13/06/2022 – TARI – B& B – Legittimità tariffe più alte rispetto a quelle residenziali

Ordinanza del 16/05/2022 n. 15545 – Corte di Cassazione – Sezione/Collegio 6

Intitolazione:TARI – B& B – Legittimità tariffe più alte rispetto a quelle residenziali.

Massima:

I Comuni possono stabilire particolari tariffe, nella specie quella relativa all’attività alberghiera senza ristorazione, per la TARI per le unità immobiliari adibite all’uso di bed and breakfast anche differenti e superiori rispetto alla tariffa abitativa ordinaria, per il fatto che l’ attività di bed & breakfast dà luogo ad una attività di ricezione, ospitalità e somministrazione di alimenti e bevande con produzione di rifiuti differenti e superiori rispetto all’utenza residenziale. Deve, quindi, ritenersi legittimo da parte del Comune istituire, pur nell’ambito della destinazione a civile abitazione, una tariffa differenziata per l’uso che si fa di un immobile, a prescindere dalla destinazione catastale, verificando l’utilizzo in concreto da parte del proprietario di servizi come il cambio della biancheria, la pulizia dei locali, la fornitura del materiale di consumo a fini igienico – sanitari, la manutenzione ordinaria degli impianti e gli altri analoghi, quando tali servizi non siano riferibili solo al proprietario, ma anche ai clienti della struttura adibita a bed & breakfast, mentre non è necessaria la denuncia di variazione in quanto la stessa va effettuata solo nel cambio di destinazione d’uso.

Massima redatta a cura del Ce.R.D.E.F.

Testo:

Fatti di causa

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso un avviso di pagamento relativo alla TARI per l’anno di imposta 2017 affermando che illegittimamente il comune di Torre del Greco applicava alla sua attività di bed & breakfast la tariffa TARI riservata alle attività alberghiere;

la Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso della parte contribuente e la Commissione Tributaria Regionale ne respingeva l’appello affermando che i Comuni possono stabilire particolari tariffe (nella specie quella relativa all’attività alberghiera senza ristorazione) per la TARI, per le unità immobiliari adibite all’uso di bed and breakfast, differenti e superiori rispetto alla tariffa abitativa ordinaria, dato che l’attività di bed & breakfast dà luogo ad una attività di ricezione, ospitalità e somministrazione di alimenti e bevande con produzione di rifiuti differenti e superiori rispetto all’utenza residenziale.

La parte contribuente proponeva ricorso affidato ad unico motivo di impugnazione mentre l’Agenzia delle entrate, non essendosi tempestivamente costituita mediante controricorso, si costituiva col presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Ragioni della decisione

Considerato che:

con il motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione della normativa vigente in materia di bed and breakfast e contraddittorietà della motivazione in riferimento alla L. n. 5 del 2001, nonchè contraddittorietà della sentenza in riferimento al Regolamento comunale n. 231 del 12 maggio 2014 e insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il motivo di impugnazione è infondato.

Secondo questa Corte, infatti:

l’attività di affitta camere presenta natura analoga a quella alberghiera, seppur si differenzi per le dimensioni più modeste: cfr. ad esempio Cass. 7 gennaio 2016, n. 109, secondo cui ontologicamente l’attività di affittacamere è del tutto sovrapponibile – in contrapposto all’uso abitativo – a quella alberghiera e, pure, a quella di bed and breakfast, comportando, non diversamente da un albergo, un’attività imprenditoriale, un’azienda ed il contatto diretto con il pubblico: essa, infatti, richiede non solo la cessione in godimento del locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno (Cass. n. 109 del 2016; analogamente Cass. n. 21562 del 2020; Cass. n. 704 del 2105 e Cass. n. 26087 del 2010; Cass. n. 17167 del 2002);

l’attività di affitta camere presenta natura analoga a quella alberghiera seppur si differenzi per le dimensioni più modeste. Infatti, la fornitura di biancheria da bagno e da letto, nonchè il riassetto delle camere e la fornitura giornaliera di colazione rappresentano servizi personali riconducibili al servizio alberghiero e quindi ad un’attività che senza dubbio debba essere considerata commerciale (cfr. Cass. Civ. 27 febbraio 2020, n. 5355; Cass. Civ., 4 aprile 2018, n. 8308);

“Occorre verificare le modalità di svolgimento dell’attività di bed & breakfast, poichè ciò che risulta effettivamente rilevante ai fini di cui trattasi sono le qualità e quantità di rifiuti prodotti e non la destinazione d’uso dell’immobile.

Le attività di accoglienza ricettiva esercitate da privati che, in via occasionale o saltuario, senza carattere di imprenditorialità e avvalendosi della organizzazione familiare utilizzano parte della propria abitazione fino ad un numero massimo di camere o posti letto, fornendo ai turisti alloggio e prima colazione sono classificate come “bed & breakfast” rientra nella nozione di comune esperienza, salva prova contraria da parte del contribuente che l’attività di “bed & breakfast” da luogo ad un’attività di ricezione-ospitalità e somministrazione di alimenti e bevande, con produzione di rifiuti certamente differenti e superiori ad un’utenza residenziale.

Deve, quindi, ritenersi legittimo da parte del Comune istituire, pur nell’ambito della destinazione a civile abitazione, una tariffa differenziata per l’uso che si fa di un immobile, a prescindere dalla destinazione catastale, verificando l’utilizzo in concreto da parte del proprietario di servizi come il cambio della biancheria, la pulizia dei locali, la fornitura del materiale di consumo a fini igienico – sanitari, la manutenzione ordinaria degli impianti e gli altri analoghi, quando tali servizi non siano riferibili solo al proprietario, ma anche ai clienti della struttura adibita a “bed & breakfast;

Non è invece necessaria la denuncia di variazione in quanto la stessa va effettuata solo nel cambio di destinazione d’uso.

La stessa pronuncia della Corte di Giustizia CE, sez. 2, del 16.7.2009, (C-254/08) afferma che la normativa nazionale che prevede, ai fini del finanziamento della gestione e dello smaltimento dei rifiuti urbani, una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato e non sulla base del quantitativo dei rifiuti effettivamente prodotto e conferito non può essere considerata, allo stato attuale del diritto comunitario, in contrasto con la citata Dir. n. 2006/12, art. 15, lett. A). In secondo luogo, il principio “chi inquina paga” non osta a che gli Stati membri adottino, in funzione di categorie di utenti determinati secondo la loro rispettiva capacità a produrre rifiuti urbani, il contributo di ciascuna di dette categorie al costo complessivo necessario al finanziamento del sistema di gestione e di smaltimento dei rifiuti urbani”.

Essendo l’imposta correlata alla capacità produttiva di rifiuti deve ritenersi legittima la determinazione, assunta con la delibera commissariale citata, di prevedere una sottocategoria (C4) con valori e coefficienti di quantità e qualità intermedi tra le sottocategorie di civile abitazione (CI) e alberghi (C4) che tenga conto della promiscuità tra l’uso normale abitativo e la destinazione ricettiva a terzi” (Cass. n. 16972 del 2015, richiamata da Cass. n. 21562 del 2020 e Cass. n. 20971 del 2019).

La Commissione Tributaria Regionale si è attenuta al suddetto principio laddove – affermando che i Comuni possono stabilire particolari tariffe (nella specie quella relativa all’attività alberghiera senza ristorazione) per la TARI per le unità immobiliari adibite all’uso di bed and breakfast differente e superiore rispetto alla tariffa abitativa ordinaria, dato che l’attività di bed & breakfast dà luogo ad una attività di ricezione, ospitalità e somministrazione di alimenti e bevande con produzione di rifiuti differenti e superiori rispetto all’utenza residenziale – ha correttamente assimilato l’attività di bed and breakfast a quella alberghiera, perchè da qualificarsi entrambe come imprenditoriali in quanto volte ad offrire un servizio sul mercato e come tali necessariamente esercitate professionalmente e con la relativa diligenza professionale di cui all’art. 1176 c.c., comma 2 (il che non significa che le stesse debbano essere svolte per tutto l’anno o per lunghi periodi di esso, potendo tali attività essere anche solo stagionali), svolgendosi le stesse a contatto diretto con il pubblico attraverso una prestazione articolata e complessa che non consiste solo nella cessione in godimento di un locale ammobiliato e provvisto di acqua, luce ecc., ma anche la prestazione di servizi personali, quali la prima colazione, il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno. Tale attività determina inevitabilmente, anche in ragione del rapido avvicendamento delle persone nell’immobile in considerazione della usuale brevità dei soggiorni in strutture quali alberghi e bed and breakfast, una maggiore produzione di rifiuti rispetto a quella che produrrebbe la stessa abitazione ove fosse adibita a privata abitazione, con la conseguenza che una maggiore tariffa per la TARI rispetto a quella prevista per le civili abitazioni risponde ai principi costituzionali di capacità contributiva, proporzionalità, ragionevolezza e uguaglianza, nella sua declinazione secondo cui occorre trattare in maniera adeguatamente differenziata situazioni differenti (Cass. n. 3323 del 2021; Corte Cost. n. 90 del 2018), essendo l’imposta TARI correlata alla capacità dell’immobile di produrre rifiuti, cosicchè deve ritenersi corretta, ragionevole e legittima la determinazione del comune di Torre del Greco di adottare una tariffa della TARI più alta per i bed and breakfast rispetto alle civili abitazioni.

Il motivo di impugnazione è infine inammissibile nella parte in cui denuncia l’insufficienza della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, prevede l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass. n. 2268 del 2022).

Ritenuto pertanto che il motivo di impugnazione è in parte infondato e in parte inammissibile, il ricorso va conseguentemente respinto; nulla va statuito in merito alle spese non essendosi costituito il comune di Torre del Greco.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2022.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2022

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