08/04/2019 – Abusi edilizi, nessun termine di prescrizione per l’ordine di demolizione

Abusi edilizi, nessun termine di prescrizione per l’ordine di demolizione

05/04/2019

L’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, disposto con sentenza di condanna per reato edilizio, non è soggetto alla prescrizione quinquennale stabilita per le sanzioni amministrative dall’art. 28 della Legge n. 689/1981, né è estinto dalla morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza, non avendo natura penale ma di sanzione amministrativa accessoria.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 14602 del 26 febbraio 2019 con la quale ha rigettato il ricorso presentato avverso l’ordinanza del giudice che aveva a sua volta respinto l’istanza volta ad ottenere la revoca o la sospensione dell’esecuzione dell’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, emessa dallo stesso giudice per il reato di costruzione in assenza di concessione edilizia e divenuta definitiva.

Avverso questa ordinanza il ricorrente, tra le altre cose, ha contestato:

  • l’omessa motivazione con riguardo all’eseguibilità della demolizione nonostante l’intervenuta acquisizione al patrimonio del Comune dell’edificio e dell’area di sedime;
  • un vizio di motivazione per aver il giudice omesso di valutare che la morte del correo avrebbe estinto la pena accessoria anche nei confronti del condannato non deceduto e che la sanzione era comunque da ritenersi soggetta alla prescrizione quinquennale e quindi estinta.

La sentenza della Cassazione

In riferimento alla prima contestazione, i giudici hanno ricordato che la revoca dell’ordine di demolizione delle opere abusive (art. 31 d.P.R. n. 380/2001) postula una sopravvenuta incompatibilità con atti amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all’immobile una diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività, fermo restando il potere-dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità del provvedimento sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio. Inoltre, l’acquisizione dell’immobile al patrimonio del Comune non è ostativa all’esecuzione della demolizione, posto che, sino a quando non sia intervenuta una delibera dell’ente locale che dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive, è sempre possibile per il condannato chiedere al Comune stesso l’autorizzazione a procedere alla demolizione a propria cura e spese e, per il pubblico ministero, procedere a spese del condannato.

Per quanto concerne l’ultima doglianza, gli ermellini hanno osservato che nella giurisprudenza di legittimità è consolidato il principio per il quale l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto con la sentenza di condanna per reato edilizio, non è estinto dalla morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilità della sentenza, non avendo natura penale ma di sanzione amministrativa accessoria né è sottoposto alla disciplina della prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, avendo natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive e con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene, indipendentemente dal fatto che questi sia l’autore dell’abuso.

L’ordine di demolizione non è neppure soggetto alla prescrizione stabilita dall’art. 28 legge 24 novembre 1981, n. 689, che riguarda unicamente le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva. La conclusione, del resto, non comporta conseguenze irragionevoli o altrimenti foriere di insinuare dubbi di legittimità costituzionale anche in relazione alla disciplina convenzionale invocata in ricorso. Si è infatti affermato che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 117 Cost., dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, per mancata previsione di un termine di prescrizione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo disposto con la sentenza di condanna, in quanto le caratteristiche di detta sanzione amministrativa (che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, configura un obbligo di fare per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l’autore dell’abuso) non consentono di ritenerla “pena” nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU, e, pertanto, è da escludere sia la irragionevolezza della disciplina che la riguarda rispetto a quella delle sanzioni penali soggette a prescrizione, sia una violazione del parametro interposto di cui all’art. 117 Cost.

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