11/05/2018 – Società in house pluripartecipata, il controllo analogo in presenza di più enti pubblici

Società in house pluripartecipata, il controllo analogo in presenza di più enti pubblici

 

Il Consiglio di Stato, Sez. V, 30/4/2018 n. 2599 si pronuncia sui presupposti che devono sussistere affinché il requisito del controllo analogo, e in particolare dell’influenza dominante, venga soddisfatto in caso di società in house pluripartecipata.

In particolare viene approfondita la questione del controllo dominante e congiunto dei soci, attraverso previsioni interne societarie deroganti ai meccanismi tipici di funzionamento delle società di capitali, tali da assicurare ai soci pubblici, collettivamente considerati, un’influenza determinante e un controllo effettivo sulla gestione dell’ente partecipato, attraverso poteri di condizionamento sull’operato del management in grado di conformare l’azione di quest’ultimo agli interessi pubblici di cui il singolo ente pubblico partecipante è portatore.

La giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea sull’in house in caso di pluralità di soggetti pubblici 

Secondo la Corte di giustizia dell’Unione Europea, in caso di società partecipata da più autorità amministrative non è indispensabile che ciascuna di queste «detenga da sola un potere di controllo individuale» sulla società, ma è sufficiente che i soci pubblici esercitino un controllo congiunto, attraverso la partecipazione di ciascuno di essi «sia al capitale, sia agli organi direttivi dell’entità suddetta» (sentenza 29 novembre 2012, C-182/11 e C-183/11, Econord; §§ 28 – 33).

A questo scopo, la Corte di Giustizia ha inoltre affermato che non è necessario il possesso di una quota minima di partecipazione al capitale sociale (cfr. nello stesso senso: Cons. Stato, V, 18 luglio 2017, n. 3554); per contro occorre che in virtù della partecipazione azionaria acquisita non sia preclusa alla singola autorità «la benché minima possibilità di partecipare al controllo» sulla società (§ 31).

Nella predetta pronuncia la Corte di Giustizia ha dunque declinato il requisito dell’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di tale entità che contraddistingue l’in house providing, sin dall’originaria elaborazione dell’istituto – sentenza Teckal, 8 novembre 1999, C-107/98 – come controllo esercitabile in modo collettivo da tutti gli enti pubblici partecipanti e, per quanto concerne la posizione del singolo, in modo effettivo, secondo i meccanismi di funzionamento dell’ente societario partecipati disciplinati dallo statuto (cfr. in questi termini Cons. Stato, V, 26 maggio 2015, n. 2602).

Le norme europee e italiane sugli affidamenti in house e controllo analogo

L’orientamento della Corte di giustizia è stato poi positivizzato dall’art. 12, comma 3, della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, a mente del quale il controllo congiunto ricorre tra l’altro quando gli organi decisionali della persona giuridica controllata «sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti», con la precisazione che «Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti» [cpv. 2, lett. i), secondo periodo].

La norma europea è stata infine recepita nell’ordinamento giuridico nazionale con l’attuale codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 [art. 5, comma 5, lett. a)]. Al medesimo riguardo può essere richiamato anche l’art. 2, comma 1, lett. d), a mente del quale il «controllo congiunto analogo» si ha nel caso in cui «l’amministrazione esercita congiuntamente con altre amministrazioni su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi»; e che fa espresso rinvio all’art. 5, comma 5, del codice dei contratti pubblici.

In linea con la citata sentenza del giudice europeo (in particolare con quanto affermato nel § 30) va ricordato che secondo il Consiglio di Stato la partecipazione della singola amministrazione non può ritenersi effettiva quando vi siano soci di maggioranza in grado di imporre le proprie scelte alla minoranza, già a partire dalla nomina dell’organo amministrativo (Cons. Stato, III, 27 aprile 2015, n. 2154).

Nella medesima prospettiva tracciata dalla Corte di giustizia, nella citata sentenza 18 luglio 2017, n. 3554, il medesimo Consiglio di Stato ha affermato che il requisito dell’in house providing di cui si tratta è soddisfatto, e non eluso, quando la possibilità del singolo ente pubblico, partecipante allo 0,1% del capitale, di influire sulla gestione della società partecipante è tra l’altro consentita attraverso un meccanismo di elezione dell’organo amministrativo che le permette di designare un suo rappresentante sia in via individuale, sia tramite la partecipazione «a ”cordate” di soci».

 

I principi di diritto affermati dal Consiglio di Stato: i 3 requisiti per il controllo analogo in caso di società in house pluripartecipata

Secondo il Consiglio di Stato deve pertanto affermarsi, in linea con i citati artt. 12 della direttiva 2014/24/UE e 5 del codice dei contratti pubblici, che affinché il requisito del controllo analogo in caso di società in house pluripartecipata sia soddisfatto, occorre che le amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possano comunque esercitare il controllo analogo in modo congiunto e che:

a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;

b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato, secondo le regole generali elaborate con riguardo all’in house providing tradizionale sin dalla sentenza della Corte di Giustizia Teckal (8 novembre 1999, C-107/98);

c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.

L’applicazione al caso concreto: l’influenza determinante congiunta dei soci pubblici

Nell’applicare i principi di diritto al caso concreto, il Collegio ha ravvisato la presenza di tutti i requisiti in questione nella società appellante, e in particolare dell’influenza dominante congiunta.

In particolare dalle previsioni interne societarie emerge in definitiva l’esistenza di rilevanti deroghe ai meccanismi tipici di funzionamento delle società di capitali, tali da assicurare ai soci pubblici, collettivamente considerati, un’influenza determinante e un controllo effettivo sulla gestione dell’ente partecipato, attraverso poteri di condizionamento sull’operato del management in grado di conformare l’azione di quest’ultimo agli interessi pubblici di cui il singolo ente pubblico partecipante è portatore. Tali poteri si esplicano sia in generale rispetto al complesso delle attività statutariamente demandate alla società, sia in relazione allo specifico servizio di igiene urbana prestato per il comune partecipante.

In particolare viene valorizzata, da un lato, l’esistenza di un apposito comitato assembleare, incaricato tra l’altro di esaminare tutte le proposte di delibera formulate dal consiglio di amministrazione e degli atti adottati da quest’ultimo organo, di verificare lo stato di attuazione degli obiettivi definiti nei documenti programmatici e dei contratti di servizio; il comitato è anche titolare del potere di richiedere informazioni e documenti, oltre che destinatario di referti sulla gestione da parte del medesimo consiglio di amministrazione.

Dall’altro lato, assume  il «regolamento comune per disciplinare i rapporti tra gli stessi Enti locali e la Società». Detto regolamento, modificabile ai sensi della disposizione statutaria da ultimo menzionata solo all’unanimità, attribuisce in particolare al singolo ente locale partecipante un diritto di veto sulle delibere del consiglio di amministrazione «che abbiano esclusiva attinenza al territorio dell’Ente Locale stesso» e che consente di deferire la questione al comitato assembleare laddove l’organo amministrativo «non intenda uniformarsi ai rilievi dell’Ente Locale» .

In allegato la Sentenza Consiglio di Stato, Sez. V, 30/04/2018 n. 2599

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