11/09/2020 – Concessionarie alla Consulta – Sotto la lente l’obbligo di affidare a terzi l’80%dei lavori

Dal CdS rimessione alla Corte costituzionale della disciplina sull’esternalizzazione
Concessionarie alla Consulta – Sotto la lente l’obbligo di affidare a terzi l’80%dei lavori
a cura di Andrea Mascolini

Sarà la Corte costituzionale a decidere se la disciplina che regola gli affidamenti a terzi di appalti da parte dei concessionari è conforme alla Costituzione; in ballo ci sono il sostanziale divieto di ricorso all’in house se non per percentuali pari al 20% o al 40% e il conseguente obbligo di terziarizzare delle attività per l’80 o il 60% (in caso di concessioni autostradali) e anche per le concessioni affidate prima del 2014.

 
La vicenda è nata dal ricorso per l’annullamento delle linee guida Anac n. 11 e dell’atto di segnalazione Anac n. 4 del 17 ottobre 2018 «sulla verifica degli affidamenti dei concessionari ai sensi dell’art. 177 del dlgs n. 50/2016 e adempimenti dei concessionari autostradali ai sensi dell’art. 178 del medesimo codice».
Nell’ambito del ricorso veniva messa in discussione la disciplina di cui all’articolo 177 della Costituzione, ritenuta eccessivamente vincolante in delle prerogative dei concessionari.
 
In particolare, veniva eccepita la previsione di un obbligo generalizzato di esternalizzazione, il divieto per i concessionari di esecuzione diretta dei lavori e servizi; per la mancata esclusione dal suo ambito di applicazione dei concessionari operanti nei settori speciali e questo sotto il profilo della violazione delle direttive e dei principi europei a tutela degli investimenti. Altro profilo messo in discussione è stato quello della mancata esclusione dal suo ambito di applicazione dei concessionari di servizi pubblici locali titolari di affidamento precedenti al 31 dicembre 2004.
 
Il Consiglio di stato ha dichiarato le questioni sollevate meritevoli di scrutinio da parte della Corte costituzionale rinviando ad essa la questione di legittimità.
 
Per i giudici, in particolare, l’obbligo di esternalizzazione risulta «suscettibile di comportare uno stravolgimento degli equilibri economico-finanziari sottesi allo stesso rapporto concessorio in questione, su cui si fondano le scelte di pianificazione e operative del concessionario/imprenditore. L’attività di quest’ultimo viene quindi ridotta a quella di una mera stazione appaltante, con l’unico compito di disciplinare e attuare, secondo le direttive delle linee guida e degli enti concedenti, l’affidamento a terzi, estranei o a sé riconducibili, di quella che originariamente costituiva il proprium dell’unitaria concessione affidata dall’amministrazione».
 
A questo si aggiunge sia la conseguente «vera e propria disgregazione del sottostante compendio aziendale, con conseguente depauperamento anche del patrimonio di conoscenze tecniche e tecnologiche e di professionalità maturate dal concessionario nello svolgimento del rapporto».
 
Per i giudici, inoltre, l’obbligo di affidamento a terzi «ancorché finalizzato a sanare l’originaria violazione dei principi comunitari di libera concorrenza consumatasi in occasione dell’affidamento senza gara della concessione, si traduce per un verso in un impedimento assoluto e definitivo di proseguire l’attività economica privata, comunque intrapresa ed esercitata in base ad un titolo amministrativo legittimo sul piano interno, secondo le disposizioni di legge all’epoca vigenti; e per altro verso va a snaturare il ruolo del privato concessionario, ridotto ad articolazione operativa degli enti concedenti, rispetto alla sua funzione di soggetto proposto dall’amministrazione all’esercizio di attività di interesse pubblico».
 
Infine, si configurerebbe la violazione del principio di libera iniziativa economica: «la scelta legislativa, pur legittimamente orientata a rimuovere rendite di posizione, non appare pertanto equilibrata». La parola adesso passa alla Consulta.

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