06/09/2019 – Consiglieri e protocollo dell’ente: dal Tar Campania utili parametri – Accessi al server regolati – Connessioni da remoto, disciplina ad hoc

Consiglieri e protocollo dell’ente: dal Tar Campania utili parametri – Accessi al server regolati – Connessioni da remoto, disciplina ad hoc

In un comune siciliano può un consigliere accedere da remoto al server comunale del protocollo dell’ente in carenza di previsione regolamentare che lo preveda espressamente?

 
Risposta
L’esercizio del diritto di accesso, esercitabile dai consiglieri comunali ai sensi dell’art. 43, comma 2, del decreto legislativo n. 267/00, è definito dal Consiglio di stato (sentenza n.4471/2005) «diritto soggettivo pubblico funzionalizzato», finalizzato al controllo politico-amministrativo sull’ente, nell’interesse della collettività (cfr. Consiglio di stato V, 5/09/2014, n. 4525, cit. da Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi del 29 novembre 2018); si tratta di un diritto dai confini più ampi del diritto di accesso riconosciuto al cittadino nei confronti del comune di residenza (art. 10 Tuoel) o, più in generale, nei confronti della p.a., disciplinato dalla legge n. 241 del 1990 (cfr. parere della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi del 28 ottobre 2014 e il richiamato del 29 novembre 2018). Per i comuni della regione Sicilia si applica l’art. 217 del Testo coordinato delle leggi regionali relative all’ordinamento degli enti locali (Art. 199, Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana approvato con legge regionale n. 16/1963 (art. 20, legge regionale n. 1/1976 e art. 56, legge regionale n. 9/1986)), il quale prevede, analogamente, che «I consiglieri comunali (…), per l’effettivo esercizio della loro funzione, hanno diritto di prendere visione dei provvedimenti adottati dall’ente e degli atti preparatori in essi richiamati nonché di avere tutte le informazioni necessarie all’esercizio del mandato e di ottenere, senza spesa, copia degli atti deliberativi. Copia dell’elenco delle delibere adottate dalla giunta è trasmessa al domicilio dei consiglieri e depositata presso la segreteria a disposizione di chiunque ne faccia richiesta». Il protocollo informatico, come noto, è stato introdotto dall’art. 50 del dpr n. 445/2000, il quale, al comma 3, richiede la realizzazione o la revisione dei sistemi informativi automatizzati in conformità anche alle disposizioni di legge sulla riservatezza dei dati personali; gli articoli 53 e 55 del citato dpr n. 445 prevedono, rispettivamente, la «registrazione di protocollo» e la «segnatura di protocollo» che contengono una serie di dati che consentono la rintracciabilità dei documenti. La citata Commissione per l’accesso, già con il parere del 16 marzo 2010 stabiliva che «l’accesso diretto tramite utilizzo di apposita password al sistema informatico dell’Ente, ove operante, è uno strumento di accesso certamente consentito al consigliere comunale che favorirebbe la tempestiva acquisizione delle informazioni richieste senza aggravare l’ordinaria attività amministrativa. Ovviamente il consigliere comunale rimane responsabile della segretezza della password di cui è stato messo a conoscenza a tali fini (art. 43, comma 2, Tuoel)». Anche il Garante per la protezione dei dati personali (v. relazione del 2004, pag. 19 e 20) aveva specificato che «nell’ipotesi in cui l’accesso da parte dei consiglieri comunali riguardi dati sensibili, l’esercizio di tale diritto, ai sensi dell’art. 65, comma 4, lett. b), del Codice, è consentito se indispensabile per lo svolgimento della funzione di controllo, di indirizzo politico, di sindacato ispettivo e di altre forme di accesso a documenti riconosciute dalla legge e dai regolamenti degli organi interessati per consentire l’espletamento di un mandato elettivo. Resta ferma la necessità, (…) che i dati così acquisiti siano utilizzati per le sole finalità connesse all’esercizio del mandato, rispettando in particolare il divieto di divulgazione dei dati idonei a rivelare lo stato di salute. Spetta quindi all’amministrazione destinataria della richiesta accertare l’ampia e qualificata posizione di pretesa all’informazione ratione officii del consigliere comunale». Già il Tar Sardegna con la sentenza n. 29/2007 ha affermato, tra l’altro, che è consentito prendere visione del protocollo generale senza alcuna esclusione di oggetti e notizie riservate e di materie coperte da segreto, posto che i consiglieri comunali sono comunque tenuti al segreto ai sensi dell’art. 43 del decreto legislativo n. 267/00, mentre il Tar Lombardia, Brescia, 1° marzo 2004 n. 163, ha ritenuto non ammissibile imporre ai consiglieri l’onere di specificare in anticipo l’oggetto degli atti che intendono visionare, giacché trattasi di informazioni di cui gli stessi possono disporre solo in conseguenza dell’accesso. Sempre il Tar Sardegna, approfondendo la tematica, con la sentenza n. 531/2018, ha specificato che il «possesso delle chiavi di accesso telematico, rappresenta una condizione preliminare, ma nondimeno necessaria, per l’esercizio consapevole del diritto di accesso, in modo che questo si svolga non attraverso una apprensione generalizzata e indiscriminata degli atti dell’amministrazione comunale (…), ma mediante una selezione degli oggetti degli atti di cui si chiede l’esibizione. Peraltro, una delle modalità essenziali per poter operare in tal senso è rappresentata proprio dalla possibilità di accedere (non direttamente al contenuto della documentazione in arrivo o in uscita dall’amministrazione, ma) ai dati di sintesi ricavabili dalla consultazione telematica del protocollo». Anche il Tar Campania (Sezione staccata di Salerno), con la recentissima decisione n. 545 del 4/4/2019 ha confermato il diritto del consigliere comunale all’accesso anche da remoto al protocollo informatico dell’ente. Il predetto tribunale, ribadendo sostanzialmente quanto stabilito dal Tar Sardegna con la richiamata sentenza 531/2018, ha ritenuto che tale esercizio non dovrebbe tuttavia essere esteso al contenuto della documentazione in arrivo o in uscita dall’amministrazione – soggetta, invece, alle ordinarie regole in materia di accesso, tra le quali la necessità di richiesta specifica, ma ai soli dati di sintesi ricavabili dalla consultazione telematica del protocollo (numero di registrazione al protocollo, data, mittente, destinatario, modalità di acquisizione, oggetto). Il Tar Campania con la citata decisione n. 545/2019 ha accolto il ricorso imponendo all’amministrazione comunale resistente di apprestare, entro il termine di 60 giorni decorrente dalla comunicazione della medesima decisione «le modalità organizzative per il rilascio di password per l’accesso da remoto al protocollo informatico al consigliere comunale ricorrente». Ciò premesso, si osserva che la disciplina regolamentare si pone anche come strumento di previsione delle misure tecniche necessarie per l’effettivo esercizio del diritto in parola in capo al consigliere comunale. Tale strumento, necessario al fine di porre i competenti uffici comunali nelle condizioni di operare correttamente, dovrebbe, dunque, essere obbligatoriamente adottato dall’ente in tempi ragionevoli ben potendo prendersi a parametro i termini individuati dal sopra citato Tar della Campania o termini più brevi favorevoli ai consiglieri comunali.

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