09/02/2018 – La Corte dei Conti apre agli incentivi per funzioni tecniche: esclusi dal computo del tetto di spesa per il trattamento accessorio

La Corte dei Conti apre agli incentivi per funzioni tecniche: esclusi dal computo del tetto di spesa per il trattamento accessorio

di Massimiliano Alesio – Avvocato

 

La questione all’esame dei giudici contabili è, purtroppo, ben nota. L’art. 113 del nuovo Codice dei contratti pubbliciD.Lgs n. 50 del 2016, ha dato luogo ad un rilevante cambiamento: il precedente incentivo (previsto e disciplinato dall’art. 92, 5° co., pregresso Codice dei contratti pubblici; D.Lgs. n. 163 del 2006) era destinato alle attività di progettazione. Il nuovo incentivo, ai sensi del citato art. 113 del nuovo Codice, è destinato a compensare altre e diverse attività (“Funzioni tecniche”). Precisamente, attività di “programmazione della spesa per investimenti, di valutazione preventiva dei progetti, di predisposizione e di controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici, di RUP, di direzione dei lavori ovvero direzione dell’esecuzione e di collaudo tecnico amministrativo ovvero di verifica di conformità, di collaudatore statico ove necessario per consentire l’esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti” (art. 113, 2° co.). E’ evidente che si è in presenza di una “mutazione genetica”! La ratio originaria è stata completamente stravolta. La legge Merloni, confermata anche dal vecchio Codice, intendeva perseguire il fine di far rientrare nell’ambito delle stazioni appaltanti la progettazione, in precedenza solitamente affidata a professionisti esterni. Quindi, una finalità non solo di contenimento della spesa pubblica, ma anche di valorizzazione delle capacità professionali dei funzionari pubblici. E’ ben evidente che lo “stimolo economico”, seppur esiguo, può beneficamente sollecitare uno sforzo di apprendimento e di diligente applicazione, a tutto vantaggio della collettività. L’art. 113 contempla, oltre l’innovativa disposizione afferente le attività da incentivare, la seguente disciplina: a) Soggetti destinatari: – RUP; – soggetti che svolgono le attività indicate; – i loro collaboratori (art. 113, 2° co.); b) Le attività ora indicate devono essere remunerate anche per gli appalti di servizi e forniture “nel caso in cui è nominato il direttore dell’esecuzione” (art. 113, 2° co.); c) Le modalità ed i criteri di ripartizione degli incentivi devono essere fissati in sede di contrattazione decentrata integrativa del personale (art. 113, 3° co.); d) Solo dopo aver concordato le predette modalità e criteri, è possibile recepire il tutto nel Regolamento (art. 113, 3° co.); e) L’incentivo, complessivamente inteso, non può essere superiore al 2 per cento dell’importo dei lavori, servizi e forniture, posti a base di gara (art. 113, 2° co.); f) Del predetto 2%, l’80% è destinato ad incentivare le attività indicate al punto “a”. Il restante 20% è destinato all’acquisto, da parte dell’ente, di diversi beni; g) Gli enti che costituiscono o si avvalgono di una centrale di committenza possono destinare il fondo o parte di esso ai dipendenti di tale centrale (art. 113, 2° co.); h) Per i compiti svolti dal personale di una centrale unica di committenza nell’espletamento di procedure di acquisizione di lavori, servizi e forniture per conto di altri enti, può essere riconosciuta, su richiesta della centrale unica di committenza, una quota parte, non superiore ad un quarto, dell’incentivo previsto dal comma 2 (art. 113, 5° co.).

Con la mutazione genetica, vengono, quindi, pagate attività ordinarie. Da siffatta “ordinarietà”, la Corte dei conti ne ha tratto le logiche conseguenze e la Sezione delle Autonomie (deliberazione n. 7 del 2017), chiamata a pronunciarsi da parte della sezione dell’Emilia Romagna (deliberazione n. 118/2016), ha affermato come, nel novello incentivo per funzioni tecniche, non ricorrono gli elementi che consentano di qualificare la relativa spesa come finalizzata ad investimenti. L’approdo ermeneutico della Corte trova il suo fondamento, appunto, nell’art. 113D.Lgs. n. 50 del 2016, il quale fa riferimento, come già indicato, all’espletamento di specifiche e determinate attività di natura tecnica, non più legate alla fase propedeutica della realizzazione di opere pubbliche, quale ad esempio la progettazione, quanto piuttosto a quelle della programmazione, predisposizione e controllo delle procedure di gara e dell’esecuzione del contratto. Ora, il fatto che il nuovo incentivo sia erogabile con indubbio carattere di generalità, non solo per gli appalti di lavori, ma anche per quelli di servizi e forniture comporta che il medesimo tende, oggettivamente, a manifestarsi come spesa di funzionamento e, dunque, come spesa corrente e di personale, andando incontro ai ben noti limiti del principio di onnicomprensività della retribuzione per i dipendenti pubblici contrattualizzati. In buona sostanza, i magistrati contabili sono pervenuti alla conclusione che “gli incentivi per funzioni tecniche, di cui all’art. 113, 2° co., D.Lgs. n. 50 del 2016, sono da includere nel tetto dei trattamenti accessori, di cui all’art. 1, comma 236L. n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016)”.

L’intervento interpretativo della Sezione delle Autonomie ha dato luogo ad una situazione di sostanziale “blocco”, cioè di paralisi nell’applicazione del rinnovato istituto. Orbene, per rimediare a siffatta situazione, l’art. 1, 526° co., della legge di bilancio 2018 (L. 27 dicembre 2017, n. 205), è intervenuto sul corpo del preesistente art. 113 del nuovo Codice, aggiungendo, alla fine, il seguente comma 5-bis: “Gli incentivi di cui al presente articolo fanno capo al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture”. La disposizione normativa integrativa sembrerebbe prescrivere che i nuovi incentivi per le funzioni tecniche devono essere collegati al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture, cioè correlati alla spesa in conto capitale.

Questo è, sommariamente, il controverso scenario nell’ambito del quale interviene il recentissimo parere della Corte dei conti umbra. L’intervento del giudice contabile è stato sollecitato dal Presidente della Provincia di Perugia, il quale ha avanzato un articolato quesito in tema di incentivo per funzioni tecniche. La Provincia, dopo aver richiesto lumi in relazione al conferimento dell’incentivo nell’ambito di una Centrale di Committenza, è pervenuta al punto decisivo: si chiede di sapere “se le somme erogate dai Comuni alla Provincia di Perugia, ai sensi del citato comma 5, dell’art. 113, del codice degli appalti rientrino o meno nei limiti previsti dall’art. 23, comma 2, D.Lgs n. 75 del 2017 e, qualora vi rientrino, se gli stessi debbano essere computati nei limiti suddetti da parte del Comune erogante o della Provincia ricevente, ……”. La domanda è chiara ed anche la risposta della Corte non appare oscura. I giudici contabili si palesano ben consapevoli della questione e, da subito, evidenziano l’interpretazione “bloccante”, resa dalla Sezione delle Autonomie con la deliberazione n. 7/2017. Tuttavia, osservano i giudici, occorre prendere atto che “nelle more tra l’invio della richiesta di parere e l’esame da parte di questo Collegio il quadro normativo è mutato”. La predetta legge di bilancio 2018 (comma 526, dell’art. 1), ha aggiunto l’illustrata integrazione e l’esito dell’innovazione appare scontato: “In tal modo il legislatore è intervenuto sulla questione della rilevanza degli incentivi tecnici ai fini del rispetto del tetto di spesa per il trattamento accessorio, escludendoli dal computo rilevante ai fini dall’art. 23, comma 2, D.Lgs n. 75 del 2017“. L’interpretazione appare chiara, come confermato anche dalla successiva statuizione: “Il legislatore ha voluto, pertanto, chiarire come gli incentivi non confluiscono nel capitolo di spesa relativo al trattamento accessorio (sottostando ai limiti di spesa previsti dalla normativa vigente) ma fanno capo al capitolo di spesa dell’appalto”. Quindi, ad avviso della Corte, il novello comma 5-bis rende palese l’indicato intendimento (incentivo tecnico al di fuori del tetto di spesa del trattamento accessorio), in quanto individua, come elemento determinante, ai fini dell’esclusione, l’imputazione della relativa spesa sul capitolo di spesa previsto per l’appalto.

Invero, tale assunto non era stato unanimemente condiviso dalla dottrina, in quanto si è assistito, all’indomani della novella legislativa, ad opinioni divergenti.

Ad avviso di Unitel (Unione Nazionale dei Tecnici degli Enti Locali; “Grazie all’Unitel l’incentivo per le funzioni tecniche non farà più capo al fondo per il salario accessorio”, www.unitel.it, 8 gennaio 2018), l’interpretazione, ora resa dai Giudici contabili umbri, è da condividere, in quanto, con la novella legislativa, “gli incentivi fanno capo al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli interventi (lavori, forniture e servizi) e quindi viene legittimata loro esclusione dal computo della voce di spesa del personale”. Posizione diversa è stata assunta, invece, da altra dottrina (“Incentivi tecnici, niente liberazione «automatica dai tetti di spesa” di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan; quotidianoentilocali.ilsole24ore.com; 15 gennaio 2018), la quale ha evidenziato che non sono state abrogate le disposizioni contrattuali (articoli 15 e 17 del contratto nazionale del 1° aprile 1999), che obbligano l’ente a far transitare dal fondo i compensi previsti a favore del personale da norme di legge. Pertanto, l’effetto “escludente” non appare del tutto scontato. Viceversa, ad avviso di ulteriore dottrina (Oliveri L., “Nessuna incertezza sugli incentivi ai tecnici”; 16 gennaio 2018 ItaliaOggi – pag. 29), l’esclusione dal tetto di spesa del trattamento accessorio può essere ben sostenuta, in quanto la novella normativa demolisce la motivazione, in base alla quale la Sezione Autonomie ha tratto il proprio principio di diritto (cioè che il nuovo incentivo presenta carattere di generalità ed è connesso ad attività ordinarie, palesandosi come spesa di funzionamento e, dunque, come spesa corrente e di personale).

In siffatto quadro interpretativo ben controverso, il parere della Corte dei conti umbra sembra poter aprire uno spiraglio di nuova luce, in quanto, a seguito dell’innovazione legislativa, “i nuovi incentivi vanno visti con un’angolazione che si allontana dalle motivazioni della precedente giurisprudenza contabile”. Questo perché, prosegue il Giudice contabile, i nuovi incentivi hanno “certamente un respiro differente e maggiore rispetto a quello del vecchio testo dell’art. 93D.Lgs. n. 163 del 2006“. L’esito interpretativo finale è chiaro: “In conclusione, con riferimento al terzo quesito posto dall’Ente, la lettura del nuovo comma 5-bis dell’art. 113 citato, unita alla specialità della norma ed ai puntuali limiti di spesa intrinseci al quadro normativo descritto, consentono a questo Collegio di escludere il fondo di cui al comma 2 dell’art. 113D.Lgs. n. 50 del 2016 (anche per le quote assegnate ai dipendenti delle centrali uniche di committenza ai sensi del comma 2, terzo periodo, e comma 5) dal computo della spesa rilevante ai fini del rispetto del tetto di spesa di cui all’art. 23D.Lgs. n. 75 del 2017“.

Corte dei Conti-Umbria, Sez. contr., 5 febbraio 2018, n. 14

Art. 113D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (G.U. 19 aprile 2016, n. 91, S.O.)

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto