08/05/2018 – Il procedimento disciplinare iniziato in ritardo è da considerarsi nullo

Il procedimento disciplinare iniziato in ritardo è da considerarsi nullo

di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista

 

Il TAR del Piemonte con la sentenza n. 450, del 16 aprile 2018, ha accolto il ricorso di un soggetto appartenente al Corpo della Guardia di Finanza, affermando che in caso di procedimento disciplinare a carico di un dipendente occorre sempre rispettare i tempi previsti ; il presupposto che il procedimento sia iniziato tardivamente comporta l’annullamento del provvedimento emesso nei confronti della persona interessata.

La questione vede coinvolti un militare della Guardia di Finanza e il Ministero delle Finanze – Guardia di Finanza.

Il fatto

Con una determina della Guardia di Finanza del dicembre 2017, è stata disposta nei confronti del militare ricorrente la perdita del grado per rimozione ed il suo collocamento ad un altro settore come semplice soldato.

Il motivo del provvedimento e della relativa applicazione della sanzione della perdita del grado per rimozione è quella di aver svolto, nel decennio 2007-2017, attività extraprofessionali incompatibili con lo status di militare in quanto inconciliabili con il dovere di giuramento prestato alle istituzioni: in particolare “partecipando in modo attivo e sostanziale” ad una ditta, intestata al coniuge, ed agendo come “socio di fatto nonché di referente unico” di tale ditta, al fine di occultare i proventi relativi a tale attività.

Nell’ambito di tale procedimento il ricorrente è stato rinviato a giudizio per due episodi: è poi stato prosciolto da uno dei capi di imputazione per intervenuta prescrizione, e nell’altro caso per non aver commesso il fatto. Dalla vicenda, tuttavia, è conseguito un procedimento disciplinare, essendo emerso, dagli atti di indagine, che il dipendente si era iscritto, senza darne comunicazione ai Superiori e senza aver ottenuto autorizzazione, all’Albo dei Periti Industriali Laureati ; è emerso inoltre che proprio grazie a tale iscrizione il ricorrente aveva asseverato, quale perito, circostanze non rispondenti al vero, utili ad ottenere un finanziamento pubblico.

Il militare è stato quindi sanzionato: da una parte in relazione alla iscrizione all’Albo, che ha comminato nei suoi confronti il rimprovero; d’altra parte in relazione ai fatti oggetto dei capi di imputazione, e ciò con il provvedimento del Comandante Interregionale dell’Italia Nord-occidentale della Guardia di Finanza, a mezzo del quale il ricorrente è stato sospeso disciplinarmente dal servizio per un mese con particolare riferimento alle false attestazioni rilasciate in qualità di perito.

Con il provvedimento oggetto del ricorso nel giudizio in commento è stata disposta la rimozione del grado per aver svolto attività extraistituzionale.

I motivi del ricorso

Avverso tale provvedimento il ricorrente ha proposto impugnazione deducendone la illegittimità per i seguenti motivi:

I) Illegittimità e/o invalidità e/o annullabilità e/o inefficacia del provvedimento impugnato, vizio di legge, mancata acquisizione delle valutazioni medico-sanitarie necessarie a valutare l’istanza di sospensione del procedimento disciplinare per incapacità psichica dell’inquisito e delle altre norme in materia di svolgimento del procedimento disciplinare: il procedimento disciplinare sarebbe viziato dal fatto che non sono stati esperiti gli accertamenti tecnici necessari a stabilire se il ricorrente, al quale poco prima dell’inizio del procedimento era stato diagnosticato un disturbo psichiatrico, era capace di partecipare allo stesso, difendendosi adeguatamente;

II) Illegittimità e/o invalidità e/o annullabilità e/o inefficacia del provvedimento impugnato, vizio di legge, mancato rispetto di termini perentori per la contestazione disciplinare, violazione dell’art. 1392, comma 2, D.Lgs. n. 66 del 2010 (Codice dell’ordinamento militare): il provvedimento impugnato è viziato sotto il profilo del mancato rispetto dei termini normativi perentori imposti dal Codice dell’ordinamento militare riferiti rispettivamente alla conclusione degli accertamenti preliminari a decorrere dalla conoscenza del fatto e alla formulazione della contestazione a decorrere dalla conclusione degli accertamenti.

La sentenza del TAR

Per il TAR il motivo del ricorso va accolto ; su tale aspetto i giudici amministrativi evidenziano che:

– l’art. 1392, comma 2, D.Lgs. n. 66 del 2010, prevede che “Il procedimento disciplinare di stato a seguito di infrazione disciplinare deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari, espletati dall’autorità competente, nei termini previsti dagli artt. 1040, comma 1, lett. d), n. 19 e 1041, comma 1, lett. s), n. 6 del regolamento.”;

– l’art. 1040, comma 1, lett. d), n. 19 e l’art. 1041, comma 1, lett. s), n. 6 fissano, per gli “accertamenti preliminari disciplinari di stato: 180 giorni dalla conoscenza del fatto da parte dell’autorità competente”.

Il TAR precisa che per “conoscenza del fatto”, dalla quale decorre il termine di 180 giorni per la conclusione degli accertamenti preliminari al procedimento disciplinare, deve intendersi la conoscenza del fatto che astrattamente potrebbe integrare un illecito disciplinare ma che però non risulta ancora sostenuta da un corredo probatorio e che, pertanto, costituisce una conoscenza del tutto generica equiparabile, per la funzione, alla notizia criminis del procedimento penale: non avrebbe senso, del resto, accordare alla autorità competente a procedere con il disciplinare un termine di ben 180 giorni se non per la necessità di ricercare gli elementi che comprovano l’effettiva sussistenza degli elementi, oggettivi e soggettivi, costituitivi dell’illecito disciplinare.

Dal momento della conclusione delle indagini di cui sopra decorre il termine entro il quale il procedimento disciplinare deve essere iniziato con la contestazione degli addebiti. Detto termine per i procedimenti disciplinari di stato è fissato dall’art. 1392, comma 2, D.Lgs. n. 66 del 2010, in sessanta giorni, e considerato che l’art. 1398D.Lgs. n. 66 del 2010, relativamente ai procedimenti disciplinari di corpo, stabilisce invece che “Il procedimento disciplinare deve essere instaurato senza ritardo: a) dalla conoscenza dell’infrazione…”, si deve ritenere che il legislatore, indicando un termine specifico per l’inizio dei procedimenti disciplinari di stato abbia inteso fissare un termine certo e quindi perentorio. In tal senso depone anche la circostanza che mentre il termine per l’instaurazione del procedimento disciplinare di corpo viene fatto decorrere dalla “conoscenza dell’infrazione”, e quindi dalla conoscenza effettiva che l’autorità competente abbia dell’illecito (in tal senso anche T.A.R. Emilia-Romagna n. 136/2016), invece il termine per l’inizio del procedimento disciplinare di stato decorre dalla conclusione degli accertamenti preliminari, a prescindere dalla effettiva conoscenza di essi, e delle relative conclusioni, che ne abbia la autorità competente: la qual cosa indica che il legislatore ha inteso agganciare l’inizio del procedimento disciplinare di stato – che si ha con la contestazione degli addebiti – ad un momento certo e fisso, e non già mutevole come quello che dipenda dalla effettiva conoscenza. Si deve dunque ritenere che il termine di 60 giorni, di cui all’art. 1392, comma 2, è perentorio, e non meramente sollecitatorio, e decorre dal momento conclusivo delle indagini preliminari, a prescindere da quando esso sia venuto a conoscenza della autorità competente (anche sulla perentorietà del termine di 60 giorni di cui all’art. 1392, comma 2 si veda la pronuncia del TAR Emilia-Romagna già citata).

Il TAR evidenzia, pertanto, che:

– la richiesta di rinvio a giudizio del ricorrente, per fatti a lui contestati in qualità di socio di fatto della risale al 7 settembre 2013;

– con sentenza 27 luglio 2015 il Tribunale di Torino ha assolto il ricorrente ritenendo non sufficientemente provata la partecipazione del medesimo, come amministratore di fatto, della ditta e ciò con motivazione dubitativa; in conseguenza di ciò erano eseguiti ulteriori accertamenti a carico del ricorrente che confermavano, ma in modo non inequivocabile, la partecipazione del ricorrente alla attività della ditta.

Tanto sopra premesso il TAR, tenuto conto del fatto che dopo il rapporto del 20 ottobre 2016 del Nucleo di Polizia Tributaria non è stato compiuto ulteriore atto di indagine, e che la delega originaria del Dipartimento di Funzione Pubblica autorizzava il Nucleo Speciale Anticorruzione ad eseguire ulteriori indagini per i successivi sei mesi, ritiene che il momento conclusivo delle indagini debba fissarsi in tale data, che in effetti coincide con il 180° giorno dall’inizio degli accertamenti preliminari disposti dal Dipartimento della Funzione Pubblica. A tutto voler concedere, comunque, non si potrebbe fissare la conclusione degli accertamenti preliminari in data posteriore al 24 gennaio 2017.

Rispetto a tale data la contestazione degli addebiti, effettuata con nota 23 maggio 2017, risulta tardiva ed illegittima, in quanto adottata in violazione del termine di 60 giorni posto dall’art. 1392, comma 2, D.Lgs. n. 66 del 2010, termine che – come sopra precisato – è perentorio.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, definitivamente pronunciando sul ricorso, accoglie le motivazioni del militare della Guardia di Finanza e per l’effetto annulla la determina del novembre 2017.

T.A.R. Piemonte, Torino, 16 aprile 2018, n. 450

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