11/12/2019 – La reggenza temporanea dell’ufficio non fa scattare il diritto al trattamento economico delle mansioni superiori

La reggenza temporanea dell’ufficio non fa scattare il diritto al trattamento economico delle mansioni superiori
di Michele Nico – Dirigente amministrativo di Ente locale
Nulla da fare per il direttore amministrativo che, in lite con il Ministero dell’economia e delle finanze, ha percorso tutti i gradi di giudizio fino alla Corte di Cassazione per rivendicare il proprio diritto alle differenze retributive correlate allo svolgimento delle mansioni dirigenziali di livello superiore svolte dal 2004 al 2010.
Con la sentenza n. 31400/2019 del 2 dicembre 2019 la Sezione lavoro ha rigettato l’istanza del dirigente confermando la decisione n. 146/2014 della Corte d’Appello di L’Aquila, sulla base di argomentazioni radicate nel sistema normativo a presidio del rapporto di pubblico impiego.
La controversia al vaglio dei giudici era sorta nell’ambito di un peculiare contesto lavorativo, ove in seguito al decesso del direttore dell’Ufficio provinciale erano stati nominati in successione 3 reggenti, che avevano svolto le funzioni dirigenziali connesse al funzionamento di tale ufficio.
Il dirigente che ha chiamato in causa il Ministero si era limitato a sostituire di volta in volta i suddetti reggenti quando questi erano assenti per ferie, malattia o altra ragione, ma rivendicava il diritto al riconoscimento delle differenze retributive per il fatto di avere svolto le mansioni dirigenziali proprie del direttore provinciale in maniera prevalente, sia qualitativamente che quantitativamente, rispetto alle mansioni proprie della qualifica di appartenenza.
La pretesa del dirigente è stata presa in esame dalla Sezione alla luce del vigente quadro normativo in materia di pubblico impiego, con l’esito di un rigetto integrale del ricorso.
I giudici hanno rilevato, in primo luogo, la differenza intercorrente tra l’istituto della reggenza e quello della sostituzione temporanea in caso di assenza del titolare dell’ufficio.
L’ipotesi della reggenza stricto sensu è contrassegnata dalla “straordinarietà e temporaneità”, per cui alla stessa può farsi luogo allorquando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e per il tempo necessario alla copertura del posto stesso.
Al di fuori di tali presupposti, la reggenza dell’ufficio che si protrae nel tempo fa sorgere il diritto del lavoratore alle differenze retributive tra il trattamento economico percepito e quello proprio delle mansioni superiori.
Resta fermo, in ogni caso, il principio secondo cui mentre nel settore privato il lavoratore che abbia a lungo svolto mansioni superiori ha anche diritto alla promozione, nel pubblico impiego ciò non avviene in ragione del fatto che gli scatti di carriera possono avere luogo soltanto mediante concorso.
In altre parole, nella disciplina privatistica lo jus variandi è fonte di automatica trasformazione delle mansioni superiori in acquisizione della posizione più elevata nella struttura aziendale (art. 2103 c.c.), mentre tale principio non trova applicazione nel rapporto di pubblico impiego, ancorché “privatizzato”, perché in tal caso si verificherebbe un’elusione dell’art. 97 della Costituzione, in base al quale il reclutamento nei ranghi della Pa deve avvenire mediante concorso pubblico.
Dopo aver chiarito la portata e gli effetti dell’istituto della reggenza, la pronuncia in esame si sofferma sulla sostituzione del titolare assente o impedito, che di regola non comporta il diritto a percepire compensi aggiuntivi.
A sostegno di questa conclusione, la Corte rileva che, in base al vigente Ccnl del comparto Ministeri, il dirigente inquadrato in una determinata area funzionale è tenuto allo svolgimento, all’occorrenza e in via temporanea, di funzioni dirigenziali relative ad altra area funzionale in assenza del dirigente titolare.
La pronuncia in esame si colloca nel solco di un orientamento pacifico in giurisprudenza, che in nome del principio dell’omnicomprensività del trattamento economico tende a escludere il diritto a compensi aggiuntivi a favore del dirigente, nel caso di sostituzione o reggenza riferite ad altri incarichi dirigenziali.
E’ eloquente, al riguardo, il principio affermato dalla medesima Sezione lavoro con sentenza 8 febbraio 2018, n. 3094, secondo cui “nel pubblico impiego privatizzato vige il principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale, in ragione del quale il trattamento economico dei dirigenti remunera tutte le funzioni e i compiti loro attribuiti secondo il contratto individuale o collettivo, nonché qualsiasi incarico conferito dall’amministrazione di appartenenza o su designazione della stessa; ne consegue che il dirigente ministeriale, cui sia stato conferito un incarico aggiuntivo di reggenza presso un altro ufficio pubblico, non ha diritto a una maggiore remunerazione”.
Con la pronuncia in esame trova conferma tale indirizzo, che, come si è detto, altro non è che una declinazione del principio di onnicomprensività del trattamento economico, per effetto del quale è vietato remunerare il dipendente con compensi ulteriori per lo svolgimento di compiti rientranti nelle mansioni dell’ufficio ricoperto.

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto