11/09/2018 – Il Consigliere dell’Unione dei Comuni non può far parte del Cda della Partecipata

Il Consigliere dell’Unione dei Comuni non può far parte del Cda della Partecipata

Pubblicato da lentepubblica.it il 10 settembre 2018

Il consigliere dell’Unione dei Comuni non può far parte del Cda della Partecipata. L’Anac, con delibera n. 578 del 13-6-2018, si esprime sulla inconferibilità dell’incarico di presidente del Cda di una Società a totale partecipazione pubblica.


La norma applicabile alla fattispecie in esame è quella dettata dall’art. 7, comma 2, lettera d) del d.lgs. n. 39/2013, secondo cui

“… a coloro che nell’anno precedente abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, nella stessa regione dell’amministrazione locale che conferisce l’incarico … non possono essere conferiti: (…) d) gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione”.

Al fine di verificare l’applicabilità dell’art. 7, comma 2, lettera d) del d.lgs. n. 39/2013 al conferimento dell’incarico di Presidente del CdA di omissis, è stato necessario esaminare i seguenti profili:

1) se l’incarico di provenienza – consigliere dell’Unione omissis – sia sussumibile alla fattispecie di cui all’art. 7, comma 2 del d.lgs. n. 39/2013;

2) se l’incarico di destinazione – Presidente del CdA di omissis – rientri nella definizione di cui all’art.1, comma 2, lett. l) del suddetto decreto, secondo cui “per «incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico» – devono intendersi – gli incarichi di Presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell’ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico”.

L’ANAC ha uno specifico potere di controllo e di accertamento sulle ipotesi di inconferibilità ed incompatibilità (relative ad esempio anche ai Segretari Comunali) disciplinate dal d.lgs. 39/2013, e quindi ha deliberato che:

  • l’inconferibilità, ai sensi dell’art. 7, comma 2 lett. d) del d.lgs. n. 39/2013, dell’incarico di Presidente del CdA della società omissis a colui che, alla data di conferimento dell’incarico e fino al 14 maggio 2018, ha ricoperto l’incarico di consigliere dell’Unione omissis e la conseguente nullità dell’atto di conferimento dell’incarico e del relativo contratto, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n.39/2013;
  • all’esito dell’accertamento compiuto dall’Autorità, il RPC della società omissis deve:
  1. comunicare al soggetto cui è stato conferito l’incarico la causa di inconferibilità – come accertata dall’ANAC – e la conseguente nullità dell’atto di conferimento dell’incarico e del relativo contratto ed adottare i provvedimenti conseguenti;
  2. contestare la causa di inconferibilità ai soggetti che, ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 18 del d.lgs. n. 39/2013, siano astrattamente possibili destinatari della sanzione inibitoria ed avviare il relativo procedimento;
  • il procedimento deve essere avviato nei confronti di tutti coloro che, alla data del conferimento dell’incarico, erano componenti dell’organo conferente, ivi inclusi i componenti medio tempore cessati dalla carica, tenendo conto dell’effettivo ricorrere e del grado della responsabilità soggettiva dell’organo che ha conferito l’incarico;
  • il termine di tre mesi di cui all’art. 18, c. 2 del d.lgs. n. 39/2013 decorre dalla data di comunicazione del provvedimento conclusivo del procedimento instaurato dal RPC nei confronti dei soggetti conferenti;
  • i componenti dell’organo non possono per tre mesi conferire tutti gli incarichi di natura amministrativa di loro competenza ricadenti nell’ambito di applicazione del decreto 39/2013, così come definiti dall’art. 1, comma 2;
  • la sanzione ex art. 18 non trova applicazione nei confronti dei componenti cessati dalla carica nell’esercizio delle funzioni attinenti ad eventuali nuovi incarichi istituzionali: tuttavia, la stessa tornerà applicabile, per la durata complessiva o residua rispetto al momento della cessazione della carica, qualora i medesimi soggetti dovessero nuovamente entrare a far parte dell’organo che ha conferito l’incarico dichiarato nullo.
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