10/04/2020 – Vanificata la sospensione dei procedimenti p.a.

Vanificata la sospensione dei procedimenti p.a.

Vanificata la sospensione dei procedimenti amministrativi. Il senato ha approvato l’emendamento 103.21 al disegno di legge di conversione del dl 18/2020, che finisce per stravolgere totalmente il contenuto e i fini dell’articolo 103, finalizzato a sospendere i procedimenti amministrativi. Il testo attualmente vigente del comma 1 dell’articolo 107 si conclude con un ultimo paragrafo, ai sensi del quale «sono prorogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volontà conclusiva dell’amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall’ordinamento». Il «silenzio significativo» è un fenomeno di produzione tacita di un provvedimento amministrativo, come rimedio all’inerzia della pubblica amministrazione.

In sostanza, laddove una p.a. non concluda un procedimento con un provvedimento espresso (come obbliga l’articolo 2, comma 1, della legge 241/1990), allo scopo di evitare che il cittadino resti privo della decisione o sia costretto ad aspettare a tempo indeterminato, l’ordinamento dà un significato al silenzio, di due tipi. Si parla di silenzio rigetto, quando le norme generali o speciali riconducono al superamento del termine massimo previsto per produrre la decisione finale l’effetto di respingere l’istanza; si parla di silenzio accoglimento nel caso opposto. L’attuale formulazione dell’articolo 103, comma 1, in considerazione della sospensione dei termini dispone, in piena coerenza col fine del legislatore, anche lo slittamento in avanti degli effetti del silenzio significativo. Quindi, per esempio, se un termine procedimentale scadeva il 23 marzo, la sospensione dei procedimenti ne ha fatto slittare la scadenza al 16 aprile e, dunque, solo dal 17 aprile si sarebbe potuto formare il silenzio significativo. L’emendamento cancella l’ultimo periodo del testo vigente e lo sostituisce col seguente: «Sono esclusi dall’applicazione del presente comma i termini relativi alle ipotesi di silenzio significativo previsto dalla legge, nonché quelli relativi ai procedimenti di cui agli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241». L’articolo 20 della legge 241/1990 stabilisce che nei procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide». Quindi, tutti i procedimenti amministrativi che conseguano a domande dei privati, se non conclusi entro il termine previsto, sfociano nel silenzio assenso. L’emendamento sortisce la conseguenza di non sospendere nessun termine procedurale per i procedimenti ad istanza di parte. Le p.a., per evitare la produzione del silenzio assenso (che rende molto difficile una eventuale successiva autotutela), debbono pronunciarsi necessariamente nei termini. Lo stesso vale, specularmente, per le leggi speciali che al silenzio della p.a. facciano conseguire il rigetto: per evitarlo, non si potrà fidare sulla sospensione, ma occorrerà decidere entro i termini. L’emendamento, dunque, distingue due «mondi»: quello dei procedimenti ad iniziativa d’ufficio, per i quali il silenzio significativo in genere non opera, e quello dei procedimenti ad istanza di parte, cui si aggiungono i procedimenti soggetti a silenzio rigetto, per i quali la sospensione non sarà operante. Un elemento di confusione estrema, che comunque finisce per incidere sull’organizzazione.
I procedimenti ad istanza di parte sono moltissimi: fanno eccezione, ai sensi del comma 4 dell’articolo 20 della legge 241/1990 i «procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità» nonché, casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, e ancora atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del presidente del consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la funzione pubblica, di concerto con i ministri competenti.

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