13/05/2020 – Smart working: diritto per i lavoratori con figli under 14

Smart working: diritto per i lavoratori con figli under 14
La Rivista del Sindaco  13/05/2020 
Per i lavoratori dipendenti con figli under 14, lo smart working diventa un diritto, fino alla data che (per il momento) segna la fine dello stato di massima allerta per il Covid-19, ovvero il 31 luglio. Una delle previsioni del “Dl Rilancio” prevede per questi dipendenti, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla legge 81/2017, la possibilità di avvalersi del lavoro in smart working, se questa modalità risulta compatibile con le caratteristiche della loro prestazione. Nel caso il datore di lavoro non fornisca i necessari strumenti informatici, il dipendente potrà utilizzare quelli in proprio possesso.
Una possibilità che andrebbe a riguardare tra i sei e gli otto milioni di lavoratori, che sia del settore pubblico che di quello privato, mentre già durante il lockdown sono stati circa due milioni di italiani, che almeno per qualche giorno alla settimana sono stati coinvolti nello smart working.
Per il responsabile scientifico dell’Osservatorio sullo smart working della School of management del Politecnico di Milano, Mariano Corso, questo numero vedrà un ulteriore rialzo: “La fase 2 sarà più intensa della fase 1 sotto il profilo dello smart working, perché nel periodo dell’emergenza avevamo interi pezzi di filiere produttive bloccati. Ora, per consentire la ripresa delle attività che non possono essere svolte da remoto, come la manifattura, sarà necessario incentivare, nelle stesse aziende, lo smart working per coloro che invece possono lavorare da fuori, per evitare la compresenza di tutti nelle sedi. Ci sono poi una serie di attività anche non impiegatizie come la manutenzione e il controllo di determinati impianti che grazie alla digitalizzazione si potranno svolgere in smart working”.
Sono gli stessi protocolli di sicurezza che le aziende dovranno rispettare a spingere per questa tipologia di lavoro agile, riportandolo infatti come misura per garantire maggior sicurezza ai lavoratori. Nei prossimi mesi, la forbice di dipendenti stimata tra sei e otto milioni si vedrà proporre lo smart working, almeno per qualche giorno a settimana.
Inutile dire che sarà indispensabile un adeguamento tecnologico, poiché stando all’Osservatorio sul lockdown Nomisma-Crif, ben il 33,8% degli italiani non possiede un pc o tablet, mentre il 18% dei lavoratori è stato costretto a comperare strumenti per lavorare in smart working. Un adeguamento che a lungo è stato raccomandato, così come l’attività in smart working, ma che in Italia non ha preso mai piede, fino a diventare l’unica possibilità per continuare a lavorare (per le aziende che ne avevano la possibilità) durante l’emergenza da Covid-19.
Il lavoro agile rimarrà una forma di prevenzione fondamentale anche durante la Fase 2, perché nell’ottica di rispettare sempre i tanto decantatiti “distanziamento sociale” e “divieto di assembramento” è altrettanto importante evitare “una rarefazione delle presenza dentro i luoghi di lavoro”, come riportato tra le premesse del Protocollo del 24 aprile 2020, sottoscritto dalle parti sociali su invito del Governo e in allegato al Dpcm del 26 aprile 2020. Già nelle premesse, infatti, il Protocollo è esplicito nel raccomandare il massimo utilizzo possibile delle modalità di lavoro agile, quelle attività in grado di essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza. Oltre a insistere sulla possibilità di chiudere i reparti che possono avvalersi dello smart working, si specifica che “il lavoro a distanza continua ad essere favorito anche nella fase di progressiva riattivazione del lavoro in quanto utile e modulabile strumento di prevenzione”. Lo smart working rientra anche tra i punti utili all’Ispettorato del Lavoro per verificare l’osservanza delle norme anti-contagio.
Si tratta quindi di una necessità che nell’essere perseguita per il bene della salute pubblica, potrebbe finalmente aprire le porte ad una tipologia di lavoro più comoda e moderna, di cui da tanto si parla… e che troppo a lungo è stata rimandata.
Articolo di Laura Egidi

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