14/09/2020 – Le attività di valorizzazione dei beni culturali anche con contratti di appalto (non solo con le concessioni).

Le attività di valorizzazione dei beni culturali anche con contratti di appalto ( non solo con le concessioni).
Prima riflessione sull’articolo 8 comma 7 bis del “Decreto Semplificazioni”.
Scritto da Roberto Donati 13 Settembre 2020
 
 
Una tra le più significative novità apportate dall’iter di conversione in legge del D.L. 76/2020 è rappresentata dall’introduzione, nel corpo dell’articolo 8, del comma 7 bis, dedicato alle attività di valorizzazione dei beni culturali.
Il “Decreto Semplificazioni”, infatti, modifica il Decreto legislativo 22/01/2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137” con interventi significativi.
Il comma 7 bis apporta modifiche agli articoli 115 e 117 del Decreto legislativo 22/01/2004, n. 42articoli che si riportano in nota con i cambiamenti evidenziati in grassetto.[1]
L’art. 115 del codice del 2004 prevede che le attività di valorizzazione dei beni culturali di proprietà pubblica  siano gestite in forma diretta o indiretta. Quest’ultima è attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione, mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti”.
A sua volta, l’art. 117 recita: “1.Negli istituti e nei luoghi della cultura indicati all’articolo 101 possono essere istituiti servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico.
2. Rientrano tra i servizi di cui al comma 1:
a) il servizio editoriale e di vendita riguardante i cataloghi e i sussidi catalografici, audiovisivi e informatici, ogni altro materiale informativo, e le riproduzioni di beni culturali;
b) i servizi riguardanti beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito del prestito bibliotecario;
c) la gestione di raccolte discografiche, di diapoteche e biblioteche museali;
d) la gestione dei punti vendita e l’utilizzazione commerciale delle riproduzioni dei beni;
e) i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l’infanzia, i servizi di informazione, di guida e assistenza didattica, i centri di incontro;
f) i servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba;
g) l’organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali”.
Il terzo comma della norma prevede poi che “I servizi di cui al comma 1 possono essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria”, laddove il comma successivo ribadisce che la gestione dei servizi medesimi è attuata nelle forme previste dall’articolo 115 (ossia mediante concessione, nel caso di gestione indiretta).
La valorizzazione dei beni culturali, in primis attraverso i servizi di cui si è detto, assume una valenza centrale nel sistema del Codice dei beni culturali, essendole dedicato il Capo II della Sezione II del Titolo II (Principi della valorizzazione dei beni culturali).
In particolare la valorizzazione dei siti culturali, attuata tramite l’erogazione dei servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico (ex art. 117 D.Lgs. n. 42 del 2004), detti anche “servizi aggiuntivi”, rappresenta lo scopo centrale del sistema tracciato dal vigente Codice dei beni culturali, rispetto ai quali quelli di biglietteria e vigilanza assumono carattere meramente accessorio e strumentale.[2]
Sembra opportuno soffermarsi sul D.M. 29 gennaio 2008 (Modalità di affidamento a privati e di gestione integrata dei servizi aggiuntivi presso istituti e luoghi della cultura, all’art. 1, lett. d), che qualifica “servizi aggiuntivi: i servizi di assistenza culturale, di accoglienza e di ospitalità per il pubblico, nonché ogni altro servizio strumentale alla migliore valorizzazione e fruizione degli istituti e dei luoghi della cultura”.
Il successivo art. 3, comma 2 elenca poi, in via meramente esemplificativa, alcune tipologie di “servizi aggiuntivi”, tra cui “a) il servizio editoriale e di vendita riguardante i cataloghi e i sussidi catalografici, audiovisivi e informatici, ogni altro materiale informativo, e le riproduzioni di beni culturali nonché di merchandising; … e) i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l’infanzia, i servizi di informazione, di guida e assistenza didattica, i centri di incontro, il presidio medico”.
Il quarto comma ribadisce che “L’organizzazione dei servizi aggiuntivi avviene in forma integrata mediante affidamento di concessione a soggetti privati. Per organizzazione in forma integrata si intende una procedura di affidamento che consenta l’attivazione e la gestione di più servizi aggiuntivi integrati rispetto sia alle varie tipologie indicate nel comma 2 sia ai diversi istituti e luoghi della cultura, nei quali i servizi stessi devono essere svolti”, laddove il quinto comma chiarisce che “L’integrazione orizzontale tra diverse tipologie di servizi può essere estesa anche ai servizi di pulizia, di vigilanza, di custodia e di biglietteria. Al di fuori dell’ipotesi di gestione integrata, i suddetti servizi possono essere affidati a privati secondo il regime degli appalti di servizi”.
All’istituto della concessione dei servizi aggiuntivi, intesa quale esclusiva modalità di affidamento dei servizi di cui trattasi, sono infine dedicati gli artt. 5 e 6 D.M. 29 gennaio 2008.
Con le modifiche del Decreto Semplificazioni, che intervengono proprio sull’art. 115, comma 3, del Codice dei beni culturali – si stabilisce che la gestione indiretta può essere attuata tramite concessione a terzi ovvero mediante l’affidamento di appalti pubblici di servizi, anche in forma congiunta e integrata.
Dunque, per le amministrazioni pubbliche, si aprono maggiori possibilità di scelta per la valorizzazione dei beni culturali.
Non solo concessioni a terzi, ma anche appalti di servizi.
La modifica all’articolo 115, comma 4, del Codice dei beni culturali – prevede comunque che nella gestione indiretta ( che potrà essere attuata sia con concessioni che con appalti pubblici di servizi) le amministrazioni possano comunque progettare i servizi e i relativi contenuti, anche di dettaglio, mantenendo comunque il rischio operativo a carico del concessionario e l’equilibrio economico e finanziario della gestione.
Sembra ragionevole sostenere che la norma sia da applicarsi a rapporti in cui convivano simultaneamente servizi in concessione ed appalti veri e propri di servizi. L’assunzione del rischio operativo[3] all’appaltatore, infatti, è caratteristica dei rapporti di concessione.
Infine, la modifica all’art. 117 comma 3 del D.Lgs. 42/2004, appare particolarmente significativa, in quanto si stabilisce che, qualora l’affidamento dei servizi integrati abbia ad oggetto una concessione di servizi ai sensi dell’articolo 3 comma 1 lettera vv)[4] Codice dei Contratti, l’integrazione possa essere realizzata anche indipendentemente dal rispettivo valore economico dei servizi considerati.
Con tale previsione cioè si ribadisce la “centralità” della concessione nel sistema del Codice dei beni culturali, indipendentemente dal valore dei servizi affidati ( in concessione ed in appalto), realizzando un coordinamento minimo tra le previsioni del D.gs 42/2004 ed il Codice dei Contratti.
La prevalenza dell’istituto della concessione, evidentemente, dovrà tradursi in requisiti di capacità dei soggetti aspiranti alla partecipazione alla gara  “correlati e proporzionali alla necessità di garantire la capacità del concessionario di eseguire la concessione, tenendo conto dell’oggetto della concessione” ( articolo 172 del Codice dei Contratti).
È comunque ammessa la stipulazione di contratti di appalto pubblico aventi ad oggetto uno o più servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico e uno o più tra i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria.
Con le modifiche apportate, insomma, sembra di poter sostenere che si siano ampliate le possibili opzioni a disposizione per la valorizzazione dei beni culturali.
 

[1] Articolo 115
1.    Le attività di valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica sono gestite in forma diretta o indiretta.
2.    La gestione diretta è svolta per mezzo di strutture organizzative interne alle amministrazioni, dotate di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, e provviste di idoneo personale tecnico. Le amministrazioni medesime possono attuare la gestione diretta anche in forma consortile pubblica.
3.    La gestione indiretta è attuata tramite concessione a terzi ovvero mediante l’affidamento di appalti pubblici di servizi, anche in forma congiunta e integrata, da parte delle amministrazioni cui i beni pertengono o dei soggetti giuridici costituiti ai sensi dell’articolo 112, comma 5, qualora siano conferitari dei beni ai sensi del comma 7, mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti. I privati che eventualmente partecipano ai soggetti indicati all’articolo 112, comma 5, non possono comunque essere individuati quali concessionari delle attività di valorizzazione.218
4.    Lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali ricorrono alla gestione indiretta al fine di assicurare un miglior livello di valorizzazione dei beni culturali. La scelta tra le due forme di gestione indicate ai commi 2 e 3 è attuata mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi previamente definiti. La gestione in forma indiretta è attuata nel rispetto dei parametri di cui all’articolo 114, ferma restando la possibilità per le amministrazioni di progettare i servizi e i relativi contenuti, anche di dettaglio, mantenendo comunque il rischio operativo a carico del concessionario e l’equilibrio economico e finanziario della gestione.
5.    Le amministrazioni cui i beni pertengono e, ove conferitari dei beni, i soggetti giuridici costituiti ai sensi dell’articolo 112, comma 5, regolano i rapporti con i concessionari delle attività di valorizzazione mediante contratto di servizio, nel quale sono determinati, tra l’altro, i contenuti del progetto di gestione delle attività di valorizzazione ed i relativi tempi di attuazione, i livelli qualitativi delle attività da assicurare e dei servizi da erogare, nonché le professionalità degli addetti. Nel contratto di servizio sono indicati i servizi essenziali che devono essere comunque garantiti per la pubblica fruizione del bene.
6.    Nel caso in cui la concessione a terzi delle attività di valorizzazione sia attuata dai soggetti giuridici di cui all’articolo 112, comma 5, in quanto conferitari dei beni oggetto della valorizzazione, la vigilanza sul rapporto concessorio è esercitata anche dalle amministrazioni cui i beni pertengono. L’inadempimento, da parte del concessionario, degli obblighi derivanti dalla concessione e dal contratto di servizio, oltre alle conseguenze convenzionalmente stabilite, determina anche, a richiesta delle amministrazioni cui i beni pertengono, la risoluzione del rapporto concessorio e la cessazione, senza indennizzo, degli effetti del conferimento in uso dei beni.219
7.    Le amministrazioni possono partecipare al patrimonio dei soggetti di cui all’articolo 112, comma 5, anche con il conferimento in uso dei beni culturali che ad esse pertengono e che siano oggetto della valorizzazione. Al di fuori dell’ipotesi prevista al comma 6, gli effetti del conferimento si esauriscono, senza indennizzo, in tutti i casi di cessazione dalla partecipazione ai soggetti di cui al primo periodo o di estinzione dei medesimi. I beni conferiti in uso non sono assoggettati a garanzia patrimoniale specifica se non in ragione del loro controvalore economico.
8.    Alla concessione delle attività di valorizzazione può essere collegata la concessione in uso degli spazi necessari all’esercizio delle attività medesime, previamente individuati nel capitolato d’oneri. La concessione in uso perde efficacia, senza indennizzo, in qualsiasi caso di cessazione della concessione delle attività.
9.    Alle funzioni ed ai compiti derivanti dalle disposizioni del presente articolo il Ministero provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 117
1.    Negli istituti e nei luoghi della cultura indicati all’articolo 101 possono essere istituiti servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico.
2.    Rientrano tra i servizi di cui al comma 1:
a)  il servizio editoriale e di vendita riguardante i cataloghi e i sussidi catalografici, audiovisivi e informatici, ogni altro materiale informativo, e le riproduzioni di beni culturali;
b)  i servizi riguardanti beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito del prestito bibliotecario;
c)  la gestione di raccolte discografiche, di diapoteche e biblioteche museali;
d)  la gestione dei punti vendita e l’utilizzazione commerciale delle riproduzioni dei beni;
e)  i servizi di accoglienza, ivi inclusi quelli di assistenza e di intrattenimento per l’infanzia, i servizi di informazione, di guida e assistenza didattica, i centri di incontro;
f)  i servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba;
g)  l’organizzazione di mostre e manifestazioni culturali, nonché di iniziative promozionali.
3.    I servizi di cui al comma 1 possono essere gestiti in forma integrata con i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria. Qualora l’affidamento dei servizi integrati abbia ad oggetto una concessione di servizi ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera vv), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l’integrazione può essere realizzata anche indipendentemente dal rispettivo valore economico dei servizi considerati. È ammessa la stipulazione di contratti di appalto pubblico aventi ad oggetto uno o più servizi tra quelli di cui al comma 1 e uno o più tra i servizi di pulizia, di vigilanza e di biglietteria.
4.    La gestione dei servizi medesimi è attuata nelle forme previste dall’articolo 115.
5.    I canoni di concessione dei servizi sono incassati e ripartiti ai sensi dell’articolo 110.
[2] Cons. Stato, Sez. V, Sentenza, 07/12/2017, n. 5773.
[3] Articolo 3 D.Lgs 50/2016 lettera zz) «rischio operativo», il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi, trasferito all’operatore economico nei casi di cui all’articolo 180. Si considera che l’operatore economico nei casi di cui all’articolo 180 assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, per tali intendendosi l’insussistenza di eventi non prevedibili non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita all’operatore economico nei casi di cui all’articolo 180 deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile;
[4] Articolo 3 D.Lgs 50/2016 lettera vv) «concessione di servizi», un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi;

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