrale di committenza di ammettere tutti i candidati, ivi compreso il gestore uscente, che avessero chiesto di partecipare alla gara, e, più in generale, la circostanza che l’Amministrazione non si sia avvalsa della potestà di operare limitazioni al numero di operatori tra cui effettuare la selezione. Difatti, anche in disparte l’evidente rilievo che la motivazione richiesta per derogare al principio di rotazione si incentra non su tutti i concorrenti, ma solo sul gestore uscente, e gli elementi di cui sopra non attengono a tale ambito, la sola considerazione dell’ampiezza della platea dei concorrenti non comporta la mancata applicazione del principio di rotazione, essendo, piuttosto e di contro, il numero eventualmente ridotto di operatori presenti sul mercato a rilevare in tema di deroga al principio».
[37] Tar Puglia, Lecce, sez. I, 4 settembre 2018, n. 1322.
[38] Tar Toscana, sez. II, 12 giugno 2017, n. 816: «Il motivo, per il resto, deve essere respinto poiché, come già rilevato in sede cautelare, all’avviso esplorativo pubblicato dalla stazione appaltante hanno risposto solamente due operatori e, pertanto, l’esclusione del gestore uscente non avrebbe aumentato ma diminuito la concorrenza. Il principio di rotazione è servente e strumentale rispetto a quello di concorrenza e deve quindi trovare applicazione nei limiti in cui non incida su quest’ultimo. Nel caso di specie, all’avviso esplorativo hanno fornito riscontro due operatori di cui uno era il gestore uscente, e pertanto l’esclusione di quest’ultimo avrebbe limitato e non promosso la concorrenza nel mercato. La censura basata sul difetto di motivazione dell’invito (anche) al gestore uscente a partecipare alla procedura appare quindi infondata poiché è ricavabile dagli atti della gara e laddove le ragioni del provvedimento emanato risultino percepibili in fase infraprocedimentale, il difetto motivazionale del provvedimento finale non assume carattere viziante e può essere integrato in corso di causa». Cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5854. Da segnalare la fattispecie esaminata da Tar Puglia, Lecce, sez. I, 2 ottobre 2018, n. 1412: la motivazione resa dalla stazione appaltante in ordine alla scelta di invitare il gestore uscente si palesa come illogica e contraddittoria: invero l’Amministrazione da un lato ha voluto ridurre il numero delle ditte ammesse a partecipare alla selezione imponendo il requisito di partecipazione dell’iscrizione ad un portale, di fatto limitando la partecipazione, dall’altro ha ritenuto di ammettere il gestore uscente “in virtù del numero limitato di manifestazioni di interesse pervenute”.
[39] Tar Toscana, sez. I, 2 gennaio 2018, n. 17: «La sopra delineata ratio del principio di rotazione (rappresentata dall’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione) induce a ritenere che il gestore uscente vada escluso dalla procedura negoziata a prescindere dai modi in cui aveva ottenuto il precedente affidamento, e quindi anche se l’affidamento della concessione scaduta sia scaturito, come nel caso in esame, dal­l’adesione della stazione appaltante ad una convenzione Consip e dall’aggiudicazione a seguito di procedura aperta. Invero, il suddetto principio è volto proprio a tutelare le esigenze della concorrenza in un settore, quale quello degli appalti “sotto soglia”, nel quale è maggiore il rischio del consolidarsi, ancor più a livello locale, di posizioni di rendita anticoncorrenziale da parte di singoli operatori del settore risultati in precedenza aggiudicatari della fornitura o del servizio (Cons. Stato, V, 13.12.2017, n. 5854). Ne deriva che esso si applica anche agli operatori economici che erano affidatari a seguito di precedente procedura ad evidenza pubblica, ad evitare che, una volta scaduto il rapporto contrattuale, la precedente aggiudicataria possa di fatto sfruttare la sua posizione di gestore uscente per indebitamente rinnovare o vedersi riaffidare il contratto tramite procedura negoziata». In senso contrario Cons. giust. amm., 12 aprile 2017, n. 188; in dottrina: S. Usai, Le implicazioni negative dell’applicazione “integrale” del principio di rotazione, in Urbanistica e appalti, 2017, 5, 674.
[40] Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 16 gennaio 2015, n. 2015, che risulta isolata sul punto.
[41] In tal senso: Tar Toscana, sez. II, 23 marzo 2017, n. 454; Tar Sicilia, Palermo, sez. III, 27 luglio 2016, n. 1916.
[42] Tar Veneto, sez. I, 21 marzo 2018, n. 320, Cons. Stato, sez. V, 13 dicembre 2017, n. 5854; Cons. Stato, sez. VI, 31 agosto 2017, n. 4125.
[43] Tar Friuli Venezia Giulia, sez. I, 21 maggio 2018, n. 166.
[44] Tar Campania, Salerno, sez. I, 10 gennaio 2019, n. 60.
[45] Cfr. M. Amitrano Zingale, Il principio di rotazione in materia di contratti pubblici, in Urbanistica e appalti, 2019, 1, 98.
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