10/04/2020 – Diritto di accesso generalizzato e contratti pubblici: l’Adunanza plenaria risolve il conflitto giurisprudenziale

Diritto di accesso generalizzato e contratti pubblici: l’Adunanza plenaria risolve il conflitto giurisprudenziale
di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
Accesso generalizzato e contratti pubblici: contrasti giurisprudenziali
L’evoluzione giurisprudenziale in materia di esercizio del diritto di accesso generalizzato nei contratti pubblici si presenta ricca di contrasti: da un lato si trovano pronunce che affermano la necessità di garantire la più ampia trasparenza anche nell’ambito dei contratti pubblici, ammettendo l’applicabilità del diritto di accesso civico, seppure calmierato dalle esclusioni citate. Dall’altro lato si colloca invece quella corrente giurisprudenziale che ritiene praticabile la regola della conoscenza “qualificata” disciplinata dalla L. n. 241/1990 e dalla normativa speciale di riferimento di cui all’art. 53D.Lgs. n. 50/2016.
Alla base del conflitto, la norma di esclusione riferita ai c.d. limiti “assoluti”, secondo cui l’accesso generalizzato è escluso nei casi “…..in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti”, che nel caso di specie sono fissati dall’art. 53 del Codice degli appalti, a mente del quale, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli artt. 22 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241.
In merito alla questione interpretativa sorta nei confronti dell’art. 5-bis, comma 3, D.Lgs. n. 33/2013, e cioè se attraverso questo richiamo il legislatore abbia voluto introdurre un limite assoluto a conoscere gli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, sono due gli orientamenti del Consiglio di Stato che si fronteggiano, culminati in due sentenze. Da un lato la n. 3780 del 5 giugno 2019, che ha ammesso l’applicazione dell’accesso civico generalizzato anche in materia di appalti, interpretando l’esclusione dell’art. 5-bis, comma 3, come riferita a “specifiche condizioni, modalità e limiti” non ad intere “materie”. Diversamente interpretando, significherebbe escludere l’intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, qual è quella dell’accesso civico generalizzato, che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale di trasparenza ricavabile direttamente dalla Costituzione.
Il diverso orientamento, espresso da ultimo nella sentenza del Cons. di Stato n. 5503 del 2 agosto 2019, ha negato l’applicabilità del diritto di accesso civico alla materia dei contratti pubblici rimarcando il carattere assoluto dei limiti definiti dall’art. 5-bis, comma 3 del decreto trasparenza. Ne consegue che il richiamo testuale alla disciplina degli artt. 22 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241 va inteso come rinvio alle condizioni, modalità e limiti fissati dalla normativa in tema di accesso documentale, che devono sussistere ed operare perché possa essere esercitato il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici. In definitiva, quelli della procedura di gara sono atti formati e depositati nell’ambito di procedimenti assoggettati, per intero, ad una disciplina speciale ed a sé stante.
Il rinvio alla Plenaria: l’ordinanza di rimessione n. 8501/2019 della Terza Sezione del Consiglio di Stato
L’inasprirsi del conflitto giurisprudenziale tra chi aderisce all’una e all’altra delle tesi sopra esposte, ha comportato il rinvio alla Plenaria, che dovrà sciogliere una volta per tutte il nodo dell’applicabilità del diritto di accesso generalizzato alla materia dei contratti pubblici. L’iniziativa è stata presa dalla Terza Sezione, con l’ordinanza di rimessione n. 8501 del 15 dicembre 2019. Le questioni in decisione sono le seguenti:
– se sia configurabile, o meno, in capo all’operatore economico, utilmente collocato nella graduatoria dei concorrenti, determinata all’esito della procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente, la titolarità di un interesse giuridicamente protetto, ai sensi dell’art. 22L. n. 241/1990, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva delle prestazioni, in vista della eventuale sollecitazione del potere dell’amministrazione di provocare la risoluzione per inadempimento dell’appaltatore e il conseguente interpello per il nuovo affidamento del contratto, secondo le regole dello scorrimento della graduatoria;
– se la disciplina dell’accesso civico generalizzato di cui al D.Lgs. n. 33/2013, come modificato dal D.Lgs. n. 97/2016, sia applicabile, in tutto o in parte, in relazione ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, inerenti al procedimento di evidenza pubblica e alla successiva fase esecutiva, ferme restando le limitazioni ed esclusioni oggettive previste dallo stesso codice;
– se, in presenza di un’istanza di accesso ai documenti espressamente motivata con esclusivo riferimento alla disciplina generale di cui alla L. n. 241/1990, o ai suoi elementi sostanziali, l’amministrazione, una volta accertata la carenza del necessario presupposto legittimante della titolarità di un interesse differenziato in capo al richiedente, ai sensi dell’art. 22L. n. 241/1990, sia comunque tenuta ad accogliere la richiesta, qualora sussistano le condizioni dell’accesso civico generalizzato di cui al D.Lgs. n. 33/2013; se, di conseguenza, il giudice, in sede di esame del ricorso avverso il diniego di una istanza di accesso motivata con riferimento alla disciplina ordinaria di cui alla L. n. 241/1990 o ai suoi presupposti sostanziali, abbia il potere-dovere di accertare la sussistenza del diritto del richiedente, secondo i più ampi parametri di legittimazione attiva stabiliti dalla disciplina dell’accesso civico generalizzato.
La posizione di Adunanza Plenaria n. 10 del 2 aprile 2020
L’Adunanza plenaria, conclusivamente, ha enunciato i seguenti princìpi di diritto:
a) la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo ed inequivocabile riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della L. n. 241/1990, senza che il giudice amministrativo possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento;
b) è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22L. n. 241/1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale;
c) la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53D.Lgs. n. 50/2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis, comma , D.Lgs. n. 33/2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della L. n. 241/1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.
In conclusione, l’appello della società è in parte infondato, per quanto attiene alla richiesta di accesso ai sensi della L. n. 241/1990, sia pure per una motivazione diversa da quella contenuta nella sentenza impugnata.

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