08/09/2020 – Nuove assunzioni, sostenibilità impossibile da certificare

Nuove assunzioni, sostenibilità impossibile da certificare
di Gianluca Bertagna
*=da romagnafaentina.it
 
Le procedure assunzionali dei Comuni sono un vero e proprio percorso a ostacoli. Che si tratti di assunzioni a tempo indeterminato o a tempo determinato le nuove regole introdotte dal Dl 34/2019 e in vigore dal 20 aprile di quest’anno intimoriscono gli operatori tanto da costringere le amministrazioni a rivedere la propria programmazione dei fabbisogni al ribasso. L’allarme è stato lanciato anche dall’Anci, in un documento presentato durante l’audizione sul decreto 104/2020 nel quale si è rivolta particolare attenzione alle problematiche delle scuole gestite dai Comuni, che necessitano frequenti sostituzioni di insegnanti anche a tempo determinato anche per l’abbondante fuoriuscita del corpo docente generata dalla cosiddetta “quota cento”.
E pensare che tutto nasce dall’articolo 33 del Dl 34/2019 – denominato non a caso decreto Crescita – che avrebbe dovuto fornire un quadro innovativo di regole volte a favorire le assunzioni in correlazione ai dati di bilancio dei singoli Comuni. Proprio su questi aspetti, però, inciampa la riforma. Le capacità assunzionali ora si calcolano sul rapporto tra spese di personale ed entrate correnti, ed è evidente che il calo di quest’ultime a causa dell’emergenza da Covid-19 non può che causare un peggioramento nella sostenibilità finanziaria e quindi una riduzione delle possibilità di assumere.
Prima le assunzioni dipendevano esclusivamente dal numero delle cessazioni dell’anno precedente, integrate dagli eventuali resti del quinquennio; ora si basano su un calcolo dinamico che sconta l’andamento dei gettiti di entrata degli enti.
Se la situazione è difficile guardando al 2020, il nuovo meccanismo diventa quasi ingestibile quando si passa alle previsioni degli anni successivi, tenendo conto che gli equilibri che lo governano devono essere asseverati dall’organo di revisione, al quale sorgeranno non pochi dubbi, di prospettiva e attendibilità, sui dati presentati dai comuni.
Con l’entrata in vigore del Dm 17 marzo 2020 è cambiato tutto, ma senza gli effetti espansivi e migliorativi che si attendevano. Le nuove logiche, seppur semplici a livello teorico, portano con sé infiniti dubbi operativi, che stanno di fatto congelando gli uffici finanziari degli enti.
Per garantire uniformità di calcolo è stata predisposta una circolare interministeriale che avrebbe dovuto spiegare passo per passo i passaggi per giungere alla quantificazione delle assunzioni possibili. Il documento, però, non è mai approdato alla «Gazzetta Ufficiale», tanto che anche la Cosfel (la Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali) ritiene di non dar troppa importanza a quanto in essa suggerito fino a quando non avrà i crismi dell’ufficialità.
Nel frattempo, però, con lo scorrere dei mesi, si stanno diffondendo le prime interpretazioni da parte delle sezioni regionali della Corte dei conti che ad oggi tendono a dare rigorosa lettura di quanto disposto dal decreto ministeriale e quindi a contenere strettamente le assunzioni nelle percentuali ivi indicate.
Elemento ormai consolidato – si veda ad esempio la deliberazione n. 61/2020 della Sezione regionale della Toscana – è che neppure le assunzioni in corso al 20 aprile 2020 possono essere fatte salve, perché ai Comuni è richiesto di utilizzare le regole vigenti al momento delle assunzioni, con l’obbligo di rivedere alla luce dei nuovi meccanismi i piani triennali dei fabbisogni di personale già approvati.
Insomma, una serie di dubbi senza soluzioni certe che di fatto stanno bloccando le assunzioni.

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