08/02/2018 – Il Consiglio di Stato ribadisce gli elementi essenziali per aversi controllo analogo nell’in house providing

Il Consiglio di Stato ribadisce gli elementi essenziali per aversi controllo analogo nell’in house providing

di Riccardo Bianchini – Avvocato del Foro di Prato

 

Con la pronuncia che qui si annota, il Supremo Consesso amministrativo ha avuto modo di ribadire alcuni punti cardine della nozione di controllo analogo, utile ad integrare una valida ipotesi di affidamento in house.

Oltre a ciò, va subito notato alcune particolarità della pronuncia. In particolare, sembra decisamente rilevante il fatto che il Collegio abbia inteso dare piana applicazione alle previsioni di cui all’art. 12Dir. n. 24/2014/UE nella vicenda in questione. La rilevanza di questa decisione, sta nella circostanza che l’affidamento contestato era stato posto in essere in tempi antecedenti al termine entro cui gli Stati membri avrebbero dovuto recepire la direttiva stessa. Pertanto, essa non era di per sé applicabile all’interno dell’ordinamento italiano: e tuttavia il Consiglio di Stato ha ritenuto -e qui sta la particolarità- che la Direttiva in questione, in relazione alle previsioni inerenti l’affidamento secondo il modulo dell’in house providing, fossero meramente applicative di principi giurisprudenziali comunitari oramai già acquisiti da parte dell’ordinamento.

In altri termini, la lettura che il Consiglio di Stato dà della successione delle norme nel tempo in ordine all’in house providing è nel senso di ritenere che i contenuti della direttiva citata (e dunque delle previsioni inserite nel D.Lgs. n. 50 del 2016) non siano innovative.

Fatta questa premessa, ed entrando nel merito della vicenda, rileva che l’affidamento contestato riguardasse una ipotesi in cui un Comune socio era titolare di una partecipazione di limitata entità nel capitale sociale dell’affidatario.

Ora, posti come pacifici (o comunque non contestati) nel caso di specie i due requisiti della totalità del capitale pubblico e della prevalenza delle attività svolte verso i soci, l’intero thema decidendum era rivolto a stabilire se, nel caso in questione, fosse o meno sussistente il requisito del controllo analogo.

Rileva, al riguardo, che il primo Giudice avesse negato che, sulla base delle disposizioni statutarie, il Comune affidante potesse esercitare nei confronti della società affidataria un controllo analogo (sia pure nella forma del ‘controllo analogo congiunto’): e ciò sarebbe stato motivato anche in considerazione della quota in assoluto minima di capitale sociale detenuto (inferiore all’1 per cento) e all’assenza di effettivi poteri idonei a consentire al Comune l’esercizio di un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica” ai sensi della Dir. n. 2014/24/UEart. 12, par. 3, comma 2, lett. ii.

Il Consiglio di Stato -superate alcune questioni preliminari in rito, sulle quali non sembra significativo soffermarsi in questa sede- è giunto invece a ribaltare, nel merito, la decisione del Giudice di prime cure.

Per giungere a tale decisione, nelle argomentazioni del Consiglio di Stato è stato in primo luogo osservato che la disposizione di cui all’art. 12, par. 3 della Direttiva già richiamata stabilisca che un’amministrazione aggiudicatrice che non eserciti su una persona giuridica di diritto privato o pubblico un controllo ai sensi del paragrafo 1 può nondimeno aggiudicare un appalto pubblico a tale persona giuridica senza applicare la presente direttiva quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi.

(…)

Ai fini del primo comma, lettera a), le amministrazioni aggiudicatrici esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

i) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti;

ii) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; e

iii) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici controllanti”.

Fatta questa premessa -e chiariti i termini di applicabilità della disposizione, come sopra si è detto- il Consiglio di Stato ha ricordato come la sussistenza del requisito del controllo analogo nei confronti della società appellante da parte di un Comune che detiene una quota minore di capitale (nel caso di specie, inferiore all’1 per cento) fosse stata già affrontata e risolta in senso positivo dalla medesima Sezione con la Sent. n. 7092 del 2010.

In tale richiamato precedente la Sezione aveva stabilito che, nel caso di affidamento in house conseguente alla istituzione da parte di più enti locali di una società di capitali da essi interamente partecipata per la gestione di un servizio pubblico, il controllo, analogo a quello che ciascuno di essi esercita sui propri servizi, deve intendersi assicurato anche se svolto non individualmente ma congiuntamente dagli enti associati, deliberando se del caso anche a maggioranza, ma a condizione che il controllo sia effettivo.

Inoltre, ricorda ancora la sentenza, è oramai acquisito il principio giurisprudenziale secondo cui in ipotesi di frazionamento del capitale sociale il requisito del controllo analogo deve essere verificato secondo un criterio sintetico e non atomistico, sicché è sufficiente che il controllo della mano pubblica sull’ente affidatario, purché effettivo e reale, sia esercitato dagli enti partecipanti nella loro totalità, senza che necessiti una verifica della posizione di ogni singolo ente (le pronunce richiamate dalla sentenza al riguardo sono le seguenti: Cons. di Stato, Sez. V, 26 agosto 2009, n. 5082Cons. di Stato, 9 marzo 2009, n. 1365).

Sa tale premessa, il tema diventa dunque quello di verificare che gli enti pubblici affidanti esercitino poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria.

Gli indici utilizzati in tal senso dalla giurisprudenza della Sezione, come la stessa pronuncia ricorda, sono i seguenti:

– che l’attività della società affidataria sia limitata allo svolgimento dei servizi pubblici nel territorio degli enti soci;

– che venga esercitata fondamentalmente a beneficio di questi ultimi;

– che si svolga tramite organi statutari composti da rappresentanti di detti enti;

– che gli enti soci esercitino un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti di detta società.

Posti questi principi generali, nel caso di specie è stato quindi verificato che: (i) secondo le previsioni statutarie dell’affidatario, si tratta di società a totale capitale pubblico locale”, con divieto di cessione di partecipazioni societarie a privati, finalizzata alla gestione di servizi degli enti locali soci nell’interesse delle comunità locali (art. 1 dello statuto); (ii) è espressamente escluso il perseguimento in via principale di scopi di lucro, ed è previsto che la parte più rilevante dell’attività sociale deve essere rivolta verso i soci; (iii) che tra gli enti locali soci affidanti servizi è costituito un organismo comune con paritario diritto di voto indipendentemente dall’entità della partecipazione societaria, avente il compito di definire gli indirizzi operativi sui servizi affidati, vincolanti per il consiglio di amministrazione della società affidataria; (iv) a ciascun Comune affidante sono attribuiti poteri propulsivi nei confronti del consiglio di amministrazione della società affidataria, consistenti in proposte di specifiche iniziative inerenti all’esecuzione dei singoli contratti di servizio, nonché poteri di veto sulle deliberazioni del c.d.a. riguardanti l’attuazione del contratto di servizio; (v) l’assetto societario è caratterizzato da un aumento dei poteri decisori dell’assemblea sociale rispetto al consiglio di amministrazione, divergente dal modello ordinario, con attribuzione alla prima del potere di formulare indirizzi vincolanti in ordine al piano industriale.

Così ricostruite le previsioni statutarie rilevanti dell’affidatario il Collegio ha ritenuto che deve pervenirsi alla conclusione che ricorre un modulo organizzativo istituzionalizzato …, il quale assoggetta l’attività della società affidataria, anche sul piano dell’effettività, a poteri di indirizzo, vigilanza e controllo dei Comuni soci affidanti, sganciati dall’entità della partecipazione societaria e divergenti dal comune modello societario codicistico, che appaiono indubbiamente idonei ad integrare il requisito del controllo analogo da ultimo richiamato dall’art. 12Dir. n. 2014/24/UE (e, in seguito, dall’art. 5 del nuovo “Codice dei contratti”)”

Di conseguenza, l’esito del ragionamento è quello di ritenere errata la tesi del primo Giudice, secondo cui il complesso dei poteri statutariamente riconosciuti ai singoli Comuni non consentirebbe di affermare l’esistenza in capo al Comune appellato di poteri idonei ad interferire -sia pure congiuntamente con altri Enti- sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società affidataria, esercitando poteri diversi da quelli esercitabili ai sensi del diritto comune.

Cons. Stato Sez. V, Sent., 15 gennaio 2018, n. 182

Art. 12Dir. 26 febbraio 2014, n. 2014/24/UE

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto