09/09/2019 – AranSegnalazioni n. 13/2019 – Newsletter del 6/9/2019

Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza n. 20417 del 29/7/2019

Pubblico impiego – sanzioni disciplinari – ufficio procedimenti disciplinari – istituzione – autonomia – terzietà – autonomia delle singole amministrazioni – principi di diritto  

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte, ribadendo i numerosi principi di diritto stabiliti in precedenti sentenze, chiarisce nuovamente la natura dell’UPD, del provvedimento relativo alla sua istituzione, la sua terzietà, l’autonomia delle amministrazioni nell’individuazione dell’UPD, nonché la sua composizione: collegiale o personale

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza n. 20914 del 5/8/2019

Pubblico impiego – dipendente sottoposto a procedimento penale – sospensione in attesa di conclusione del processo – cessazione dal servizio per raggiunti limiti di età – successiva sentenza penale di condanna – procedimento disciplinare riavviato e licenziamento senza preavviso – legittimità – principi di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Il ricorrente, dipendente di una Università, era stato sottoposto a procedimento penale per reati di peculato e falsità materiale e conseguentemente sospeso dall’amministrazione, in attesa della definizione del procedimento penale. Alla scadenza dei 5 anni di sospensione il ricorrente veniva collocato in aspettativa per 2 anni ai sensi dell’art. 3 comma 2 L. 97/2001, e, al termine dell’aspettativa, nuovamente sospeso fino a che, durante la sospensione, era cessato dal servizio per raggiunti limiti di età. Successivamente a ciò era poi intervenuta la sentenza penale di condanna e l’amministrazione aveva riavviato il procedimento disciplinare sospeso e comminato la sanzione del licenziamento senza preavviso. Il ricorrente ritiene che il procedimento non potesse essere più riaperto per mancanza di interesse da parte dell’amministrazione a causa della sua cessazione dal servizio. I giudici respingono la domanda chiarendo in particolare che: “qualora sia stata disposta la sospensione cautelare dal servizio a seguito di procedimento penale, l’interesse all’esercizio dell’azione disciplinare da parte della pubblica amministrazione permane anche nell’ipotesi di sopravvenuto collocamento in quiescenza del dipendente e ciò non solo per dare certezza agli assetti economici tra le parti ma anche per finalità che trascendono il rapporto di lavoro già cessato, poiché il datore pubblico è pur sempre tenuto a intervenire a salvaguardia di interessi collettivi di rilevanza costituzionale, nei casi in cui vi sia un rischio concreto di lesione della sua immagine; sicché il datore di lavoro ha l’onere di attivare o riprendere l’iniziativa disciplinare al fine di valutare autonomamente l’incidenza dei fatti già sottoposti al giudizio penale e definire il destino della sospensione cautelare, legittimando, in difetto, la pretesa del lavoratore a recuperare le differenze stipendiali fra l’assegno alimentare percepito e la retribuzione piena che sarebbe spettata in assenza della misura cautelare (in tal senso Cass. 24 agosto 2016, n. 17307; Cass. 28 luglio 2017, n. 18849; Cass. 10 agosto 2018, n. 20708”. Inoltre, proseguono gli Ermellini, solo l’irrogazione della sanzione preclude l’accoglimento, in caso di dipendente dimissionario, della istanza di riammissione in servizio del dipendente stesso, ed impedisce a quest’ultimo la partecipazione ai concorsi pubblici ex art. 2 comma 3 d.P.R. 487/1994.  

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Sentenza n. 20918 del 5/8/2019

Pubblico impiego – scuola – contratti a tempo determinato – progressioni economiche – riconoscimento anzianità maturata – clausola 4 direttiva n. 1999/70/CE accordo quadro rapporto a tempo determinato – interpretazione – principi di diritto – prescrizione crediti nei contratti a tempo determinato – principi di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte, come già fatto in numerose altre sentenze, ribadisce l’orientamento giurisprudenziale consolidato che – sulla base della clausola 4 dell’Accordo Quadro sul rapporto di lavoro a tempo determinato recepito nella direttiva n. 1999/70/CE – riconosce l’anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, richiamando a tal fine anche numerose sentenze della Corte di giustizia. La sentenza tuttavia è di particolare interesse perché chiarisce quale è la prescrizione dei crediti retributivi per quanto riguarda i contratti a termine. Dicono i giudici: “Non è in discussione la legittimità dei termini apposti ai singoli contratti, sicché rileva il principio affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 575/2003 secondo cui «nel caso che tra le stesse parti si succedano due o più contratti di lavoro a termine, ciascuno dei quali legittimo ed efficace, il termine prescrizionale dei crediti retributivi, di cui agli artt. 2948, numero 4, 2955, numero 2, e 2956, numero 1, cod. civ., inizia a decorrere, per i crediti che sorgono nel corso del rapporto lavorativo dal giorno della loro insorgenza e, per quelli che si maturano alla cessazione del rapporto, a partire da tale momento, dovendo – ai fini della decorrenza della prescrizione – i crediti scaturenti da ciascun contratto considerarsi autonomamente e distintamente da quelli derivanti dagli altri e non potendo assumere alcuna efficacia sospensiva della prescrizione gli intervalli di tempo correnti tra un rapporto lavorativo e quello successivo, stante la tassatività della elencazione delle cause sospensive previste dagli artt. 2941 e 2942 cod. civ., e la conseguente impossibilità di estendere tali cause al di là delle fattispecie da quest’ultime norme espressamente previste”.

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Corte di Cassazione

Sezione Lavoro

Ordinanza n. 21196 del 8/8/2019

Pubblico impiego – sanità – medici specializzandi – lavori in supplenza – richiesta di superiore remunerazione – non dovuta – rigetto del ricorso – principio di diritto

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte rigetta il ricorso di trentacinque medici che – alcuni anni addietro, mentre erano specializzandi – avevano adito il tribunale del lavoro perché venisse loro riconosciuta, dal Policlinico di Modena e dall’ospedale di Baggiovara presso cui frequentavano la scuola di specializzazione, una remunerazione diversa e maggiore visto che erano utilizzati in lavori di supplenza dei medici strutturati inquadrati a tempo pieno nel SSN. Chiedevano inoltre che l’importo della loro borsa di studio fosse incrementato in base alla variazione del costo della vita. Respingendo il ricorso i giudici chiariscono: “deve essere ribadito il principio consolidato, meritevole di continuità, secondo cui l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, né del lavoro autonomo, ma costituisce una particolare ipotesi di contratto di formazione-lavoro, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra la suddetta attività e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi, in quanto tali emolumenti sono destinati a sopperire alle esigenze materiali per l’impegno a tempo pieno degli interessati nell’attività rivolta alla loro formazione e non costituiscono quindi il corrispettivo delle prestazioni svolte, le quali non sono rivolte ad un vantaggio per l’università, ma alla formazione teorica e pratica degli stessi specializzandi e al conseguimento, a fine corso, di un titolo abilitante (Cass. 22 settembre 2009, n. 20403; Cass. 27 luglio 2017, n. 18670; Cass. 23 febbraio 2018, n. 4449).” In relazione poi alla richiesta di incremento della borsa di studio: “in tema di trattamento economico dei medici specializzandi, le Sezioni Unite di questa Corte (n. 29345/2008), successivamente confermate dalle Sezioni semplici (sentenze nn. Cass. n. 20403/2009, 11565/2011, 12624/2015, 18710/2016), hanno statuito che l’importo della borsa di studio prevista dall’art. 6 d.Ig. 257/1991 (e rideterminato per l’anno 1992) non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dall’art. 7 d.l. 384/1992 (conv. in I. 348/1992), dall’art. 3 I. 537/1993, dall’art. 1 I. 549/1995, dall’art. 1 I. 662/1996 e dall’art. 22 I. 488/1999, nonché dalla legge n. 289/2002, in quanto il blocco degli incrementi della suddetta borsa dovuti al tasso di inflazione si iscrive in una manovra di politica economica riguardante la generalità degli emolumenti retributivi in senso lato erogati dallo Stato, come anche riconosciuto dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 432/1997), che ha deciso la questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 33 I. 549/1995 (Cass. 27 luglio 2017, n. 18670)”.

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Corte dei conti

Sezione delle Autonomie n. 17/2019

Pubblico Impiego – Valori economici e resti assunzionali 2019-2021 personale 

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

I magistrati si pronunciano in ordine alla programmazione dei fabbisogni di personale dirigenziale e non, per il triennio 2019-2021, ed in particolare sulla possibilità di considerare se i valori economici delle capacità assunzionali 2019- 2021, per il personale dirigenziale e non dirigenziale, possano essere cumulati fra loro al fine di determinare un unico budget da utilizzare indistintamente per assunzioni riferite ad entrambe le categorie di personale (dirigenziale e non) oppure se, per ognuna delle suddette due categorie, possa essere utilizzato esclusivamente il budget calcolato per la categoria considerata. Il principio di diritto espresso dal Collegio sulla materia, al quale si conformeranno tutte le sezioni regionali di controllo, è il seguente: “I valori economici delle capacità assunzionali 2019-2021 per il personale dirigenziale e non dirigenziale riferiti alle cessazioni dell’anno precedente, ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del d.l. n. 90/2014, possono essere cumulati fra loro al fine di determinare un unico budget complessivo utilizzabile indistintamente per assunzioni riferite ad entrambe le tipologie di personale, dirigenziale e non, in linea con la programmazione dei fabbisogni di personale, ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. n. 165/2001, e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla legislazione vigente. Tale principio vale anche ai fini dell’utilizzo dei cd. resti assunzionali, per i quali si fa presente che, alla luce delle recenti novità legislative di cui all’ art. 14-bis, comma 1, lett. a) del d.l. n. 4/2019, il riferimento “al quinquennio precedente” è da intendersi in senso dinamico, con scorrimento e calcolo dei resti, a ritroso, rispetto all’anno in cui si intende effettuare le assunzioni”.

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Corte dei conti

Sezione controllo Molise deliberazione n. 98/2019

Pubblico Impiego – Divieto monetizzazione ferie – Fruizione durante il periodo di preavviso per pensione anticipata 

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

Il Collegio si pronuncia in relazione alla possibilità, da parte di dipendenti, di monetizzare le ferie maturate e non godute quando il dipendente abbia optato per il collocamento in pensione anticipata “beneficiando dei requisiti previsti dal Capo II del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (“Trattamento di pensione anticipata «quota 100» e altre disposizioni pensionistiche”), convertito dalla legge 28 marzo 2019, in particolare su come conciliare il divieto di monetizzazione con il periodo di preavviso previsto per la pensione anticipata qualora il dipendente abbia a disposizione ancora delle ferie non godute. I magistrati, a tale proposito, ribadiscono il divieto di monetizzazione delle ferie non godute, richiamando, le disposizioni vigenti, nonché la recente sentenza della Corte Costituzionale n.95/2016 che conferma gli orientamenti della Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento della funzione pubblica (parere n. 40033/2012), ed anche gli orientamenti della magistratura contabile in sede di controllo, nella parte in cui ha chiarito che: “il Legislatore correla il divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi a fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro è riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione) o ad eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età) che comunque consentono di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie”. Conseguentemente, quel divieto secondo i giudici contabili, in conformità alla volontà del legislatore, non può trovare applicazione nei casi in cui l’impossibilità di fruizione delle ferie derivi da eventi del tutto imprevedibili e non attribuibili alla responsabilità né del datore di lavoro, né del lavoratore. Mentre, per quanto riguarda la fruibilità delle ferie durante il periodo di preavviso, in caso di pensione anticipata, i giudici evidenziano che: “a prescindere dalla ricostruzione sistematica accolta, resta ferma la possibilità per il datore di lavoro di permettere il godimento delle ferie maturate dal lavoratore anche nel corso del periodo di preavviso, al fine di scongiurare il rischio della loro non consentita monetizzazione”. 

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Corte dei conti

Enti locali – Linee guida per relazioni sui controlli interni

Segnalazione da U.O. Studi e analisi compatibilità

La Corte dei conti ha pubblicato la delibera n. 22/SEZAUT/2019/INPR della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti che ha approvato le linee guida e lo schema di relazione-questionario sul funzionamento del sistema dei controlli interni che i Sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 15mila abitanti, i Sindaci delle Città metropolitane e i Presidenti delle Province devono trasmettere, ai sensi dell’art. 148 del Tuel, alle Sezioni regionali della Corte dei conti e alla Sezione delle Autonomie. Le linee guida costituiscono uno strumento per incoraggiare gli enti a individuare le criticità e le lacune del sistema, valutarne il complessivo rischio di controllo e proporre le soluzioni correttive più adeguate. La relazione-questionario riguardante i controlli svolti nell’anno 2018 dovrà essere trasmessa alla Corte dei conti, secondo le modalità indicate nella delibera, entro il 30 ottobre 2019, salvo termine più breve eventualmente stabilito dalle Sezioni regionali per gli Enti territoriali di rispettiva competenza.

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