12/08/2017 – quando l’inefficienza è funzionale

quando l’inefficienza è funzionale

 

Se tutto funzionasse alla perfezione sarebbe un vero guaio! Pensate se i fondi pubblici fossero effettivamente utilizzati per finalità di pubblico interesse, se gli stipendi dei dirigenti pubblici, quelli dei palazzi refrigerati del centro (che non hanno alcuna responsabilità e si espongono solo quando firmano la propria domanda di ferie) fossero allineati con quelli dei colleghi che si trovano a dipanare le matasse di norme, disposizioni, intercettazioni, sentenze, sospetti, certezze, vincoli e condizionamenti.

Se il costo delle opere pubbliche si limitasse alle spese effettive (quelle che si possono dire), se la magistratura intervenisse tutte le volte che si commette un reato, specie se grave, se gli incarichi fossero affidati ai professionisti migliori, se le priorità fossero determinate dall’interesse pubblico…

Insomma, immaginate che noia e che scompiglio se tutto funzionasse secondo le regole e queste fossero scritte in modo da perseguire finalità di carattere etico. Non ci sarebbe più bisogno di cercare consulenti, formatori e soprattutto intermediari a cui affidare la risoluzione delle questioni “volutamente” controverse.

E la politica? che ruolo avrebbe la politica in un contesto che funziona? Dovrebbe essere affidata a soggetti che hanno a cuore l’interesse del Paese, che si preoccupano per il funzionamento della macchina amministrativa, che pensano di mettere in atti politiche sociali perequative, che si impegnino a programmare e progettare azioni rivolte al miglioramento.

Viene da pensare che le inefficienza, tutto sommato, siano funzionali. Ecco perché non vengono combattute con fermezza e convinzione. Sì, ogni volta che si presentano casi estremi, si sollevano i cori di stupore e dissenso: siamo tutti dalla parte dei valori e della democrazia e… non si è mai visto un mafioso inneggiare alla mafia o alla corruzione.

E’ più figo apparire “antirazzisti”, ma affidare ad atri la soluzione dei problemi di immigrazione, agitarsi contro la “corruzione” e limitarsi a ritenerla una questione di adeguamento a “linee guida”, manifestare contro la mafia e pensare che si nasconda sempre altrove e che per combatterla basta spostare poliziotti e carabinieri da un posto all’altro.

Uno Stato che funziona è possibile, partendo dalle cose più semplici. Basta volerlo, ma sarebbe impopolare e non gradito… cioè impossibile. E le cose impossibili non si possono mettere in un programma perché sono irrealizzabili per definizione.

Lo stesso ragionamento vale per le regioni e i comuni. Pensiamo davvero che la politica, partiti, associazioni e movimenti (anche i “bene intenzionati) vogliano che tutto funzioni secondo principi etici e di valore e nell’interesse pubblico? Forse, singolarmente molti lo vogliono, ma una volta entrati nella dimensione di “gruppo” prevalgono altre dinamiche “protettive” di interessi, nella convinzione di agire in buona fede. E succede che si proteggono posizioni, interessi, persone, progetti che… appaiono giusti perché interni al gruppo. E accade anche che… chi rimane libero e vuole perseguire “efficienza” e “miglioramento” è inteso come soggetto pericoloso.

L’efficienza non è funzionale!

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