07/03/2019 – Il rimborso delle spese legali richieste ex post dal dipendente a seguito dell’assoluzione piena non è assentibile

Il rimborso delle spese legali richieste ex post dal dipendente a seguito dell’assoluzione piena non è assentibile

di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone

Un dipendente ha richiesto il rimborso delle spese legali sostenute per affrontare i tre gradi di giudizio che lo hanno visto coinvolto in un procedimento penale per fatti inerenti lo svolgimento del servizio. La sentenza, irrevocabile, di assoluzione piena veniva emessa dalla Corte di Cassazione che lo ha assolto da tutti i capi di imputazione addebitatigli “perché il fatto non sussiste”. Dopo il rifiuto del dipendente ad una proposta transattiva, il Comune respingeva la richiesta del dipendente, non riconoscendogli il diritto al rimborso delle spese legali sostenute per la sua difesa nell’ambito del procedimento penale che lo aveva interessato. Il Tribunale amministrativo di primo grado respingeva le pretese del dipendente in considerazione del fatto che la disposizione di cui all’art. 67D.P.R. n. 268 del 1987, non consente, a posteriori, il rimborso, da parte dell’amministrazione, delle spese legali affrontate dal proprio dipendente, coinvolto in un procedimento penale per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio; ed esclude, altresì, dal beneficio il dipendente allorché sussista conflitto di interessi tra il dipendente stesso e l’amministrazione.

Propone ricorso, al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, il dipendente contro la sentenza del Tribunale amministrativo evidenziando l’errore commesso dai giudici amministrativi di primo grado sotto due profili, il primo per aver escluso la proponibilità ex post dell’istanza di rimborso; il secondo per aver ritenuto sussistente un conflitto di interesse tra il dipendente e il Comune.

La conferma del diniego del Consiglio di Giustizia Amministrativa

I giudici amministrativi di appello confermano il diniego al dipendente al rimborso delle spese legali. Infatti, la disposizione legislativa, prevista dall’art. 67D.P.R. n. 268 del 1987, condizione il rimborso delle spese legali sopportate dal dipendente al ricorrere di due condizioni, la prima riguarda la richiesta all’amministrazione di appartenenza, la quale deve avvenire al momento dell’apertura del relativo procedimento penale, ai fini dell’assunzione della propria difesa, attraverso la nomina di un legale di comune gradimento; la seconda condizione prevede che non vi debba essere un conflitto di interessi tra il dipendente e l’amministrazione stessa. Erra, pertanto, l’appellante nel ritenere l’esistenza di un diritto soggettivo, una volto assolto dalle imputazioni in un procedimento penale, ad ottenere dalla propria amministrazione il rimborso delle spese legali affrontate. In altri termini, il diritto al rimborso delle spese legali si colloca al momento dell’apertura del procedimento penale e non al momento della formazione del giudicato penale. Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, la normativa non prevede che, alla comunicazione da parte del dipendente all’Amministrazione comunale, circa la nomina del proprio difensore di fiducia, non avrebbe dovuto far seguito, da parte dell’Amministrazione stessa, una mera comunicazione di gradimento o meno del legale. Il silenzio dell’Amministrazione comunale e, dunque, il mancato riscontro alla richiesta di nomina per la difesa di un legale di gradimento, il quale non può essere scelto autonomamente dal dipendente, dovendo essere accettato anche all’Amministrazione, peraltro accompagnato nella fattispecie dalla costituzione di parte civile, costituiva chiaro sintomo della volontà del Comune di non accogliere l’istanza.

In conclusione, stante il conflitto di interessi all’apertura del procedimento penale, nulla è dovuto quale rimborso al dipendente per le spese legale assolte per la propria difesa, a nulla rilevando l’assoluzione disposta in ultima istanza dalla Cassazione.

Cons. giust. amm. Sicilia, 15 febbraio 2019, n. 127

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