D’altra parte, come già precisato da questa Corte, “gli artt. 2104 e 2105 cod. civ., richiamati dalla disposizione dell’art. 2106 relativa alle sanzioni disciplinari, non vanno interpretati restrittivamente e non escludono che il dovere di diligenza del lavoratore subordinato si riferisca anche ai vari doveri strumentali e complementari, che concorrono a qualificare il rapporto obbligatorio di durata avente ad oggetto un tacere, e che l’obbligo di fedeltà vada inteso in senso ampio e si estenda a comportamenti che per la loro natura e le loro conseguenze appaiano in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del lavoratore nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa o creino situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell’impresa” (Cass. n. 11437/1995).
11/10/2019 – Tacere al datore di lavoro il proprio arresto, è causa di licenziamento
Tacere al datore di lavoro il proprio arresto, è causa di licenziamento
di Dario Di Maria
L’avere taciuto “per ben 14 giorni di assenza dal lavoro” – come era da considerarsi accertato – il proprio stato di detenzione costituisce violazione degli obblighi di correttezza e buona fede che incombono sul dipendente nell’esecuzione del rapporto e che detta condotta, imponendo un giudizio prognostico negativo circa la correttezza del futuro adempimento, fosse di gravità tale da giustificare il recesso del datore di lavoro.